Scusatemi. Torno su argomenti già trattati: che cosa sta succedendo e come si continuerà a vivere, a lavorare, a educare, a credere, dopo? Lo faccio senza ricorrere al giochetto degli opposti pareri di Conformi, il conformista e di Onirio il sognatore. Tanto, è chiaro anche a voi che gli opposti vivono in me.
Dopo si vivrà meglio o peggio a seconda di come si vive adesso. Perciò non posso evitare d’interrogarmi su come stiamo vivendo adesso e su come, salvo imprevisti, vivremo la prossima Pasqua.
Pasqua senza Messa, senza Eucarestia. Fede senza popolo, senza fratelli e sorelle, senza rito, senza simbolo.
L’Agnello immolato risorge ugualmente, nel silenzio e senza testimoni, come la mattina di Gerusalemme.
Il Risorto appare poi a testimoni non qualificati per la legge ebraica, le donne, o troppo compromessi e pure increduli, i discepoli.
Quel gruppo di discepoli, fragili, fuggitivi, rinnegatori, persino vigliacchi, non pareva in grado di dare seguito agli insegnamenti del Maestro. Eppure lo fecero. E noi?
Privati del rito, conserveremo la memoria viva dell’avvenimento, della presenza reale di Cristo? O, pian piano, la ridurremo ad un devoto ricordo, all’ammirazione per una figura eroica, lontana nel tempo e lontana dal cuore, l’icona di una virtù rara, come Budda o Socrate?
O privati della festa e della vacanza (Pasqua con chi vuoi), della gita al mare e della scampagnata ai Castelli, privati delle comodità e delle piacevolezze che abbiamo sovrapposto alla insuperabile consistenza della realtà, ritroveremo un istante di consapevolezza? Saremo testimoni, malgrado la nostra incredulità? Come i due di Emmaus manterremo la fede anche passando attraverso la scomparsa fisica di chi li aveva accompagnati per la via, spiegando le Scritture?
Spogliati dell’aspetto esteriore del rito, dell’assuefazione a parole e gesti consueti (quante volte ho sentito dire da uomini pratici e di successo: “ basta con le liturgie”, per esempio quelle della politica) spero che avremo invece la capacità di cogliere i significati profondi, le domande e le risposte del combattimento tra vita e morte, il paradosso supremo del già citato ‘Victimae Paschali Laudes’: “Dux vitae mortuus regnat vivus”.
È un paradosso ben più sorprendente del dono nascosto nell’uovo, quanto vorrei poter spezzare l’involucro che ne nasconde il cuore, al fine di svelare il fondamento e con esso il destino ultimo della fede e della speranza che, come afferma s. Paolo, sono destinate ad essere superate dalla definitiva rivelazione. S. Tommaso d’Aquino, nell’inno ‘Adoro Te devote’, composto secondo la tradizione in occasione del miracolo eucaristico di Bolsena esprime perfettamente lo smarrimento umano di fronte al nascondimento di Dio.
Per non farla lunga, vi riporto solo le prime tre strofe, con la traduzione:
Adoro Te devote, latens Deitas, Quae sub his figuris vere latitas:S.Tommaso individua nel sacramento eucaristico l‘estremo confine tra il divino e l’umano, dove anche l’umanità di Cristo è celata, come lo era la sua divinità nella sua vita terrena. Oggi a noi capita che sia sottratta anche la possibilità di incontrarlo nella forma sacramentale. Non solo l’apparenza, anche la sostanza. E questa è una prova straordinaria cui sottoponiamo la fede. Non posso non domandarmi se questa privazione non sia eccessiva.
Faccio un’insolita concessione al sentimentalismo, ricordando il martirio di Tarcisio, ucciso per essere stato scoperto a portare il sacramento eucaristico ai carcerati al tempo delle persecuzioni romane; direi che non siamo nella medesima condizione politica e giuridica e che facilmente si potrebbe assicurare, con le dovute precauzioni, l’accesso ai sacramenti, sia ai malati, come avviene normalmente, sia al popolo cristiano nella sua interezza.
Abbiamo visto la strana ma simpatica fotografia delle persone in fila a scacchiera e ben distanziate per accedere al supermercato, non dovrebbe essere possibile fare altrettanto per ‘acquistare’ un cibo spirituale? Tanto più che non sarebbe necessario muovere la popolazione, come per fare la spesa, ma sarebbero i sacerdoti e i ministri straordinari ad andare incontro alle persone, in luoghi aperti, il sagrato, ma anche una piazza o un cortile, mantenendo il ‘distanziamento’, semplicemente consegnando l’ostia con opportuni accorgimenti atti ad evitare il contagio.
La Messa, con qualche difficoltà, può essere ascoltata in modo virtuale, ma l’Eucarestia non può essere ridotta a simbolo spirituale. Per di più, accostarsi ad essa in condizioni difficili aiuterebbe a ritrovare quel clima di solennità e sacrificio che ricordo appartenere alla mia prima giovinezza, quando tutti ci preparavamo con la confessione precedente e con il digiuno dalla mezzanotte precedente. Non voglio che sia una cosa rischiosa, ma se per qualche tempo pure fosse un po’ scomoda, meno abitudinaria, meno scontata, sono sicuro che gioverebbe alla fede di tutti. Questa Pasqua ‘nascosta’ del Dio che si cela sotto i veli del pane e del vino potrebbe diventare l’origine di nuova capacità di testimonianza.
Costante
P.S. Per evitare fraintendimenti lo dico qui, con tutta evidenza: non approvo le iniziative estemporanee di quei preti che hanno interpretato i divieti a modo loro, non invito alla disobbedienza civile, tanto meno sottovaluto la difficoltà di attuare la cosa in modo perfettamente igienico.
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