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Stili di Vita

LA GRANDE BONIFICA

VALERIO CRUGNOLA - 03/04/2020

Sud Corea: l’esercito disinfetta le strade

Sud Corea: l’esercito disinfetta le strade

La diffusione del virus evidenzia l’impasto di elementi necessari per sostenere e vincere l’emergenza: la presenza di un forte e coordinato sistema sanitario pubblico universalistico; la solidarietà internazionale; l’autorità e l’autorevolezza dei soggetti chiamati a gestire l’emergenza; la sintonia tra governo e mentalità; la coesione sociale; la qualità dei livelli di istruzione, ricerca scientifica e acculturazione; il grado di maturità tecnologica; la rapidità dei sistemi industriali nel riconvertirsi nel produrre beni di massima urgenza; la prontezza delle politiche di sostegno alle difficoltà temporanee dell’economia; la mobilitazione di reti di volontariato; la disciplina civile; la capacità di apprendere dal passato e di automatizzare le procedure; il flusso continuo di informazioni.

Chi è entrato per primo nella fase critica del contagio e ne è uscito con misure drastiche, ha guadagnato dei vantaggi strategici su chi vi è entrato più tardi in condizioni politiche e sociali diverse. In cambio i governi che si sono cimentati dopo hanno potuto apprendere più rapidamente. Molti non lo hanno voluto fare per tempo, come in UK. Altri stati non possono colmare i loro deficit. In paesi come gli USA con istituzioni sanitarie incentrate sul sistema privatistico e selettivo, i morti cadono come birilli da bowling colpiti da palline da ping pong. Egitto e Sudafrica hanno sistemi sanitari esilissimi, regimi non autorevoli, una grande promiscuità abitativa, bassi livelli di istruzione e non possono fronteggiare l’emergenza.

Abbiamo due modelli esemplari, Corea e Singapore. La Corea si è fatta trovare pronta. Le istituzioni sanitarie e di protezione hanno appreso dal contrasto a due epidemie nel 2015 e nel 2016. I tempestivi ed efficaci controlli per ricostruire a ritroso gli spostamenti dei contagiati hanno identificato e messo in quarantena gli asintomatici. Un popolo esposto a rischi bellici permanenti si organizza e disciplina prontamente. Il sistema politico è solido. Benché entro un capitalismo globalizzato, la democrazia coreana è autorevole. La coesione culturale e sociale è alta. La tutela della sicurezza è rodata. La protezione sanitaria e assistenziale è altissima. Il sistema formativo è selettivo e di eccellenza. La Corea ha risposto alla crisi con la massima trasparenza. Appunto la fiducia nella democrazia ha reso legittimo l’impiego delle tecnologie che registrano gli spostamenti delle persone per ricostruire a ritroso, velocemente, i loro movimenti e incroci, con successiva distruzione dei dati utilizzati.

In linea con la Corea è Singapore, un piccolo stato multietnico e multireligioso, con livelli altissimi di evoluzione tecnologica, istruzione e reddito. Subito informata del rischio, la popolazione si è prestata a collaborare mettendo a disposizione del governo i propri dati sensibili pur di tracciare i contagi e con grande disciplina ha accolto le restrizioni della mobilità e si è sottoposta ai controlli della temperatura, uno screening a maglie larghe ma in grado di ridurre l’estendersi del virus.

La Cina è sottoposta a due dittature illiberali: quella liberista del mercato e quella di un’autocrazia dirigente che si serve dell’obsoleto involucro del PCC per reggere il potere, governare ed estendere l’egemonia cinese sul mondo senza ricorso alle armi come fu invece per americani e sovietici. L’abbandono del maoismo ha rivalutato i tradizionali vincoli sociali retti dall’etica confuciana che, sacralizzando il secolare, si ispira all’etica del lavoro, l’oblatività, la rettitudine, lo spirito comunitario e la lealtà al principio di autorità. La politica dello Stato cinese ha migliorato le condizioni generali della popolazione, seppur creando enormi diseguaglianze rispetto al pauperismo dell’era maoista. I livelli di istruzione sono oggi tra i migliori del mondo. La tecnologia cinese è all’avanguardia. Allo scoppiare della crisi, la Cina si è accreditata come leader affidabile del mondo globale. Anche indipendentemente dalle manifestazioni di dissenso a Hong-Kong, il governo ha scelto la trasparenza senza ricorrere alla repressione. Il sistema autoritario cinese ha bloccato una grande e popolosa regione; ne ha azzerato le attività produttive; ha chiesto il massimo a un eccellente sistema sanitario universalistico; ha impedito spostamenti incontrollati di persone e merci; ha preso brusche misure di sorveglianza e distanziamento sociale. Impermeabile a destabilizzazioni, la Cina tiene la barra ferma sul suo modello di sviluppo e anzi, in termini di politica estera, ha guadagnato ulteriori crediti. La Cina ha preferito reggere un urto durissimo subito per contrastare l’emergenza sanitaria; una volta tornata la normalità l’attività economica ha iniziato la ripresa.

Sul versante opposto, Stati Uniti e Iran costituiscono due modelli negativi, simili e diversi. Interventi tardivi, atteggiamenti negazionistici, sottovalutazione del rischio, politiche ondivaghe, sistemi sanitari sotto ogni limite della più pornografica indecenza.

In Italia il governo centrale ha saputo reagire, aggiustando via via il tiro. Al contrario della Spagna, che ha inizialmente sottovalutato la situazione, l’Italia si è mossa per tempo quando vi era un morto ogni 600.000 abitanti. Il nostro apparato statale è particolarmente complesso. Le autorità centrali, i servizi di sicurezza, le autorità sanitarie, la protezione civile, i docenti scolastici e universitari, i sindaci, il mondo del volontariato e dell’assistenza hanno dato grande prova di sé. Il sistema sanitario pubblico e universalistico merita una parola a parte. Con grande oblatività il personale ha dato tutto. Ma guai a nasconderci che la sanità è minata da gravi tagli di risorse, da privatizzazioni dissennate e da una regionalizzazione fallimentare che andrà urgentemente soppressa (il “federalismo” applicato a questioni di rilevanza nazionale e globale, ha mostrato tutto il suo squallore ideologico e la sua inefficienza). Allo stesso tempo, gli insegnanti hanno supplito a un sistema formativo carente e di infima qualità tappandone ulteriormente le falle in condizioni assai difficili. I comportamenti pubblici sono migliorati, a parte i soliti trasgressori, i propalatori di false notizie e gli sciacalli politici. Le relazioni di solidarietà spontanea, a livello di vicinato, si sono estese. Il deficit di coesione è stato supplito con un surplus di retorica patriottarda: uno strato di colla leggero che potrebbe svanire nel “dopo”.

L’Italia va bonificata. Le difficoltà economiche sono enormi. Servono risorse straordinarie immediate per i servizi comunali, le imprese, i lavoratori, i cittadini più deboli, le scuole. Questi stanziamenti esigono grande correttezza individuale e rigorosi controlli. Non si getti il danaro pubblico a pioggia. Il rischio dei profittatori, dei furbetti e dei parassiti è grande. I nostri apparati pubblici sono inefficienti e spesso corrivi. Ci risolleveremo solo investendo grandi risorse su radicali riforme. Servono risparmi forti. Si faccia una spending review radicale e si investano bene le risorse recuperate dagli sperperi. Si congelino per cinque anni le spese militari. Si sopprimano quota cento, il reddito di cittadinanza, il bonus cultura e altre prebende. Si contrasti l’inefficienza di apparati pubblici elefantiaci. Introduciamo un sistema patrimoniale. Rendiamo tracciabili pagamenti e prelievi in modo da rendere impossibile il crimine dell’evasione. Dovremo fare sacrifici, purché equi, toccando i patrimoni immobiliari e finanziari ma non i risparmi, che anzi vanno mobilitati. Si agevoli chi assume lavoro regolare e non in nero, chi paga le tasse e non chi le evade, chi tutela i diritti dei lavoratori e delle donne e non chi li aggira o calpesta. Nello sforzo collettivo, tutti dovremo orientarci a cambiare i nostri stili di vita in direzione della sobrietà e di una maggiore uguaglianza.

Senza una parallela bonifica morale non avremo futuro. Occorre quel cambio di mentalità che nemmeno i momenti più gloriosi della nostra storia come il Risorgimento e la Resistenza né quelli più tragici come la lotta alla mafia riuscirono a suscitare.

Si investa nella difesa dell’ambiente, nel recupero del suolo, del paesaggio, nelle energie pulite, nella mobilità pubblica. Urgono investimenti in sistemi scolastici e universitari severi, gettando a mare tutte le maldestre “riforme” che hanno abbattuto la qualità del prodotto formativo. Urgono assunzioni di ricercatori e associati nelle università, per raggiungere le eccellenze necessarie a ricostruire il paese.

Servono contratti di lavoro regolari e regolarmente rinnovati, difese dall’inflazione, restituzione di diritti, più poteri ai lavoratori, più responsabilità sociale da parte degli imprenditori. Servono sacrifici da parte di tutti, in modo più che proporzionale man mano che si sale nella scala sociale.

Intanto alcuni paesi già cambiano le istituzioni: Orbán ha assunto i pieni poteri e l’Ungheria è ora una dittatura aperta. Il mondo non sarà più lo stesso nemmeno sul piano geopolitico. E l’Europa si salverà o verrà assassinata dagli egoismi nazional-liberisti? Avremo modo di riparlarne. La crisi sarà lunga.

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