“Intrecciata una corona di spine, gliela posero sul capo” (Matteo27,29)
La corona ha sempre rappresentato nel mondo classico, dai Greci ai Romani, lo strumento per onorare gli dèi e le loro statue, poi per ornare gli animali da sacrificio, soltanto quelli perfetti però; poi è stata usata dagli sposi, nei banchetti, dagli amanti che ne facevano dono agli amati, per onorare i poeti ed i guerrieri vittoriosi. Nel mito greco Zeus fece dono a Prometeo di una corona, dopo averlo tenuto imprigionato a lungo per aver rubato il fuoco; corona intrecciata di foglie, ramoscelli e fiori, come quella di Afrodite o di Elena, corona come simulacro del bello, del sacro, della perfezione che attira su di sé la morte.
È bello anche il Corona virus, così come visto al microscopio elettronico, con la sua forma circolare perfetta di glicoproteine superficiali, particelle virali perfette nella struttura, e nella loro perfezione apportatrici di malattia e morte. Una delle tante misteriose contraddizioni della vita, che come non mai stiamo sperimentando tutti, per lo più isolati, chiusi nelle nostre dimore, impauriti di essere contagiati, o ammalati lasciati alla nostra solitudine. “Niente sarà più come prima”, si scrive sulla stampa, si ripete quasi ossessivamente nelle trasmissioni tv o sui social, pensando ad un lavacro di rigenerazione, che però stenta ad essere individuato nei modi in cui possa avvenire. Quasi tutte le persone ripetono, rivolte soprattutto a sé stesse, “andrà tutto bene”; lo dicono anche tanti intellettuali, mentre raccontano le loro occupazioni quotidiane, tra pranzi, letture e videoconferenze. Siamo proprio sicuri che “andrà tutto bene”? Sappiamo interpretare i segni dei tempi? “Ipocriti! Sapete giudicare l’aspetto della terra e del cielo, come mai questo tempo non sapete giudicarlo”? (Luca-13,56)
Quando scoppia una pandemia vi sono cose elementari da fare immediatamente, di cui deve occuparsi la medicina: prima di tutto identificare i contagiati, poi iniziare lo screening a cerchi concentrici, poi isolare i pazienti e curarli, equipaggiando il personale sanitario in maniera adeguata. Quanta incompetenza sanitaria abbiamo dovuto sopportare, con quali gravi conseguenze in termini di ammalati e di morti. L’emergenza sanitaria è divenuta un’emergenza politica, ma “la medicina non è, o non dovrebbe essere un compito della polizia” o peggio ancora dell’esercito, e la stessa polizia non deve essere “il braccio armato di un’enorme incompetenza sanitaria” (Alain Damasio, Liberation). Niente di quanto si sarebbe dovuto fare è stato fatto ed ora siamo 60 milioni di persone in isolamento aberrante, ma necessario, per la nostra “ impreparazione sanitaria, la nostra incapacità di prevenire, testare, curare” (Alain Damasio). È stata diffusa l’ansia, la paura, in maniera ossessiva, attraverso una comunicazione errata e la pervasività dei media, fornendo dati cumulativi, non elaborati. Può un’epidemia giustificare la compressione delle nostre libertà fondamentali attraverso l’uso della geolocalizzazione, dei droni, della identificazione elocalizzazione dei nostri cellulari?
Come ripareremo a questa mancanza di contatto, di abbracci, di calore umano, che la tecnologia surroga, ma non lenisce, se la mancanza si protrarrà a lungo? Cosa stiamo diventando in questa assenza di relazioni, in queste distanze che annullano i sorrisi, i contatti vis-à-vis, che sono quelli nei quali trasmettiamo quello che siamo, quello che vogliamo comunicare anche senza parole? Diventeremo tutti delle intelligenze artificiali, con gli stessi meccanismi di funzionamento? “Nulla sarà più come prima”. No. Tutto sarà come noi vorremo che sia, ad iniziare da noi stessi, nelle nostre piccole realtà familiari, amicali, sociali. Se saremo in grado di ripensare il nostro vivere alla luce della solidarietà e della carità, non confinando ad esempio gli anziani ed i disabili, escludendoli dalla società, condannandoli a morire da soli, come avvenuto in questi giorni, riaffermando la cultura della vita sempre, in ogni momento e circostanza, se saremo guidati da uno spirito di discernimento per saper interpretare e guidare i grandi fenomeni mondiali che vanno delineandosi all’orizzonte.
Per ora il nostro orizzonte è e resta limitato, lo spazio confinato ed inaccessibile. Vedo i laghi la mattina presto, quando vado in ospedale, con rigogliose fioriture della vegetazione sulle sponde; posso soltanto brevemente e parzialmente contemplarli da lontano, e la natura stessa soffre tutto il nostro disagio e attende come noi la liberazione. “Ma se ti senti male, rivolgiti al Signore, credimi, siamo niente, dei miseri ruscelli senza fonte” (Franco Battiato, Fisiognomica).
“Del resto, noi sappiamo che tutto concorre al bene di coloro che amano Dio…… e chi ci separerà dunque dall’amore di Cristo? Forse la tribolazione, l’angoscia, la persecuzione, la fame, la nudità, il pericolo, la spada?…Ma in tutte queste cose noi siamo più che vincitori per virtù di colui che ci ha amati”. (San Paolo, Lettera ai Romani, 8-28; 8-35).
Buona Pasqua di Resurrezione.
You must be logged in to post a comment Login