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Politica

L’ORIGINE DELL’UE

EDOARDO ZIN - 08/05/2020

schumanIl 9 maggio 1950, Robert Schuman, il “padre dell’Europa”, con la sua celebre dichiarazione, diede origine all’attuale Unione Europea. Riportiamo l’articolo che Edoardo Zin ha scritto per l’occasione immaginando che la medesima dichiarazione sia pronunciata oggi da Schuman.

Settanta anni fa l’idea “Europa unita” scaturiva dalle nebbie della storia in cui era stata confinata e prendeva parte un progetto di pace. Da allora i paesi che hanno aderito alla mia proposta di una prima Comunità che mettesse assieme le materie prime, che erano servite per fabbricare mostruosi ordigni di guerra, non hanno conosciuto conflitti. Anche i Paesi, che nel tempo si sono associati ai primi sei fondatori, hanno vissuto nella pace, alcuni ponendo fine a una serie di rivendicazioni, altri consolidando la loro democrazia, dopo l’egemonia sovietica, altri ancora rigenerando la loro identità e unità con la decomposizione dell’Jugoslavia, dopo essere ricorsi a vendette reciproche. Altri ancora hanno ritrovato la loro unità abbattendo un muro e ricongiungendosi ai fratelli della stessa stirpe.

La C.E.C.A. è stata solo un “piccolo passo”: altre “realizzazioni concrete” si sono attuate con la creazione di un mercato unico, con il finanziamento della politica agricola comune, con l’elezione a suffragio diretto dei membri del Parlamento Europeo, con la firma dell’Atto Unico Europeo, con il Consiglio Europeo di Maastricht che istituì l’Unione Europea, con la creazione di uno spazio libero, merci e capitali, con l’entrata in vigore di una moneta unica e con la firma del Trattato di Dublino.

Bisogna ammettere che ci furono anche tentativi di rivalsa da parte di alcuni paesi, come la bocciatura della Comunità Europea di Difesa o del Trattato Costituzionale. Successivamente, si innescò una catena di rivendicazioni, di veti reciproci, di incomprensibili chiusure, di zuffe in nome di interessi ideologici ed economici spesso tra loro intersecati, come sempre si sono verificati nella storia dell’Europa quando a momenti di unione hanno corrisposto momenti di disgiunzione.

L’idea di Europa che lanciai il 9 maggio di settanta anni fa era fondata sulla riconciliazione franco – tedesca, ripresa, più tardi, da quella tedesca – polacca. Quell’idea non era solo quella di una Comunità economica, ma mirava a quella politica, fondata sulla federazione di nazioni e non di governi. Essa si definiva come un progetto culturale e spirituale, uno spazio non solo geografico, ma di concordia, di solidarietà che voleva rispondere alle grandi sfide della storia.

Oggi l’Unione Europea appare agli occhi di qualcuno debole e fragile. Solo un’Unione Europea che cerca ciò che unisce piuttosto ciò che divide, un’Europa coesa, un’Europa unita in uno spirito di collaborazione potrà rispondere alle provocazioni che subdolamente stanno rinascendo al suo interno e più palesemente al suo esterno.

L’emergenza da coronavirus che stiamo vivendo ha “nazionalizzato” gli interventi e le mentalità. È evidente che la crisi, pur provenendo dall’esterno, si è cristallizzata entro i confini di ogni Paese, dove ognuno ha adottato provvedimenti drastici per chiudere le frontiere. Solo alcune autorità nazionali hanno soccorso i Paesi più colpiti dalla pandemia. Ogni Paese si è slanciato da solo ai ripari, ma, per affrontare simili eventi, l’Europa non potrà più permettersi di agire segmentata in tante nazioni per affrontare una crisi sanitaria, economica e sociale planetaria. Necessitano tre momenti.

In primo luogo, l’Unione Europea dovrà portare a termine la fase iniziale: quella economica. Occorrerà una politica economica e fiscale comuni che siano di sostegno alla moneta unica. L’euro, da solo, può solo unificare, ma non unire gli Stati se esso non sarà accompagnato da sforzi per creare lavoro, sviluppo, concorrenza che mirino anzitutto allo sviluppo sociale e non solo alla finanza. Oggi è più che mai necessario che l’Unione Europea si apra al Mediterraneo, un tempo terra di incontri e di scambi, culla dell’umanesimo nato dalla civiltà greco-romana e dall’universalismo delle tre religioni monoteistiche.

L’Unione Europea dovrà, in secondo luogo, affrontare i problemi legati alla globalizzazione che, se non sarà ben governata, potrà creare esagerata competitività, sfrenato consumismo, smisurata instabilità dei mercati, incontrollate insoddisfazioni professionali e far sorgere dazi che credevamo scomparsi per sempre.

Corollari della globalizzazione sono i fenomeni legati al surriscaldamento del pianeta, al suo inquinamento che porta ad un discordante rapporto uomo-natura, alla lotta contro il terrorismo, alle migrazioni forzate di chi fugge dalle guerre, dalla siccità, dalle catastrofi naturali e cerca rifugio nei nostri Paesi che sono chiamati ad essere aperti, inclusivi, inclini ad una solidale accoglienza.

Infine, l’Unione Europea deve percepire che è entrata nell’era delle tecno-scienze, della tecnologia e dell’intelligenza artificiale. Esse intendono raggiungere il massimo degli scopi con il minimo di mezzi e di tempo. Soprattutto la tecno-scienza si è sviluppata in maniera stupefacente. Non conosce limiti, ma produce disgregazione sociale. Le nuove tecnologie per la comunicazione semplificano i servizi, ma spersonalizzano i rapporti umani, portano l’individuo a essere fruitore di immagini, di credersi in possesso di informazioni, ma di non saper collegarle tra di loro, andare alla ricerca delle cause di un fatto e trarne conseguenze. L’Unione Europea dovrà porre rimedio a questi inconvenienti promuovendo politiche che armonizzino la centralità della persona e dei suoi diritti con il progresso.

L’Europa, mentre continua il suo gravoso e talvolta tentennante processo d’integrazione, dovrà “fare” gli europei. È compito della scuola, delle università educare ragazzi e giovani alla sovra-nazionalità, che non è l’annullamento della propria Patria, ma l’espandersi della propria cultura verso altre culture.

È meritorio che la Commissione dell’UE continui a favorire lo scambio di studenti attraverso il progetto “Erasmo”: sul suolo europeo si son formate differenti culture nazionali, espresse da una lingua specifica. Sono queste diversità che arricchiscono la variegata cultura dell’Europa; sono esse che formano lo spirito europeo. Assieme alle lingue, gli europei d’oggi sono chiamati a non dimenticare il senso del bello, del bene e del vero presente in ogni cultura nazionale in modo da ritrovare la passione per le grandi attese, proseguire il cammino verso ampi orizzonti e rispondere così ai profondi interrogativi che la storia impone.

Sarete voi europei del 2020 capaci di recuperare i valori caduti in oblìo? Sarete capaci di ripristinare la volontà politica per seminare i germi che altri raccoglieranno? Io ne sono certo. È giunto il tempo in cui il confronto deve tradursi in proposte e le proposte in atti politici. Nessun futuro è certo, ma voi siete gli arbitri dello stesso destino che accomuna i popoli d’Europa.

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