-Caro Mauro, quella volta che…
“Caro Massimo, quella volta che, poco dopo essere diventato un collaboratore del Giornale, conobbi Mario Cervi. Era stato il braccio destro di Montanelli”.
-A volte anche il sinistro…
“Sì, nel senso che dava tutto sé stesso alla causa giornalistica di cui Indro era il protagonista. Ma Mario non interpretava certo la parte del comprimario”.
-Neppure di lusso…
“Eh no. Protagonista pure lui. Assoluto. Tanto che Montanelli fece di tutto per averlo con sé quando lasciò il Corriere per fondare il Giornale”.
-Cervi pagò un pegno sentimentale traslocando da via Solferino…
“Ci si era insediato da giovane, prima cronista e poi inviato speciale. Diventò rapidamente una delle prime firme. Capace di scrivere su molti argomenti, fornito com’era di cultura, di informazioni, di sensibilità, di capacità d’indagine. Su avvenimenti e persone”.
-Il tutto con un garbo senza pari…
“Ecco, soprattutto questo. Mario era, come si diceva una volta e ormai non si osa dire più, un signore. Il paradigma del galantuomo. Sempre cortese e affabile. Naturalmente riservato e umile, ciò che si addice ai grandi e raramente è compreso nel suo valore dai piccoli. Piccoli di spirito e di intelligenza”.
-Torniamo al Cervi del Corriere…
“Fatta la gavetta della nera e della giudiziaria, gli fu riconosciuto un valore aggiunto. E mandato in giro per il mondo. Ma si dedicò anche ad altro. Che so, ad articoli di costume”.
-Un esempio?
“Quando, alla metà degli anni Cinquanta, la Rai iniziò a trasmettere ‘Lascia o raddoppia?’’, che Mike Bongiorno avrebbe portato ad altissimi tetti di popolarità, Cervi venne incaricato di dar conto delle varie puntate. Vi si cimentò benissimo, e i suoi lettori apprezzarono. Poi…”
-Poi…
“Poi scoppiò la guerra di Suez e Cervi fu spedito lì, a spiegare cosa stesse succedendo. Ottimo lavoro, come al solito, e pezzi che comparivano sulla prima pagina del Corriere. Così per tre o quattro mesi i commenti su ‘Lascia o raddoppia?’ toccarono ad altri. Al ritorno a Milano, a Mario accadde un fatto singolare: incontrava gente che gli chiedeva perché non scrivesse più da tempo. Si era ammalato? Aveva dovuto assistere qualche parente? Aveva lasciato il Corriere?”.
-Questo per dire che cosa gradisce di più la platea dei lettori…
“Appunto”.
-Come Montanelli lo convinse a mollare il Corrierone?
“Mobilitò il Gotha dei colleghi disponibili al trasloco affinché premessero su di lui. Indro lo chiamò al telefono in Cile, dove Cervi stava seguendo il caso Pinochet. La conversazione risultò poco chiara. Mario prese comunque l’aereo, perché se Indro lo cercava significava che c’era un motivo importante, e rientrò. Sbarcato alla Malpensa, trovò una delegazione di corrieristi montanelliani ad accoglierlo: devi venire anche tu con Indro, lo implorarono, altrimenti il nuovo giornale non si fa. E si fece”.
-Che ti diceva del sodalizio con Montanelli?
“S’intendevano senza neppure parlarsi. Anche se Indro ogni tanto traversava periodi bui di depressione, e non era facile lavorare con lui. Neppure parlargli. Fra l’altro, durante questi ricorrenti intervalli di cupezza, costringeva Cervi a funambolismi inenarrabili”.
-Narriamone uno…
“Insieme tenevano una trasmissione televisiva su Retequattro, che andava in onda da Milano. Capitò che Montanelli, causa appunto un attacco di depressione, dovette andare a curarsi da uno specialista di Pisa. La tivù decise di trasferire là una troupe per produrre alcune puntate. Montanelli era riluttante, ma infine acconsentì. La prima registrazione avvenne tra le angustie, Cervi riuscì peraltro a colloquiare come da spartito giornalistico. Alla fine saltò fuori l’intoppo, con drammatico risvolto”.
-Ovvero?
“Il tecnico del suono spiegò che bisognava rifare tutto perché un persistente scampanellìo aveva rovinato l’ascolto”.
-E chi aveva suonato?
“Il cagnolino di Cervi. Lui se lo portava sempre appresso. L’aveva lasciato in un angolo dello studio e le sgrullate della bestiola, che portava un collare continuamente tintinnante, avevano fatto da sottofondo a domande e risposte. Montanelli diede di matto, non voleva rifare la trasmissione. Poi lo convinsero. Ma ce ne volle”.
-Insieme, Cervi e Montanelli, han scritto anche molta storia d’Italia…
“Diciamo la verità. Scriveva quasi tutto Cervi, aggiungeva qualcosa Montanelli. Tocchi d’artista, infiocchettature, chicche di classe. Ma a smazzare il groviglio degli avvenimenti era Mario”.
-È venuto spesso a trovarti, nei tuoi Salotti varesini…
“Non solo qui. Nel 2013 presentai al Palazzo Cusani di Milano il mio ‘Dissensi e discordanze”, rivista che non si dava una periodicità e invece un tono culturale, una cifra intellettuale. Mi onorò della sua presenza. Commentò tra l’altro: Mauro è irrefrenabile come un evento naturale. Si riferiva al torrentizio scorrere di memorie e idee che mi caratterizzava. Che mi caratterizza”.
-Ci fu anche l’occasione di celebrare i quarant’anni del Giornale…
“Nel 2014 organizzai per i Lions di Luino, promoter Davide Boldrini, una riunione di tanti formidabili giornalisti di quell’irripetibile 1974. Si presentò Cervi, si presentarono Paolo Granzotto, Massimo Bertarelli, Alfio Caruso, eccetera. Successone: erano popolari, la gente gli voleva bene”.
-Tu ne hai voluto tanto a Mario…
“Seppi della sua morte il pomeriggio del 17 novembre 2015, sul tardi. Ero in auto. Mi fermai e buttai giù di getto una manciata di righe che comparvero il giorno dopo sul ‘Fatto quotidiano’. Ci tengo a ricordarle, è una delle cose più belle che ho scritto”.
-Ricordiamole…
“Non cancellerò dalla rubrica il tuo indirizzo mail, carissimo Mario. Quell’indirizzo al quale quotidianamente scrivevo e ancora ieri ho scritto. Non cancellerò il tuo numero telefonico dal cellulare. Non potrò mai cancellare dalla memoria i nostri infiniti incontri, il tuo sapere, la tua disponibilità, il tuo forte spirito, il tuo affetto. Il giorno del tuo novantaquattresimo compleanno ti ho chiesto come andasse la vita e ben ricordo il magnifico, squillante ‘Mica male!’ ricevuto in risposta. Tornerò lungamente a parlare di te, del mio antico, fraterno direttore. Sappi, caro Mario, che ti invidio anche la morte. Una ‘morte in piedi’, comme il faut, visto che hai lavorato lucidissimamente fino all’ultimo minuto. Ci vediamo nell’altra vita, fratello mio!!!”.
-Quando l’incontrasti l’ultima volta?
“Vicino alla stazione Centrale di Milano, dove abitava assistito da un badante dopo la morte della moglie, da lui chiamata ‘la mia ragazza greca’. L’aveva conosciuta, giovanissima, proprio in Grecia, dov’era andato in guerra. Ci vedemmo perché m’aveva preso l’idea di dedicargli una biografia. La meritava. Si disse d’accordo, purtroppo non ci fu il tempo per dar corso al progetto”.
-La rotativa della vita a una certa ora d’un certo giorno chiude…
“E raramente concede edizioni straordinarie”.
-Cioè miracoli…
“Cioè? Dico mah. Per non dire mai”.
You must be logged in to post a comment Login