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Attualità

SENZA ILLUSIONI

CESARE CHIERICATI - 17/04/2020

Anche Varese deserta

Anche Varese deserta

Un richiamo con fotografia nella prima pagina dei maggiori quotidiani d’Italia, l’apertura dei Tg delle tredici e dintorni e poco altro. È questo lo scarso rilievo mediatico dato al disastro di Aulla, provincia di Massa Carrara, accaduto mercoledì 8 aprile giorno in cui in località Albiano Magra si è afflosciato un ponte gestito dall’Anas che collegava la statale della Cisa con un’arteria provinciale. Nessun morto e due feriti l’esito della sciagura, due autisti di furgoni che hanno improvvisamente visto drizzarsi la sede stradale sotto le ruote dei loro automezzi dentro una terrificante nube di polvere.

Si è subito detto che, paradossalmente, è proprio stata la limitata circolazione di automezzi, determinata dalle misure restrittive in atto per arginare la diffusione del coronavirus, a evitare una nuova strage stradale. Infatti il ponte di Albiano era normalmente trafficatissimo in tutte le ore della giornata.

Non ci interessa in questa sede entrare nel merito del contenzioso giudiziario apertosi tra il Comune di Albiano e l’Anas che si chiarirà, se si chiarirà, nel corso dei prossimi mesi/anni, ma piuttosto sottolineare come questo ennesimo disastro strutturale – esiste ormai in materia una copiosa narrazione – faccia parte a pieno titolo della normalità politica e amministrativa che ci ritroveremo davanti non appena si diraderanno i fumi sinistri della pandemia in corso.

Ogni giorno veniamo investiti da fiumi di analisi, di auspici, di esortazioni. Spuntano da ogni dove sociologi, sacerdoti, scrittori, opinionisti in servizio permanente e altri di complemento a dirci che nulla sarà più come prima, che usciremo dalla pandemia rigenerati, cambiati, diversi, quasi miracolati. Sarà, ma noi preferiamo cercare di guardare, con modestia, le cose come stanno. Oltre il coronavirus continuiamo a vedere più o meno lo stesso paese, senza dubbio più in affanno di prima, con i suoi eterni problemi di inefficienza amministrativa e giudiziaria, di ruberie, di mafie e corruzioni, di lacerazioni ideologiche e post ideologiche.

In definitiva il solito paese brillante nelle emergenze ma disattento, indolente, quasi ostile alla normalità virtuosa del giorno dopo giorno, il paese appunto dove cadono i ponti come cachi maturi a novembre. Fuori dal tunnel della pandemia ritroveremo l’Italia come l’avevamo lasciata. Si dovrà riprendere il filo spezzato della matassa e riannodarlo con pazienza per portare a compimento i progetti in corso rimasti sospesi sia a livello nazionale sia a livello locale.

Restiamo a Varese, la nostra città, avviata non senza difficoltà, sulla strada di un cambiamento profondo identificabile con il risanamento di tre storiche “piaghe d’Egitto”: la rigenerazione urbana dell’area delle stazioni ferroviarie; il tanto atteso e controverso recupero della Caserma Garibaldi e di piazza Repubblica con il ritorno del mercato; il miglioramento della viabilità in largo Flaiano e sulle bretella autostradale con la costruzione degli svincoli al servizio della nuova sede dell’Esselunga al Cuor di Sasso. Queste sono le priorità ineludibili di cui solo la prima è in fase di concreta realizzazione.

Se l’esecutivo Galimberti riuscisse ad avviare il risanamento anche delle altre due “piaghe d’Egitto” cittadine, la qualità urbana del vivere farebbe un passo in avanti non indifferente dopo decenni di immobilismo e di accidia amministrativa. Vista attraverso il cannocchiale fuorviante del distanziamento sociale e del “tutti a casa”, Varese sembra quello che non è da almeno quarant’anni: pulita, ordinata, libera dal cappio soffocante delle automobili. Ma è solo un’illusione indotta dalle necessità precauzionali imposte dal virus. Per aspirare a una città simile a quella della quarantena occorre tornare a lavorare di buona lena anche sui problemi “minori” come il ponte di via Giordani, il parcheggio senza fine di via Sempione, le troppe strade sfregiate da Fiber e quelle ammalorate da una manutenzione inesistente, una rinnovata attenzione e cura del verde pubblico e via elencando. Una volta prese le misure alla pandemia – e non dovremmo essere lontani – occorre ripartire ingranando subito le marce alte. Si sta facendo sempre più tardi.

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