Grande spazio sui media per l’arrivo a Ciampino giorni fa del “dono” cinese: nove medici in trasferta a Roma (e poi mandati in giro per tutta l’Italia) con un carico di materiale sanitario che pare non sia stato neppure regalato.
È davvero curioso l’atteggiamento del ministro degli esteri Luigi Di Maio che non passa giorno senza ringraziare e sottolineare lo stretto legame con la Cina, culminato con l’annunciato acquisto di 100 milioni di mascherine di protezione.
A parte che molte aziende italiane sono già pronte, riconvertitesi in una settimana, per una loro produzione di massa, stupisce questo atteggiamento di Di Maio di strettissima vicinanza con Pechino.
D’altronde lo stesso Di Maio era già stato il principale fautore di quella “Via della Seta” che lo portò a scontrarsi con l’allora alleato Salvini.
Visto che è provato come proprio il governo cinese abbia nascosto per settimane l’epidemia, addirittura processando e condannando i medici che ne parlavano, una maggiore prudenza sarebbe utile, anche perché molta gente si chiede come mai non si apra una grande indagine internazionale per chiamare proprio la Cina alle sue responsabilità visti i danni procurati dal mancato allarme.
Ma ci sono fatti nuovi.
Innanzitutto il rischio concreto che ora la Cina – grazie alla crisi economica legata al Coronavirus – si compri a prezzo di saldo parte delle nostre aziende migliori con massicce e più economiche scalate in Borsa, dall’altra i nuovi scenari internazionali di politica estera visto che il Dragone uscirà meglio e prima dall’epidemia, mentre l’Occidente resterà boccheggiante per mesi.
Appare evidente che Pechino abbia riconosciuto proprio nel ministro degli Esteri l’anello debole della catena di comando del governo italiano.
In Cina sanno bene che Di Maio è un personaggio alla disperata ricerca di un palcoscenico e che farebbe qualunque cosa pur di salirci. Non è un caso che gli “aiuti concreti cinesi” e le parole di Di Maio siano finiti su tutti i media italiani e cinesi, arrivando al paradosso che i responsabili del contagio siano così diventati i “buoni” ad oltranza.
In realtà, il ruolo concreto di Luigi Di Maio è semplicemente quello di aver parlato al telefono con il suo omologo cinese Wang Yi per assicurarsi una commessa (pagandola!) di mille respiratori da acquistare dai nostri abituali fornitori in Cina ed ora 100 milioni di mascherine.
Il dubbio è se il Ministro egli Esteri – conoscendone i suoi limiti personali e di esperienza nel ruolo – sia consapevole o meno di questa strategia cinese di penetrazione in Italia. Se Di Maio ha un bisogno spasmodico di visibilità, dentro e fuori il suo partito, non è detto che questa linea sia davvero utile al paese.
Sono certo che diversi esponenti del Pd che si sono sempre occupati di politica estera non la pensano come lui, obbligati oggi a tacere per strategie interne, ma fortemente imbarazzati.
La controprova di quanto siamo diventati succubi di Pechino anche nelle cronache quotidiane si nota dal fatto che mai si è parlato in questi giorni di Taiwan, il primo paese che ha affrontato e vinto il Coronavirus.
In Italia non si parla mai dell’“altra Cina”, quella libera e democratica, ostile a Pechino ma che – pur essendo a soli 120 km dal continente e con oltre 500.000 suoi cittadini che ci lavorano – ha egregiamente protetto i suoi abitanti bloccando il virus all’ inizio, tanto da avere pochissimi contagiati e praticamente nessun decesso attuando regole serie, ma certo non blocchi militari.
A Taiwan gli spazi sono ristretti (23 milioni di persone vivono su un’isola grande solo una volta e mezza la Sicilia) eppure ce l’hanno fatta pur nel disinteresse del mondo e con l’Italia che non ne gradisce gli aiuti e i consigli.
Un successo sanitario di cui quindi non si deve parlare perché a Pechino non piace, così come addirittura non si ammette Taiwan – complice l’Italia – nell’ Organizzazione Mondiale della Sanità solo per motivi politici: un atteggiamento ingiusto e ridicolo, ma soprattutto stupido e controproducente per tutti.
Chi oggi si inchina ai voleri di Pechino non ha evidentemente chiaro a quali rischi – come fosse un altro invisibile virus – ci porti questa scelta.
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