Stavo già pensando a come mantenere fede all’impegno settimanale dell’Apologia, quando leggendo lo storico quotidiano di via Solferino, dopo gli innumerevoli articoli documentati e sapienti, le voci degli scienziati autorevoli, quelle dei politici in eterno contraddittorio, sempre tra loro, spesso con se stessi, mi sono imbattuto in una singolare situazione. Un lettore stranamente omonimo del nostro direttore porge una strana domanda al più autorevole dei direttori, Luciano Fontana, del Corriere della Sera.
Ancora più stranamente, la parola serenità ricorreva pure nella conversazione domenicale col nostro direttore, che qui riporto, debitamente autorizzato, a mo’ di premessa.
Direttore: Ciao caro Costante, profitto della quiete domenicale per porti il solito quesito su apologia sì o no per il prossimo numero di RMFonline. Stai bene? La vedo sempre più nera, dato il trend che ci aspetta. Forse sfuggiremo al virus, non ad altre patologie fisiche o mentali che presto esploderanno. Resta la serenità: fino a quando?
Rispondo: Non diserterò. Sarò così presuntuoso da pensare che lottare contro il nichilismo (è diventata la mia mania) sia un po’ come lottare contro il virus. Rancore e populismo, ricerca del capro espiatorio e giustizialismo, ideologie dissacranti e devozioni consolatorie, opposti estremismi e quieto vivere che ”ha dà passà a nuttata”: tutto nasce dalla rinuncia alla ricerca del significato che è la radice del nichilismo. Se hai ora la serenità vuol dire che non vi hai ceduto. Stai riguardato nella carne e forte nello spirito.
Direttore: Da un mese mangio solo pesce. Qualche raro bicchiere di bianco. Con la China Martini proprio non ce la faccio. Perché China e perché accentuerebbe la china. Cazzeggio a parte, aspetto volentieri considerazioni serie grazie, ciao.
Ed ecco la lettera che il giorno dopo è apparsa sul Corriere della Sera con risposta del Direttore.
Titolo: Cosa può darci speranza di fronte a tutto questo?
Caro direttore,
ci dicono che, perso molto, non dobbiamo perdere la serenità. Ma se le chiedessero come conservarla, o recuperarla nel caso di smarrimento, lei quale persuasivo argomento userebbe? Buon lavoro.
Massimo Lodi
Risponde Luciano Fontana
Caro signor Lodi
è molto facile dire agli italiani (e al resto degli abitanti del pianeta) che non devono perdere serenità e che «andrà tutto bene». È anche giusto. Perché senza il coraggio e la speranza di trovare al più presto una via d’uscita questa battaglia non si combatte. La fiducia deve però basarsi prima di tutto sui dati di fatto e non sulle illusioni. L’illusione, ad esempio, che questa sia stata una crisi come tante altre, che in fondo abbiamo esagerato nelle paure e nelle reazioni. Un’emergenza così non l’abbiamo mai vissuta, dal punto di vista individuale, sociale ed economico, dalla seconda guerra mondiale. Le immagini delle bare portate via dai camion dell’esercito, i bollettini che ci raccontano del numero di civili morti a Milano cinque volte più alto di quello della guerra stanno lì a ricordarci un’emergenza drammatica. L’impreparazione, l’improvvisazione e gli errori compiuti dalle classi dirigenti nazionali e locali sono un altro elemento di ansia e di preoccupazione: come sarà gestita la lunga fase in cui dovremo tornare alle nostre vite e al lavoro convivendo con un virus che ci accompagnerà fino alla scoperta di una cura o di un vaccino? Guardare in faccia la realtà è una buona medicina per individuare quali sono le cose che possono darci speranza. Intanto abbiamo affrontato, quasi tutti e con rare eccezioni, disciplinatamente questa prova. Non era scontato. Ora la stessa serietà credo sapremo averla nella ripartenza per evitare di tornare nell’incubo della diffusione del virus. Abbiamo poi capito quanto siano importanti scienza e competenza; sono sicuro che in tempi brevi i nostri esperti sapranno trovare una cura per la malattia come hanno fatto per tantissime altre. Gli sbagli compiuti ci stanno facendo riflettere su come si debba riorganizzare un sistema sanitario con i suoi punti di forza non solo negli ospedali d’eccellenza ma anche nel territorio. Sono spariti dalla circolazione i combattenti no vax così come i cultori dell’incompetenza. Magari sono nascosti da qualche parte ma la lezione sono certo toglierà loro ogni seguito. E impedirà che la guida dello Stato finisca nelle loro mani. Infine ho una fiducia enorme nella capacità degli italiani di dare il meglio di sé nelle difficoltà, con energia, sacrificio e creatività. Non so se basti tutto questo a farci avere serenità ma sono buoni punti di partenza”.
Non essendo il direttore, non mi sono permesso di stralciare le sole parole importanti. Ma le sottolineo: “il coraggio e la speranza di trovare una via d’uscita … Guardare in faccia la realtà è una buona medicina … Serietà per evitare di tornare nell’incubo della diffusione del virus … Gli sbagli compiuti ci stanno facendo riflettere… Una fiducia enorme nella capacità degli italiani di dare il meglio di sé nelle difficoltà … Non so se basti tutto questo a farci avere serenità, ma sono buoni punti di partenza”.
Che cosa apprezzo nella risposta di Fontana? Il realismo che allontana sia il nichilismo dei catastrofisti, sia l’opportunismo degli ideologi della campagna elettorale permanente. Forse apprezzo ancora di più l’umiltà di riconoscere: non so se questo basti. Anch’io non ho un argomento persuasivo, anzi, ho bisogno di essere confortato tanto più quanto cerco di approfondire l’argomento. Con altrettanta umiltà, ricorro a qualche frase dell’omelia del padre Cantalamessa, predicatore pontificio, in occasione del Venerdì Santo.
“La pandemia del Coronavirus ci ha bruscamente risvegliati dal pericolo maggiore che hanno sempre corso gli individui e l’umanità, quello dell’illusione di onnipotenza. Abbiamo l’occasione – ha scritto un noto Rabbino ebreo – di celebrare quest’anno uno speciale esodo pasquale, quello ‘dall’esilio della coscienza’ È bastato il più piccolo e informe elemento della natura, un virus, a ricordarci che siamo mortali, che la potenza militare e la tecnologia non bastano a salvarci. ‘L’uomo nella prosperità non comprende – dice un salmo della Bibbia -, è come gli animali che periscono’ (Sal 49, 21)”.
Si rientra nella coscienza attraverso la comprensione della mortalità. Mi ricorda la tesi di un libro di Von Balthasar “Il cristiano e l’angoscia”. Osservava Von Balthasar sessant’anni fa: “Il discorso sull’angoscia sembra scomparso dall’orizzonte culturale ma non si è dileguato il senso di paura, di abbandono e solitudine dell’uomo”.
Aggiungo che per essere sereni non basta collocarsi spiritualmente non proprio nell’area della felicità, ma come a metà strada, un po’prima della preoccupazione, come nella canzone di Drupi (parole di Albertelli) “Sereno è /Dare un calcio ai grattacapi e poi/Con un bacio fare pace noi/E sentirmi come tu mi vuoi/Raccontarti un sacco di bugie/Per poi ridere di te”. Dietro e dentro alla domanda del lettore, c’è la consapevolezza di chiedere qualcosa che non sia scacciato dalla preoccupazione, che non rischi di scomparire quando diventa timore, paura, dolore e infine angoscia: chiede un argomento persuasivo, dice, cioè una certezza morale.
Conviene tornare a Cantalamessa: “Quello che abbiamo appena riascoltato (la Passione) è il racconto del male oggettivamente più grande mai commesso sulla terra. Noi possiamo guardare ad esso da due angolature diverse: o di fronte o di dietro, cioè o dalle sue cause o dai suoi effetti. Se ci fermiamo alle cause storiche della morte di Cristo ci confondiamo e ognuno sarà tentato di dire come Pilato: “Io sono innocente del sangue di costui” (Mt 27,24). La croce si comprende meglio dai suoi effetti che dalle sue cause. E quali sono stati gli effetti della morte di Cristo? Resi giusti per la fede in lui, riconciliati e in pace con Dio, ricolmi della speranza di una vita eterna! (cf. Rom 5, 1-5)” …. Qual è la luce che tutto questo getta sulla situazione drammatica che stiamo vivendo? Anche qui, più che alle cause, dobbiamo guardare agli effetti. Non solo quelli negativi, di cui ascoltiamo ogni giorno il triste bollettino, ma anche quelli positivi che solo una osservazione più attenta ci aiuta a cogliere” … e da qui continua con le osservazioni che ho già richiamato sull’ esodo dall’incoscienza, per concludere: “Dio è alleato nostro, non del virus! “Io ho progetti di pace, non di afflizione”, dice nella Bibbia (Ger 29,11). Se questi flagelli fossero castighi di Dio, non si spiegherebbe perché essi colpiscono ugualmente buoni e cattivi, e perché, di solito, sono i poveri a portarne le conseguenze maggiori. Sono forse essi più peccatori degli altri? No! Colui che un giorno pianse per la morte di Lazzaro, piange oggi per il flagello che si è abbattuto sull’umanità”.
Parole che mi richiamano il vangelo del cieco nato: né lui né i suoi genitori hanno peccato, ma è per la gloria di Dio, per rafforzare, non per confondere la nostra fede.
Caro Direttore Lodi, ritorno alle nostre conversazioni di domenica scorsa e raccomando, a te e anche all’omonimo lettore, di essere forte nello spirito e riguardato nella carne (anche se mangi solo pesce, come del resto gli apostoli dopo la resurrezione). Non ti dico ‘stai sereno’, che oltre tutto porta sfiga, ti dico arriverai alla serenità non sfuggendo all’angoscia, ma attraversandola e andando oltre, così troverai non solo un ‘punto di partenza’, ma una certezza ultima.
You must be logged in to post a comment Login