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Opinioni

PRESIDENZIALISMO

ROBI RONZA - 06/03/2020

renziIntervistato da Bruno Vespa a «Porta a Porta», il salotto televisivo ironicamente definito la terza Camera del Parlamento italiano, lo scorso 20 febbraio l’ex premier Matteo Renzi aveva fatto una proposta: quella di far eleggere il presidente del Consiglio, ossia il premier del governo di Roma, non più dal Parlamento, come finora accade, bensì direttamente dal popolo.

La notizia è stata poi sommersa dalla sconsiderata alluvione mediatica a causa della quale è divenuta una specie di peste del Manzoni una malattia, il coronavirus, che in un paese di circa 60 milioni di abitanti si sta rivelando mortale per poche decine di persone (per lo più anziani in precarie condizioni di salute). È una proposta che merita invece di venire ripresa e considerata attentamente, purché nell’ambito di una riforma più ampia nel segno dell’autonomia piena e responsabile dei territori. Ci si potrebbe domandare perché mai Renzi venga fuori adesso con tale proposta, che non si ritrova nella sua ambiziosa legge di riforma costituzionale poi respinta dal popolo nel dicembre 2016, ma non è questo il nocciolo della questione.

La Repubblica italiana, nata nel 1946 sulle ceneri del Regno d’Italia (1861-1946), è una delle ultime democrazie al mondo basate sul cosiddetto sistema parlamentale puro. In forza di esso il popolo elegge il Parlamento, che a sua volta elegge o fa cadere il governo come e quando una sua maggioranza lo vuole; anche se tale maggioranza è in grado di far cadere il governo in carica ma non di eleggerne un altro a succedergli. I ministri giurano ad uno a uno nelle mani del Presidente della Repubblica e non in quelle del Presidente del Consiglio, e sono personalmente responsabili dinnanzi al Parlamento. Un singolo ministro può perciò venir sfiduciato senza che ciò implichi la sfiducia al governo nel suo insieme. Il premier non è pertanto un vero e proprio capo del governo, ma appunto un Presidente del Consiglio dei Ministri. Tanta dipendenza del governo dagli umori del Parlamento e tanta modestia del ruolo del premier si spiegano con il fatto che la Repubblica nacque in un’Italia dove era recentissima la memoria di come Mussolini avesse preso le mosse dalla sua carica di capo del governo per trasformarsi in un dittatore.

In un contesto storico del tutto mutato, e nel quale non c’era più alcun rischio di una ricaduta nella dittatura, il sistema parlamentare puro su cui si basa la Repubblica Italiana è servito solo a produrre governi molto fragili e instabili nonché a dare ai partiti un peso politico sproporzionato, con le conseguenze che si vedono. Adesso che le difficoltà dell’epoca di transizione in cui viviamo hanno reso insostenibile tale sistema, per non perdere il loro sproporzionato potere i partiti hanno puntato non al rafforzamento del governo bensì all’introduzione di meccanismi detti di “premio di maggioranza”. In forza di essi ai partiti o alle coalizioni di partiti maggiormente votati vengono attribuiti in Parlamento seggi in più di quelli che loro spetterebbero in base al voto popolare ottenuto. Il Parlamento diventa così uno specchio molto deformato della realtà socio-politica del Paese: uno stato di cose da cui derivano danni ben superiori ai vantaggi che si volevano conseguire.

Specialmente se la votazione popolare per il premier fosse a doppio turno con ballottaggio, con il sistema che Renzi propone il “premio di maggioranza” verrebbe deciso del popolo e non da meccanismi legislativi. Se infatti i due candidati premier più votati vanno al ballottaggio, a chi dare il premio di maggioranza decidono gli elettori; in particolare quelli che al primo turno non avevano votato né per l’uno né per l’altro.

Si stima che Italia Viva di Matteo Renzi abbia attualmente il consenso di una percentuale di elettori compresa fra l’1 e il 3 per cento. Difficile dunque che possa spuntarla contro la grande maggioranza degli altri partiti. Da un sondaggio è però risultato che il 51/52 per cento degli italiani che si sono già fatti un’idea al riguardo è favorevole alla proposta di Renzi, con percentuali che variano dall’84 per cento di coloro che votano per lui, il 90 di quelli che votano per Silvio Berlusconi, il 71/72 di quelli che votano per la Lega e gli altri partiti di centrodestra. Prevalgono i contrari, di pochi punti però oltre il 50 per cento, soltanto nelle file degli elettori del Pd e del Movimento 5 Stelle.

 www.robironza.wordpress.com

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