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Attualità

DOPO GLI ERRORI

EMILIO CORBETTA - 08/05/2020

?????????????????????????????????????????????????In questi giorni alla notizia di medici e infermieri morti a causa di questa nefasta pandemia si resta sconvolti, considerando l’immenso sacrificio di donne e uomini che per curare i sofferenti hanno donato la cosa unica e più preziosa che avevano: la vita. Si resta turbati anche considerando l’estrema disinvoltura, oserei dire incoscienza, di chi avrebbe dovuto e potuto prevenire queste morti e invece continua a condurre la sanità in modo superficiale, di chi per tentare di rimediare al dramma che ci ha colpito dà la precedenza a manovre più spettacolari che efficaci.

Anni fa saggi infettivologi avevano programmato un piano per affrontare al meglio l’eventuale comparsa di pandemie che, secondo l’esperienza epidemiologica, sono sempre in agguato nel corso della vita dell’umanità. Questo progetto si è perso nei meandri dei programmi regionali della Sanità. E tanti sono morti e, data la nostra disorganizzazione, si sospetta siano molti di più di quelli comunicati dalla Protezione Civile. Si deve ammettere che non è facile studiare, organizzare e interpretare bene le statistiche necessarie per ottenere risultati epidemiologici validi, che sono molto importanti per realizzare prevenzione o addirittura annullare la minaccia delle pandemie.

Qualche Beota (col massimo rispetto per gli abitanti della Beozia) sta attribuendo a Dio la colpa di permettere che avvengano queste disgrazie. Nel passato i profeti giustificavano questi eventi indicando come colpevoli gli uomini peccatori che Dio doveva punire. Il senso di una giustizia elementare, le conoscenze primordiali di scienza e igiene conducevano e ancor oggi conducono a queste conclusioni. Dio non c’entra: c’entra la nostra ignoranza ed insipienza.

Perché quel piano non è mai stato realizzato? Costa e richiede sacrifici, più comodo rimandarlo. La gente non lo capirebbe e non mi voterebbe più.

Recentemente ho udito dire: “Ci sono parole per pregare Dio, non ci sono vocaboli per descriverlo”; analogamente potremmo dire che abbiamo parole per la vita, ma non abbiamo parole per la morte. Che cosa è questo salto nel buio delle morte? La nascita m’ha buttato nella vita, ma perché mi viene tolta? E questi “hanno dato la vita per cercare di evitare la morte degli altri”. Tutto racchiuso in 12 parole!

Le persone che si dedicano a questa professione sono uguali a tutti gli altri: stessi difetti, stesse virtù. Simpatici o antipatici. Belli o brutti ma con in più la voglia di occuparsi della salute e quindi della vita altrui. Ma perché fare il medico? Fare l’infermiere? Per dedizione? Per essere amati? Per avere un lavoro sicuro? Per far soldi? Per vocazione?

Come tutti i lavoratori, un tempo erano definiti “risorse umane”, ma con una particolarità, un considerevole punto debole: essere esposti al rischio di diventare essi stessi vittime della patologia che stanno combattendo. Troppi lavori comportano il rischio, ma qui la prevenzione è difficile da attuare. Sono risorse umane tendenzialmente fragili.

Da qualche tempo, specialmente dall’avvento della tecnologia elettronica con automatizzazione del lavoro manuale, nelle aziende manifatturiere le risorse umane non sono più risorse, ma vengono considerate un peso troppo costoso, quindi ostacolo al guadagno. Il risultato del lavoro, cioè il profitto, autoreferenziale di per sé, non è più al servizio degli umani, per cui meno dipendenti ho, maggior risultato ottengo. Se questo programma può essere giustificabile nelle aziende, nella sanità non è ammissibile perché la sanità non può avere come fine utile solo il profitto, ma il benessere degli esseri umani, eternamente esposti alla sofferenza, eternamente esposti al rischio delle pandemie come la storia ha sempre documentato.

La tentazione di seguire l’esempio delle altre aziende è stata grande e ci siamo ritrovati con la sanità spaventosamente indebolita. Assistiamo a riduzioni del personale sia nelle varie ATS, sia nelle strutture private, ma così aumentano i rischi per i pazienti e per i sanitari stessi. Certe strategie non pagano nella sanità, come l’attuale esperienza ha mostrato.

Come organizzare allora la gestione della salute in futuro? È una questione non facile da risolvere perché sempre vivo il problema economico e contemporaneamente viva le necessità di fronteggiare i grandi eventi. Qualcuno suggerisce di seguire il modello della Protezione Civile, questa grande organizzazione composta da tecnici, specialisti, volontari, mezzi tenuti sempre in efficienza e che scattano in occasione degli eventi drammatici; quindi agganciare le due organizzazioni, tenendo in evidenza le modalità con cui condurre la futura gestione delle ARS e dei reparti infettivi dei nostri Ospedali, ossia come ben organizzare la quotidianità della salute con costante attenzione agli eventi drammatici.

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