Una trasmissione di RaiTre, di recente, ha reso omaggio a Pellegrino Artusi, di cui quest’anno si celebra o si dovrebbe celebrare il bicentenario della nascita.
Alla domanda se fosse opportuno mantenere in questo periodo di isolamento e di inquietudine collettiva i festeggiamenti che a Forlimpopoli, città natale dell’autore del più grande classico della cucina italiana, hanno inizio, come è ovvio, soltanto virtualmente, un organizzatore con pacata saggezza ha risposto che proprio in questo momento, in cui lo stare a casa è imperativo sociale, il cibo fa sentire, anche se solo tra le pareti domestiche, l’amore per la vita.
La risposta sembra sintetizzare efficacemente quanto affermato da uno psicologo, Luigi Ballerini, in un libriccino dedicato ai bravi manager, con il sottotitolo ”Mangiare in famiglia fa bene a tutti”.
Ecco le sue parole scritte in momenti ben diversi dagli attuali “Mangiare non è solo ingurgitare alimenti. È anche preparazione, compagnia, racconto. Nelle nostre case, però, la tv e l’improvvisazione, restano spesso gl unici ingredienti della cena, ridotta a evento alimentare quando, invece, è l’unico momento “insieme” della famiglia.
Ballerini aggiunge che esiste un altro modo di cenare. Preparare un risotto con cura, apparecchiare la tavola in modo simpatico, conversare tra figli e genitori narrando di noi. Così il cibo diventa emblema di una relazione e simbolo di un ”tu” che arricchisce il nostro vivere.
Parole che davvero suonano a fagiolo non solo per questa nostra solitudine ma per un omaggio al romagnolo Artusi e alla sua Scienza in cucina e l’arte di mangiar bene. Quel famoso libro di ricette è, a dire il vero, qualcosa di più di un manuale; con la minestra del paradiso (ma il paradiso, sia pure quello di Maometto non ci ha nulla che fare, precisa l’autore) o quella di pane angelico, con la salsa del Papa o il pudding Gabinetto fece allora l’unità d’Italia in cucina e ora può dare, sfidando i vari chef, un nuovo senso dello stare uniti.
Se non tutte le ricette sono proponibili, alcune complicate e gravi allo stomaco, come riconobbe lo stesso Artusi, una lettura fatta insieme può regalare molto per i gustosi aneddoti che legano le ricette, per il piacevole raccontare, un’altalena tra l ‘ironico e un sapienziale pratico. E la voce di quel benestante signore che fu Pellegrino risuona viva e dialogante con noi: vi avverto però che questa non è minestra per gli stomachi deboli oppure afferma che un’altra minestra delicata e leggiera può piacere in Toscana specialmente alle signore.
E per chi non fosse appassionato di cucina la lettura offre – come in un ricco convivio – un’ ampia scelta di altri stimoli: curiosità storiche, scoperte linguistiche, come balsamella al posto di besciamella, adattissima anche oggi per maccheroni e cardi, lo siroppo, cioè sciroppo, di marena, amarena, er trastullarsi bevendo rosolio d’anaci.
Elogiando il vero anice di Romagna, Artusi coglie l’occasione per fare un garbato predicozzo sull’onestà. La mia lunga esperienza della vita mi ha dimostrato che l’onestà, nel commercio e nelle industrie, è la più gran virtù per far fortuna al mondo.
Messaggio di ideali scomparsi, affermazione anacronistica? Forse sì, forse no, se letto in questo momento storico in cui una sana revisione dei bisogni è una necessità per tutti. Leggere o rileggere l’Artusi, inteso come libro di ricette, può aiutare, con il suo stile bonario e brioso, a una riflessione sulla qualità della vita o – almeno – sul gusto della vita.
E non farebbe neppure male ripensare anche alla vita di quel signore, non cuoco ma buongustaio e amante della letteratura, che, morto a 91 anni, il 31 (per alcuni il 30) marzo del 1911, donò le sue sostanze al suo paese natale. Il telegramma del notaio che comunicava il ricco lascito, la ricchezza di un uomo onesto che visse in gioventù il dramma della violenta rapina di quel brigante che passò alla storia come il Passatore, arrivò – e non fu un pesce d’aprile – il 1 aprile.
Da allora i suoi concittadini gli rendono omaggio. Quest’anno sarà solo – almeno per ora – un omaggio virtuale. E lo sarà di noi tutti, come dei vari istituti alberghieri, anche della nostra provincia, che giustamente vanno da anni a Forlimpopoli. Forse anche oggi Pellegrino Artusi potrebbe risponderci come nell’intervista impossibile che nel 1973 gli fece Guido Ceronetti: ”Cerca in casa la mia scienza in cucina e ama farti una minestra…”.
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