Da lontano (dagli Stati Uniti d’America, ndr) sento che in Italia c’è chi, al cospetto della presente pandemia, ha riscoperto il cosiddetto “piacere della lettura”, e facendosi trasportare sulle sue ali, è ricorso a ciò che Manzoni ci narra della peste a Milano. E qui uno si potrebbe anche chiedere: perché mai si vuole paragonare un’influenza alla peste? A pensarci bene, però, i tempi che stiamo attraversando potrebbero davvero essere analoghi a quelli narrati dal Manzoni.
Mi riferisco alla Storia della colonna infame, in cui l’autore ci racconta la raccapricciante vicenda (vera) di due innocenti, che vengono condannati, torturati e uccisi perché considerati “untori”. Dove sta l’analogia? Oggi mi risulta che in Italia qualsiasi comportamento che potrebbe estendere il contagio (per esempio, uscire di casa per portare il conforto di una visita ad un amico) viene considerato passibile di sanzioni addirittura penali. Anche qui in America il numero degli Stati che adottano misure simili (chiamate “shelter at home”) è in continuo aumento. Siamo dunque tutti “untori” manzoniani!
Si tratta ovviamente di un’aberrazione duplice – un influenzato è un malato, e non un “untore”; e l’influenza non è la peste – che riguarda (potenzialmente) tutti noi. Si cerca di attenuarla (forse dissimularla) usando termini quali “involontario” o “innocente”, ma la sostanza dell’aberrazione non cambia: o involontari o innocenti, siamo tutti “untori”.
Foss’anche soltanto “untori” civili, come insinua qualcuno qui in Virginia, quando dice che uscire di casa, quando non è assolutamente necessario, è un atteggiamento irresponsabile che addirittura “mette in pericolo” gli addetti al Servizio sanitario. Come se non fosse palese l’egoismo e l’irresponsabilità di un Governo che in 18 anni ha speso (con vidima bipartisan) un bel migliaio di miliardi di dollari per attività belliche in Afghanistan, e che poi scopre che mancano i respiratori e le mascherine negli ospedali di casa sua! Approfondire tali questioni, però, compete al filosofo della morale.
Qui invece si diceva della doppia aberrazione secondo la quale siamo tutti “untori”. Rifletterci su ancora un po’ ci potrebbe fare scoprire qualcosa che sinora non sapevamo sul Covid-19: e cioè che, dati demografici alla mano (e considerando che non esiste ancora un vaccino per il virus), in un giorno qualsiasi (da quando il virus è stato dichiarato una pandemia), i timorosi di ammorbare mortalmente il loro prossimo sono stati oltre 7 miliardi; e, per converso, i convinti di poter essere mortalmente ammorbati (sempre dal loro prossimo) sono stati 7 miliardi e passa. Sono in tutto 14 miliardi di persone. Ecco il totale delle vittime dell’aberrazione di cui sopra.
Sembrerebbe impossibile, dal momento che tale cifra rappresenta il doppio della popolazione mondiale; tuttavia la cosa si spiega, perché uno è l’essere umano, e molti sono i suoi sentimenti. Ovviamente vanno tolti coloro i quali in quel tal giorno purtroppo non ce l’hanno fatta, che sicuramente avevano ben altre preoccupazioni.
Che cosa ci indicano dunque 14 miliardi di vittime (per ogni giorno della pandemia) a fronte dei morti stimati intorno ai 100mila negli USA, e 1 milione nel mondo, per tutta una pandemia? Semplice: ci indicano che il Covid-19 è molto più aberrante che mortale.
C’è poi un’ultima aberrazione, anche se meno grave: cioè far passare per atto irrispettoso dei poveri morti ciò che è palesemente un ragionamento lineare (come quello qui svolto), che invece riguarda i vivi.
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