Widgetized Section

Go to Admin » Appearance » Widgets » and move Gabfire Widget: Social into that MastheadOverlay zone

Parole

SCUOLA DOMANI

MARGHERITA GIROMINI - 17/04/2020

onlineQualche pensiero sparso sulla scuola nel tempo che stiamo vivendo.

Come si evolverà nell’immediato futuro, come i decisori politici sapranno affrontare il nuovo scenario’. Come la potranno conoscere le generazioni future.

Intanto al momento la scuola come luogo educativo collettivo ci manca, e non manca solo a chi ha figli piccoli che la frequentano.

La nostra struttura mentale può consegnarci solo l’immagine di una scuola materiale, di un edificio con le aule, i banchi, le cattedre, le lavagne ormai interattive, i docenti, i ragazzi.

Un luogo che abbiamo spesso ritenuto inadeguato, poco curato quando non angusto, che ha visto generazioni di discenti apprendere affiancati, accalcati, che sono cresciuti vivendo gli uni “addosso” agli altri.

Ora mi succede, addirittura, di pensare alle famigerate classi pollaio, oggetto di ripetute denunce da parte dell’utenza, quasi con un moto di simpatia e di rimpianto.

Di fatto, date le prospettive di non imminente riapertura, le aule chiassose e ridondanti dell’incontenibile energia giovanile, ci appaiono ormai lontane e perdute, così come sfuocati ci giungono altri elementi della quotidianità di ieri, ora divenuti oggetto di desiderio: una camminata nel verde, un incontro con l’amico, una sosta al bar.

Ha scritto una dirigente scolastica romana, con quella punta di retorica fin troppo diffusa in questi giorni di clausura, che questo è “il momento del tempo sospeso, della nostalgia del tempo vissuto, dello spaesamento, del disorientamento”.

È andata smarrita la monotonia dei giorni sempre uguali che davano sicurezza agli abitanti della scuola: i compagni, i colleghi, gli impegni di scuola, gli orari. Ora tutto si è alterato, si è fatto liquido, scivola di mano, sfugge e lascia spazio alla noia e all’ansia.

Sensazioni condivise.

Dopo le prime settimane di lockdown si è presentato chiaro il pensiero, prima nebuloso, che non ci sarà più, almeno per un certo tempo, la scuola di una volta.

Così il mondo della scuola ha dovuto procedere in fretta e furia a un cambio di prospettiva a 360 gradi, per dirla con un abusato luogo comune.

Ci consola vedere lo scatto d’orgoglio con cui, a dispetto dei dubbi di molti, la scuola italiana nel suo complesso è riuscita a mettere in campo in un tempo molto breve, per rispondere al bisogno di fare scuola anche durante l’emergenza sanitaria.

Sono stati numerosi gli insegnanti che si sono attivati da remoto e hanno costruito momenti di istruzione per gli studenti, con impegno e fatica, addentrandosi per sentieri didattici scarsamente frequentati fin ad allora.

Chi avrebbe mai detto che le tecnologie, la didattica a distanza, i social media, le “diavolerie informatiche”, come le hanno definite talvolta alcuni vecchi docenti, sarebbero divenuti strumenti tanto preziosi. Anche se non sostituiscono la scuola, anche se riescono a ricreare in misura minima la piacevolezza e l’efficacia dello stare a scuola.

La scuola si è dovuta inventare dall’oggi al domani un luogo alternativo a quello che per secoli si è basato sui pilastri, presenti contemporaneamente, del tempo e dello spazio.

Resta insostituibile il rapporto in presenza tra insegnante e alunno: la relazione educativa è elemento primario e indispensabile di ogni atto educativo.

Ma oggi, e forse anche domani, e forse per altri mesi ancora, l’unica relazione possibile tra il docente e gli alunni sarà di fatto, e per necessità, quella a distanza: l’unica strada consentita e praticabile perché non si interrompa bruscamente un percorso necessario alla sopravvivenza educativa.

Dunque oggi la scuola si trova immersa in una realtà nuova, inaspettata, e deve riuscire a rifondare uno spazio adatto allo svolgimento dell’incontro virtuale con i ragazzi: con i banchi che sono diventati icone sullo schermo, le pareti trasformate nell’hardware del pc, la cattedra una semplice icona che circoscrive il docente sulla piattaforma.

Una sfida immensa, che sottopone tutti alla necessità di sganciarsi, sia pure provvisoriamente, dalle consuete modalità a cui siamo abituati.

Concludo offrendo ai lettori una piacevole scoperta di questi giorni È un racconto che Isaac Asimov ha ambientato nell’anno 2157 e si intitola “Chissà come si divertivano”.

L’autore immagina un dialogo fra l’undicenne Margie e il fratello Tommy, tredicenne. Sono a casa ad aspettare l’inizio delle lezioni.

Il ragazzo sfoglia un libro cartaceo che desta la curiosità della sorella: è uno strumento obsoleto che ha parole “statiche”, diversamente dal telelibro che hanno in dotazione loro due, che invece contiene migliaia di testi.

Tommy spiega alla sorella di essere venuto a sapere che il loro bisnonno non aveva un robot-maestro a casa. A quei tempi i ragazzi si radunavano in un posto chiamato scuola, un posto scomodo perché si doveva perdere del tempo per raggiungerlo. Lì, per giunta, c’erano insegnanti umani, imperfetti, che ne sapevano molto meno degli attuali maestri meccanici.

Chissà come si divertivano quei ragazzi …

Facebooktwittergoogle_plusredditpinterestlinkedinmail

You must be logged in to post a comment Login