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Parole

CLAUSURA

MARGHERITA GIROMINI - 20/03/2020

riordinoNon so se riuscirò a limitare il ricorso ai luoghi comuni sulla situazione attuale. Ne abbiamo utilizzati tanti, in questi giorni; ma se ci riflettiamo dobbiamo concordare che c’è posto anche per questo.

Non è il momento dello snobismo finto intellettuale.

Non è il momento di tenersi dentro angosce, pensieri di morte, stati d’animo che si affacciano alla parte conscia alternandosi tra loro nelle interminabili ore di queste giornate.

Non è neppure il momento di giudicare severamente (qualcuno lo fa) chi esibisce comportamenti poco contenuti: ad esempio cantare dai balconi a squarciagola, durante il flash mob delle 18, in solitaria o accompagnati dal gruppo del condominio di fronte, liberando le note del nostro inno nazionale, spesso storpiandone timbri e parole.

Ci sono concittadini che si dilettano a costruire video di vario genere, ricuciono canzoni famose, assemblano concerti di cantanti celebri, rispolverano adattandole vecchie gag di Totò e di Eduardo. Lo sappiamo, ridere fa bene, anche quando l’umorismo non è del tipo yiddish alla Woody Allen.

Mi riesce persino di indulgere nei confronti dei costruttori di fake news sul coronavirus. Restano anonimi, poveretti, e quindi senza gloria; confezionano comunicati presunti scientifici e poi li veicolano in giro per l’Italia a nome di sconosciuti medici.

Io mi sono difesa cancellandoli senza nemmeno aprirli. E questo gesto sono riuscita a metterlo in essere nonostante la sorta di obnubilamento che mi ha avvolto nei giorni immediatamente post decreto.

Non ho avuto esitazioni neppure a eliminare quei video in cui alcuni saggi e televisivamente noti guru italiani, in prevalenza del settore psicopedagogico filosofico, si profondono in lezioni di filosofia di pronto uso.

Non ho bisogno, ora, di “pistolotti” sui risvolti magicamente positivi della terribile pandemia, sulle insperate opportunità per ritrovarsi felici. Se posso ironizzare sulla bravura di questi santoni di casa nostra, vorrei porgere loro i miei complimenti per come sono riusciti, in così breve tempo, ad analizzare, approfondire, rielaborare la realtà al fine di mettere a frutto i giusti comportamenti per i tempi bui che stiamo vivendo.

Io per me chiedo tutto il tempo necessario ad attraversare le fasi di questo grave lutto emotivo e sociale, lasciando che ogni sentimento, purtroppo negativo, trovi accoglienza dentro di me, perché possa manifestarsi e strutturarsi come meglio potrà.

Ho trascorso i primi giorni di clausura in uno stato che oscillava tra l’inedia e un incontrollato impulso ad un’efficienza fine a sé stessa: dal Pc al tavolo con i giornali.

Di qua a compulsare sulle pagine dei quotidiani di ogni tendenza e poi sulle pagine istituzionali di ogni nazione; a leggere e rileggere, senza capirci molto, tabelle, grafici, curve e algoritmi; ad ascoltare bollettini radio, a guardare video su YouTube. Di là, sul tavolo, a sfogliare quotidiani e riviste che trattano un unico argomento: il virus.

Ogni mia azione è stata intervallata da lunghe telefonate nel corso delle quali commentare, ipotizzare, condividere paure e angosce.

In casa mia si è registrato anche un primo tentativo di riordino di libri. Mentre le mani spolveravano, il pensiero si perdeva tra libri letti e libri non letti, tra quelli mancanti, chissà dove saranno finiti, tra altri comperati da chissà chi e quando.

Falliti i tentativi di leggere un romanzo; perché il flusso delle pagine scorre lento, si interrompe tante volte, la storia narrata non prende mai il volo: è il disagio di una quotidianità straniante che impedisce ogni concentrazione.

Comunque ho deciso: da oggi 16 marzo, lunedì, si cambia registro. Si reagisce. Ci si mobilita. Si fanno piani di lavoro razionali. Si aprono gli occhi, anzi, si spalancano, sulla realtà, dura ahimè, ma presente.

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