La fame non è una colpa ma una disgrazia. (Il treno dei bambini – Viola Ardone)
L’ignoranza invece può essere tutte e due le cose: in certi casi è una colpa, in altri casi una disgrazia. Ovviamente è una colpa quando, pur avendo la possibilità di crearsi una cultura, deliberatamente si rinuncia alla sua ricerca e parecchi giustificano la loro scelta dicendo di non voler vivere una vita meschina nel lavoro quotidiano, nell’impegno di una famiglia, secondo i canoni di una società – a loro giudizio- limitata, grigiamente borghese frutto della cultura attuale. Sono discorsi di ribellione o potrebbero essere definibili come controcultura? Non saprei, certo non sono originali, anzi antichissimi: viene in mente l’esperienza di San Francesco d’Assisi e di molte altre figure nobili come Santi, filosofi e scienziati che sono anche stati giustiziati per le loro idee e scoperte. Sono discorsi con i quali si giustificava anche il terrorismo e che, in certi momenti storici, hanno anche suscitato rivoluzioni.
Questi discorsi preoccupano quando vengono fatti da personalità deboli e problematiche, purtroppo numerose, che scivolano in comportamenti antisociali e finiscono spesso nell’uso di droghe o in comportamenti dolorosi per il prossimo. Non è facile sintetizzare un problema così vasto.
Numerosi sono d’altra parte i giovani che, invece, per via della miseria non possono raggiungere un valido livello di sapere, restando nell’ignoranza vittime della triste realtà della società in cui son nati. In questi casi mi sembra giusto parlare di disgrazia. Alcuni cercano di reagire: emblematico l’adolescente clandestino annegato nel Mediterraneo con la sua pagella scolastica cucita nella fodera della giacca, testimonianza del suo sapere, e che per aumentare la sua cultura era pronto a sfidare anche grandi pericoli.
In netto contrasto ecco strateghi politici che vogliono avere a che fare con popolazioni ignoranti e quindi più facilmente dominabili. In effetti nella nostra nazione sono riusciti ad abbassare il livello culturale usando finissime e subdole strategie per realizzare i loro scopi e si deve ammettere, anche con grande dolore, che sembrano esserci riusciti. Le persone a basso livello culturale restano incapaci di giudizi obiettivi e sono facili da trasformare in generosi sostenitori.
La povertà, la fame sono percepite dai miseri come una disgrazia che segna amaramente la vita crocifiggendola a sofferenze immense che possono impedire un vivere decente. Il dolore del “campare” e la fatica a tirare avanti possono offuscare la speranza, mentre coloro che hanno un minimo di cultura riescono a mantenerla. L’ignorante cade facilmente nella disperazione.
Quindi la fame e ignoranza sono troppo spesso legate in situazioni vincolanti che creano un non vivere.
Ma quando la fame è una evidente disgrazia? Quando è concomitante a grandi eventi negativi per l’umanità come carestie, guerre, recessioni economiche, pestilenze ed altro; anche in questi casi però le persone più colte ed intelligenti hanno maggiore possibilità di superarle. Rimane pur sempre una impresa dura, e vien d’aggiungere: dura come ai nostri giorni?
Nei numerosi paesi dove la fame impera cronicamente, quando s’aggiunge il grande evento negativo cui abbiamo accennato come cercare di reagire? Come trovare la forza per superare l’ostacolo? Come trovare il modo di almeno attenuare le sofferenze? È questo il grande dramma, qui tutto diventa disgrazia e qui veramente è difficile avere un briciolo di speranza! Domina la rassegnazione che troppo spesso si legge negli occhi dei poveretti di cui ci giungono le immagini. È il grave scenario che potrebbe realizzarsi in Africa, in India, nelle regioni dove c’è guerra da anni, nei campi di profughi, in molti paesi poveri e sovrappopolati.
Anche nella nostra Varese c’è la fame, quella cronica dei poveri diavoli che si dibattono costantemente nella miseria e cui vanno aggiunti da qualche anno i separati, oberati da sentenze di separazione che favoriscono in modo ingiusto una delle due parti. Da qualche settimana vi è poi l’aumento dei bloccati sul lavoro per via della pandemia che ci ha colpito a cui aggiungere le ditte che rischiano di non poter riprendere l’attività.
Per concludere queste riflessioni, e ben consapevole del rischio di banalizzare importanti concetti, vorrei ribadire che, comunque e dovunque, chi è “innamorato” del sapere, della cultura ha più possibilità di vivere meglio rispetto all’ignorante.
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