Un collega anestesista, intervistato alla TV ha detto, creando in me commozione profonda: “È ben difficile esprimere l’emozione e la tensione che ti prende quando dici al paziente che a questo punto dobbiamo intubare. Lui ti guarda negli occhi: quanti contenuti nel suo sguardo! Qualcuno mormora: mi risveglierò? Ma è lo sguardo che dice tutto, tu non puoi sfuggirgli”. Penso che questa sia la tensione psicologica massima del momento che il paziente ed il medico stanno vivendo. Il profondo reciproco drammatico stress: momento estremo di infinita tensione ma penso anche di infinita speranza, sempre presente, non solo nel paziente ma anche nel medico che non può dare certezze.
Certo, questo è un momento difficile in cui tutti siamo in tensione psicologica perché, anche se adottate le precauzioni suggerite, ci sentiamo indifesi, possibili vittime del covid-19 capace di uccidere.
Dal punto di vista psicologico siamo tutti fragili ed esposti, con reazioni naturalmente diverse, passando dal massimo dell’ottimismo al pessimismo più crudo, con aggiunta di altri possibili timori legati all’ambiente di vita, al lavoro, a note sociali che coinvolgono le nostre personalità.
La situazione è tale per cui molti centri sono a disposizione per dare un supporto psicologico perché in effetti le nostre reazioni di fronte ad una prova come questa possono essere anche drammatiche: abbiamo i super sensibili e all’opposto soggetti che non si scompongono nemmeno se dovesse cascare loro addosso il mondo.
Tutto questo per quanto riguarda i soggetti in salute, comunque esposti alla minaccia dell’infezione, mentre quando a una persona viene confermato il tampone positivo, e quindi viene dichiarato affetto da Covid-19, un minimo di sudore freddo e paura ci sta. Incomincia la lotta con la patologia: iperpiressia, dolenzie diffuse, infiammazioni delle prime vie respiratorie e, nei casi più gravi, dura battaglia per respirare, dipendenza dall’ossigeno, fino all’intubazione oro tracheale. Superato il tutto, la gioia d’essere scampati ma possono restare stigmate, specialmente se altri famigliari sono mancati.
I soggetti venuti in contatto con parenti infetti restano con la spada di Damocle fin quando non superano indenni la quarantena, ma manca comunque la sicurezza. Altro disagio nei portatori sani che si sentono discriminati quando viene fatta loro la diagnosi. Molti pazienti reagiscono negando la realtà e rifiutano le cure e gli oneri delle quarantene. Stato particolare quello degli ospedalieri dedicati direttamente alla cura dei pazienti perché, oltre al timore della infezione, vivono il sovraffaticamento fisico.
Altre figure in particolare tensione sono i responsabili delle decisioni sanitarie e sociali nei confronti delle popolazioni, gli impegnati nella ricerca scientifica, gli addetti ai laboratori, i responsabili della produzione dei supporti sanitari e, non ultimi, i responsabili economici che facilmente possono degenerare nel loro agire dando importanza solo all’aspetto economico e mettendo in secondo piano il problema della salute.
Tutti siamo consci della situazione molto complicata e della realtà drammatica delle pandemie anche se avevamo la certezza, ovviamente inconscia, di una sicurezza sanitaria data dal progresso e da una società che tendeva a negare la malattia e a nascondere l’evento del fine vita. L’umanità era libera dalle pandemie. La sua potenza scientifica, i suoi farmaci …. ma un punto di debolezza c’è. L’economia toglie alla scienza i sussidi per la ricerca, l’economia vuole solo alimentare sé stessa e spinge la ricerca non a difendere l’uomo ma a cercare il successo economico e basta; infatti la farmacologia viene molto stimolata dagli economisti.
Questo virus ha risottolineato la cruda realtà della nostra vita. Molte certezze si sono sgretolate alimentando le sofferenze psicologiche accennate: improvvisamente ci è stata buttata in faccia la fragilità del nostro essere. Giorni fa Papa Francesco nella prima preghiera della sua Messa invocava protezione “per una umanità sfinita dalle sue debolezze mortali”. Noi tutti abbiamo la preoccupazione per coloro che amiamo e per noi. Proviamo istintiva paura concreta per una minaccia infida, non ben controllabile che spinge verso ansia e angoscia. Perdurando lo stato di tensione, si rischia di cadere in una tristezza che può portare alla depressione esagerata. Inoltre per via dell’isolamento a cui si deve sottostare possono emergere sensazioni di noia e spaesamento per l’interruzione di una vita piena di rapporti.
Ci sono situazioni difficili particolarmente nelle famiglie con pazienti problematici come bimbi autistici, ma anche adulti con problemi psichiatrici, anziani sofferenti di Alzheimer o con perdita di lucidità di pensiero. Sappiamo tutti quanto sia variegata nella sua composizione la nostra società. Difficile sintetizzare le reazioni psicologiche di questa grande prova.
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