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Zic & Zac

QUATTRO PAGINETTE

MARCO ZACCHERA - 08/05/2020

svizzeraCi sono paesi in cui il virus è stato affrontato in modo molto diverso dall’ Italia.

A Taiwan, per esempio, che ci fosse un rischio di epidemia lo hanno capito già a dicembre, l’Isola di Formosa (23 milioni di abitanti, grande una volta e mezza la Sicilia) ha imposto severi controlli alle frontiere e – pur essendo a soli 170 chilometri dalla costa cinese – tutto è rimasto sotto controllo, con pochi casi e solo 6 morti.

Già il 30 dicembre le autorità taiwanesi avevano ufficialmente comunicato all’OMS la situazione ma – poiché Taipei non è riconosciuta stato sovrano per non irritare Pechino – gli allarmi sono stati ignorati. È una delle tante pagine oscure di questa epidemia con rapporti perlomeno sospetti tra Cina comunista e Organizzazione Mondiale della Sanità con sempre più paesi al mondo – e non solo Trump – a voler chiedere i danni a Pechino per il mancato allarme.

Tornando in Europa una volta di più il continente ha navigato in ordine sparso e neppure nell’emergenza è stato capace di varare norme comuni di comportamento, ennesimo autogol allo spirito europeo quasi che il virus si fermasse alle frontiere.

Uno stato anomalo è stata la Svezia che non ha imposto il coprifuoco né chiuse le aziende semplicemente “raccomandando” ai cittadini semplici e chiare norme di prevenzione ed ecomportamento. L’ondata è passata anche lì ma la ripresa economica è molto più semplice proprio perché non c’è stato un lungo periodo di chiusure generalizzate.

Fuori dall’UE ma al centro dell’Europa c’è poi il caso della Svizzera dove il virus ha registrato percentualmente più infettati che in Italia e dove la situazione è molto seria, eppure con un testo di sole 4 (quattro) pagine lo “Stato Maggiore Cantonale del Ticino” ha consentito la riapertura di alberghi, ristoranti, bar, negozi, mense, saune spiegando in maniera precisa come agire e le sanzioni a chi sgarra.

In lingua italiana semplice semplice (e gli italiani siamo noi!) è diventato chiaro cosa fare, cosa non fare, come sistemare e sanificare cucine, sale da pranzo, ambienti, negozi, impianti di condizionamento. Non solo, si è spiegato bene come organizzarsi se si manifesta un cliente malato, chi chiamare, che misure prendere.

In calce perfino tutti i “numeri utili” cantonali: dall’ambulanza all’ufficio informazioni, mentre comunque gli imprenditori svizzeri hanno ricevuto settimanalmente le provvidenze economiche direttamente sul proprio conto corrente, in proporzione ai giorni di chiusura e ai redditi dichiarati l’anno precedente.

Leggendo già diversi giorni fa quelle righe mi sono sentito davvero frustrato: viviamo sulle rive dello stesso lago Maggiore, parliamo lo stesso dialetto con migliaia di frontalieri che giornalmente sono tornati a passare il confine. Insomma siamo un po’ “cugini” (o “congiunti”? Per carità, lasciamo perdere), ma mentre sulla sponda svizzera si riapre gli operatori turistici italiani non sanno neppure se, come e quando riapriranno.

Intanto – tra moduli, dichiarazioni, autocertificazioni, decreti, ordinanze, DPCM, circolari e interpretazioni – siamo a migliaia di pagine, tra decine di sconclusionate conferenze stampa. È dura – almeno per questo – non invidiare le quatto paginette degli svizzeri.

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