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Eh, la vita la vita

CONFETTI E BOMBONIERE

TERESA BIGNAMI - 13/03/2020

brennaSeconda puntata della raccolta di testimonianze degli ospiti del “Molina”

Trovai il mio primo lavoro nel mese di maggio 1943, presso un negozio di via Carrobbio, nella zona Motta di Varese. Per fare il libretto di lavoro mi dovetti recare in Municipio,

l’impiegato mi guardò e disse: “Cum’è, l’è già ura da lavurà?”.

Sorrisi, perché avevo 15 anni, ma sapevo di dimostrarne di meno.

Nel mio nuovo posto di lavoro si vendeva un po’ di tutto, anche quello che la licenza non prevedeva, per questo il proprietario mi diceva spesso: “Stai sulla porta e controlla che non arrivi la guardia di finanza”. Io lo facevo volentieri e stavo attentissima.

Rimasi in quella bottega tre anni e imparai bene a fare il mio lavoro di commessa.

Trovai poi a Milano un posto migliore dal “sciur Brambilla” in un elegante negozio che produceva e vendeva confetti, il mio compito in particolare era la confezione di bomboniere e sacchetti.

Il nipote del proprietario mi faceva la corte, ma, se prendevamo l’aperitivo insieme, quasi sempre dovevo pagare io e, se mi accompagnava alla stazione, dovevo portare io i pesanti sacchetti che il principale mi chiedeva di consegnare a Varese. Era un corteggiatore poco attento, poco gentile e lo eliminai presto.

Nel 1958 trovai lavoro nella mia città, presso la pasticceria Brenna che aveva due avviati negozi: uno a Biumo dove c’era anche il laboratorio e uno molto elegante in via Vittorio Veneto, dove lavoravo io. La pasticceria aveva una produzione abbondate e varia; c’erano paste, biscotti, torte, pasticcini da tè e i due dolci tipici della nostra città: il dolce Varese e i brutti e buoni. Si vendevano anche i confetti e questa era la mia specialità: sapevo confezionare stupende bomboniere e speciali sacchettini che erano la gioia delle spose. I mughetti erano i miei fiori preferiti e con questi arricchivo il tutto. Ricordo matrimoni importanti, in alberghi lussuosi come il Kursal, l’odierno Palace, io stessa mi dovevo recare lì a disporre nel migliore dei modi confetti e bomboniere vicino alla torta nuziale.

Preparavo anche, per cresime e prime comunioni, bomboniere con soggetti sacri, se erano i bambini a scegliere, i preferiti erano gli angioletti.

Nel mio negozio ero anche vetrinista: disponevo tutto con eleganza in modo da attirare più sguardi possibili e, se il principale decideva di allestire lui la vetrina, subito mi permetteva di cambiare qualcosa per rendere tutto più bello. Tra i tanti clienti che mi chiamavano “La signorina del Brenna”, ce n’erano molti simpatici che si affidavano a me per fare le scelte migliori e per ben figurare nelle varie occasioni, ma ce n’era anche qualcuno antipatico, come quel giovanotto che comprava da noi solo le matassine per legare i sacchetti, perché riusciva ad acquistare confetti e tulle a prezzi più convenienti in altri negozi.

Ricordo anche una gentile infermiera che era solita comprare bomboniere con soggetti sacri

da regalare alle suore del suo ospedale.

Mi piaceva moltissimo il mio lavoro, perché mi permetteva di conoscere tante persone e di partecipare da un punto strategico alla vita della mia Varese. I signori Brenna mi trattavano come una di famiglia e mi apprezzavano. Ricordo che il proprietario veniva al lavoro con una vecchissima bicicletta arrugginita che posteggiava un po’ dappertutto, anche lontano dal negozio, per farsi poi un pezzo a piedi in centro città. Una volta, non ricordando più dove l’aveva lasciata, la ritrovò, dopo una settimana in piazza Garibaldino, nessuno gliela aveva rubata, vista l’efficienza e la bellezza del mezzo!

Nel 1973 il negozio di via Vittorio Veneto venne chiuso, mentre l’altro esiste ancora in un bel palazzo di fronte alla chiesa di Biumo. Appartiene ai figli del mio principale, bravissimi a portare avanti nel modo migliore il loro lavoro.

Tutti i Brenna mi hanno voluto bene: sono rimasta per loro una persona di famiglia e mi sono venuti spesso a far visita anche alla Fondazione Molina.

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