Nell’estenuante maratona “coronavirus” che tutti stiamo correndo, sembra rimasto indietro uno dei corridori che alla vigilia si sarebbe detto tra i più resistenti: l’intrattenimento televisivo. Uno dopo l’altro, negli scorsi mesi si sono spenti quasi tutti i programmi leggeri, quelli che più di ogni altro genere nascono per distrarre il pubblico, fornirgli qualche ora di evasione e divertimento. Una missione difficile ma oltremodo preziosa, di questi tempi. Con i primi di maggio, timidamente, qualcosa ricomincia a fare capolino qua e là: Le Iene, Amici; per i grandi show sembra ormai certo si dovrà aspettare il prossimo autunno se non addirittura… la scoperta di un vaccino al virus.
Resiste Fabio Fazio, con il virologo Burioni trasfigurato in ospite fisso, quasi fosse un nume tutelare per la troupe tecnica sparsa nel gigantesco studio ormai deserto e la Littizzetto che non salta più sulla scrivania in studio, ma è collegata da casa sua.
È stata annunciata la prosecuzione de “I fatti Vostri” anche per giugno, dopo che da quella stessa “piazzetta Italia” era andata in onda, qualche settimana fa, una delle pagine più emblematiche di questa triste fase storica: uno sconsolato Giancarlo Magalli che annunciava la decisione di rinunciare persino alla piccola orchestrina in scena e il regista Guardì che – in voce, nei consueti panni del “Comitato” – ringraziava singhiozzante tutti gli orchestrali appena dimissionati.
Tra i programmi d’intrattenimento più resilienti di questa stagione comunque si è dimostrato il Grande Fratello Vip, che ha chiuso i battenti lo scorso 8 aprile, in anticipo di tre settimane sul palinsesto previsto – certo – ma anche coraggiosamente proseguito con la messa in onda anche durante quelle settimane difficilissime di marzo in cui era oggettivamente più facile gettare la spugna e rinchiudersi in salotto che cospargersi di cerone e ammiccare in camera.
“Big Brother” (venti persone famose chiuse per tre mesi in un mega-appartamento, sorvegliate 18 ore su 24 dalle telecamere) vive di un’idea che nell’emergenza che ha travolto il mondo – e con particolare violenza la nostra Lombardia – si è improvvisamente trasformata nel format quotidiano di tutti noi: chiusi in casa, parenti lontani avvicinati solo da periodici video-collegamenti, convivenza forzata che spesso genera tensioni tra coinquilini, ristrettezze alimentari più o meno marcate.
Quel che fino alla metà febbraio poteva sembrare un esperimento sociologico a cui buttare l’occhio e di cui – magari – chiacchierare il giorno dopo in ufficio, è diventato di colpo una condizione diffusa, e dunque teoricamente molto meno attraente.
I dati di ascolto invece hanno tenuto, rimanendo sul 19% di share, come in epoca pre-emergenza, ma oggi come oggi sembrano cifre provenienti dalla preistoria, considerando che la diminuzione del giro d’affari pubblicitario delle grandi reti solo su marzo è stato stimato in un rotondo -40%, che si assesta su un non meno drammatico 16% se proiettato (allo stato non si sa come, forse interpretando i fondi di caffè) su base annua. Quello del Grande Fratello Vip è parso insomma un tentativo di resistenza generoso, ma fallito nella sostanza.
Ma è giusto che l’intrattenimento televisivo in un periodo del genere molli il colpo? È inevitabile lasciar dilagare informazione e infotainment, che per riempire ore e ore di palinsesto, giocoforza deve scavare sempre più nei bassifondi dell’emergenza, creando non di rado angoscia e ulteriore allarme negli spettatori?
La domanda è lecita, la risposta ardua: a ciascuna delle produzioni TV d’intrattenimento lavorano molte decine di persone, spesso in condizioni di lavoro “artistiche” (diciamo così per carità di patria), e necessitano di un carburante oggi più raro da trovare della ‘super’ ai tempi dell’austerity del ’75: la rilassatezza di pensiero e la disponibilità di mezzi e personaggi. Senza contare che un talk show si può fare con dieci ospiti collegati via skype, sicuri a casa loro, un varietà no. Anche solo la mancanza di pubblico in studio è spesso una grave menomazione per il risultato spettacolare complessivo.
In questo momento di crisi del genere “balletti, ricchi premi e cotillons”, nel quale abbiamo dovuto leggere sui giornali persino di polemiche da parte di certe star su come programmare le repliche (repliche!) dei loro quiz, diverse e autorevoli voci dell’empireo televisivo hanno fatto sentire la propria opinione: “riprogrammiamo Canzonissima o Fantastico” (Pippo Baudo dixit), “replichiamo l’ultimo Festival di Sanremo 2020” (Fiorello proposuit). Insomma, i big dell’intrattenimento propongono un palinsesto stile vecchie sere d’estate, quando a portare a casa la pagnotta ci pensa la seguitissima trasmissione “Techetechetè”: saranno anche celebrità ma incassare un po’ di diritti SIAE in più è qualcosa che non stufa mai.
L’ultimissima è il grande ritorno di… Maurizio Costanzo. In parallelo con “Si è fatta notte” (Rai1), “Maurizio Costanzo Show” e “L’Intervista” (Canale5), oltre a qualche sparsa collaborazione radiofonica, il mitico conduttore coi baffi sta per tenere a battesimo – in tandem con Umberto Broccoli, dotto archeologo che allo scavo ha preferito la tv via cavo – un rivoluzionario format del sabato pomeriggio, basato sull’idea di riproporre e commentare celebri show tv del passato, usando le teche Rai. Una sorta di rivisitazione in salsa televisiva del famigerato cineforum del megadirettore cinefilo nei film di Fantozzi, quello che si concludeva con un giudizio impudente sulla “Corazzata Potëmkin”… speriamo che non tocchi sorte analoga alla Mina di “Milleluci” o alla Loretta Goggi de “La freccia nera”.
Facezie a parte, qui la soluzione per far trascorrere il presente sembra sia sempre e solo quella di riproporre il passato. Forse è così. Il futuro però dovrà essere un’altra cosa.
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