Le giornate passano faticose e lente in questa forzata clausura. Sono attraversate da fiumi di parole (tv, chat, whatsApp) che però raramente lasciano un segno. Più frequentemente funzionano da anestetico.
Per fortuna o per grazia in queste settimane (che qualcuno spinge a chiamare opportunità) irrompono ogni tanto dei fatti. Gesti non parole. E allora tutto cambia.
Lo pensavo vedendo l’incedere lento di Papa Francesco lungo il sagrato di San Pietro. Nel silenzio irreale, rotto solo dalle sirene delle ambulanze e dagli stridii dei gabbiani, sotto la pioggia avanzava in silenzio verso il Cristo miracoloso. Solo, ma ogni suo gesto parlava più di un discorso.
Una scrittrice americana Flannery O’ Connor una volta ha detto: nella vita non basta dire di ‘no’. Bisogna fare di ‘no’.
Un cappellano dell’Ospedale Sacco, don Giovanni, racconta che per poter accostare per pochi istanti un paziente infetto deve sottostare ogni volta ad una lunga e complessa procedura di protezione. “Solo per la svestizione -dice- occorrono sei paia differenti di guanti”. Nella fatica la vicinanza diventa gesto.
Un amico imprenditore, a capo di una azienda di 750 persone, è costretto in questo momento a scelte difficili. Ci sono le incombenze, i fornitori, le banche, gli stipendi. “Eppure –racconta- sono tranquillo. All’inizio di ogni giorno offro tutto, tutto!, al Signore e ascolto Colui che mi dice: non temere”.
Pur nella drammaticità della congiuntura ha deciso di mettere a disposizione di famiglie bisognose svariati pacchi alimentari per ridare -dice- quello che il Signore nella vita mi ha donato”. La gratitudine diventa gesto.
S’inizia la Settimana Santa. Sarà strano viverla da reclusi ma ancora una volta ci imbatteremo in un amico traditore, un avido giudice, cinici soldati, spietate élite clericali, discepoli (noi) addormentati e impauriti. E potremo ancora una volta scegliere da che parte stare. Ma oggi, in questo momento storico, non basterà farlo solo a parole.
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