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Chiesa

L’ELEMOSINIERE

SERGIO REDAELLI - 24/04/2020

elemosiniereSacchi a pelo, panini imbottiti, sapone e mascherine protettive per i poveri della stazione Termini a Roma. E visite mediche, farmaci, docce, bagni e dormitorio aperti per i senzatetto. L’elemosiniere del papa cardinale Konrad Krajewski, lunga mano di Francesco fra gli emarginati e i senza volto della capitale, si fa chiamare don Corrado, guida un furgoncino stipato di cibo e lascia il numero di cellulare a chi, nel tempo del coronavirus, ha bisogno di aiuto. Balzò agli “onori” delle cronache nel maggio scorso calandosi nel vano del contatore di un palazzo occupato per riallacciare la luce e l’acqua calda. E la cosa non piacque affatto all’allora ministro Matteo Salvini.

“Penso che tutti paghino le bollette anche a costo di fare sacrifici”, fu la critica a caldo del titolare del dicastero degli Interni. Lo stabile era occupato dal 2013 ed aveva accumulato 300 mila euro di fatture non saldate. “Spero che l’elemosiniere del papa ora paghi anche le bollette arretrate”, aggiunse acido il ministro dei porti chiusi agli immigrati. Altrettante netta fu la risposta di don Corrado: “È stato un gesto disperato. Ho riattaccato i contatori perché c’erano oltre 420 persone tra cui novanta minorenni senza corrente, famiglie e bambini al freddo senza la possibilità di lavarsi e far funzionare i frigoriferi. Sono pronto a pagare il prezzo del mio gesto”.

Due diverse visioni del mondo a confronto. Chi pensa che i poveri debbano arrangiarsi a risolvere i loro problemi e chi, come papa Francesco e il suo elemosiniere, cerca di dar loro una mano all’insegna del principio della umana solidarietà. Un costante impegno che non piace alla parte più integralista della Chiesa americana – ha spiegato un’inchiesta di Report – che taccia Bergoglio di socialismo se non di comunismo. L’elemosiniere è il braccio operativo di papa Francesco, l’uomo che il pontefice utilizza ovunque ci sia bisogno di lui. Un’antichissima carica della Famiglia Pontificia e della Camera segreta, riformata da Paolo VI.

È il “funzionario” che assicura aiuto e assistenza ai bisognosi, una responsabilità connaturata alla missione della Chiesa. “Quando dico al Santo Padre “stasera esco in città”, c’è sempre il rischio che lui venga con me – confessa don Corrado, con un lampo divertito negli occhi, in una bella intervista al sito dei frati francescani – È fatto così, all’inizio non pensava al disagio che si poteva creare”. E quando gli si chiede se sia mai capitato che Francesco lo accompagnasse nottetempo in giro per Roma nelle missioni in aiuto dei poveri, don Corrado risponde con un sorriso.

È davvero possibile che Bergoglio esca in incognito per Roma come faceva a Buenos Aires quando da arcivescovo visitava la favela e la gente lo chiamava “padre” senza sospettare che fosse cardinale? “Non è vero niente – chiarisce don Corrado – certo a papa Francesco piacerebbe, come gli piacerebbe uscire a confessare i fedeli, ma non è possibile, non è mai successo, chi interpreta diversamente il mio sorriso, si vede che non sa sorridere”. E aggiunge: “Il papa mi ha detto “quando qualcuno ti chiama eccellenza, chiedi cinque euro di tassa per i poveri….”.

Francesco ammette di essere stato un prete “callejero”, di strada: “Quante volte ho avuto voglia di andare per le strade di Roma – confessa – ma capisco che non è possibile”. Il che spiega – dice ancora il giornale online francescano – come sia possibile che una delle più alte cariche curiali si alzi alle 4.30 del mattino nel suo appartamento di Borgo Pio (“Sono rimasto lì, così la gente ha un accesso più diretto che in Vaticano”) e passi buona parte del suo tempo in giro per l’Italia o attraversando la notte di Roma sulla sua Qubo bianca furgonata (“Ho la targa del Santo Padre così possiamo entrare ovunque”). In aiuto di senzatetto, immigrati e persone sole.

Don Corrado è un elemosiniere itinerante. Quando lo nominò, in agosto, Francesco lo avvertì: “Non sarai un vescovo da scrivania, ti voglio tra la gente, sarai il prolungamento della mia mano per portare una carezza ai poveri, ai diseredati, agli ultimi. La scrivania non fa per te, puoi venderla. Non aspettare la gente che bussa, devi andare tu a cercare i poveri”. A Buenos Aires Bergoglio cenava e stava con loro per condividerne la vita. E ai familiari di don Corrado il papa in persona ha spiegato: “Queste sono le mie braccia, sono limitate, ma se le prolunghiamo con quelle di Corrado possiamo toccare i poveri di tutta Italia. Io non posso uscire ma lui è libero”.

Resta da dire che l’Elemosineria pontificia ha 11 dipendenti e si finanzia con le donazioni e con 250 mila euro all’anno ricavati dalla vendita di pergamene con benedizione apostolica (costano da 5 a 15 euro) per matrimoni, battesimi e così via. Nell’ultimo anno l’elemosina del papa – per gli interventi più consistenti ci sono altri enti e le Caritas – ha raggiunto 6500 persone, un milione di euro. Ma in questi mesi la crescita è esponenziale. “Tutti i soldi sono spesi per i poveri – spiega don Corrado – Il papa mi ha detto: “Il conto è buono quando è vuoto, così si può riempire. Non investire, non vincolare, spendi tutto per i poveri”. Poi, ogni volta che mi vede, chiede: “Hai bisogno di soldi?”.

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