“La pace non consiste più in un atto che viene solennemente siglato dai massimi responsabili della vita politica delle nazioni: essa consiste sempre più, oggi, in un processo di edificazione che esige vaste analisi e che si svolge attraverso un lungo percorso”. Così Giorgio La Pira ai partecipanti al convegno internazionale per la pace e il dialogo fra i paesi del Mediterraneo tenutosi a Firenze nel 1954.
Dopo più di sessanta anni da queste affermazioni del sindaco santo e poeta di Firenze, cinquantotto vescovi cattolici (alcuni successori delle prime chiese apostoliche) rappresentanti venti paesi diversi che si affacciano sul Mediterraneo si sono riuniti a Bari dal 18 al 23 febbraio per avviare un processo di riconciliazione, presupposto della pace, nei paesi che si affacciano sul Mediterraneo (“Questo lago di Tiberiade allargato” – come lo definiva La Pira), terre che oggi sono solcate da guerre, da tensioni, da provocazioni, da focolai d’instabilità e da conflitti irrisolti. Bari è divenuta così “la capitale dell’unità”, dove i servitori delle chiese si sono incontrati, “un cuore e un’anima sola”, per invocare dal Signore la pace sul Mediterraneo, trovare strade per avviare processi di collaborazione al fine di promuovere realizzazioni concrete per edificarla. “Come sono belli i piedi dei messaggeri che annunciano la pace!”: facendosi nunzi di questo versetto biblico, i vescovi hanno fatto di Bari la città dell’incontro, dell’accoglienza, cantiere di pace.
Bagnasco (presidente della Conferenza dei vescovi d’Europa) ha deplorato “la cultura individualistica che non genera uomini più felici e società solidali e vivibili, ma piuttosto una solitudine più ampia e insopportabile”. Hollerich (presidente delle conferenze episcopali dell’Unione Europea) ha definito il Mediterraneo “la coscienza dell’Europa”. Bassetti (presidente della C.E.I. e promotore dell’incontro) ha condannato “la politica fatta sul sangue dei popoli”. Caccucci, vescovo di Bari si è rammaricato per “la logica cinica dell’indifferenza”. Il patriarca copto d’Alessandria d’Egitto, Sedrak, ha alzato alta la voce contro i fabbricanti e i venditori di armi, Sciclum, vescovo di Malta, ha ricordato che l’amore per lo straniero è un valore molto antico testimoniato dalle scritture ed ha invocato l’aiuto dell’Unione Europea perché contribuisca ad alleviare le fatiche dei paesi di primo approdo dei migranti. Rossolatos (Grecia) ha invitati tutti ad osare la pace con la forza della debolezza. Frendo (Albania) ha ricordato che la Chiesa guarda al futuro, fa memoria delle sofferenze patite lungo la sua storia fin ai nostri giorni.
Pensieri pieni di fiducia sono venuti da Antoniazzi (Tunisi) che ha parlato della sua chiesa come “piccola, ma in continuo movimento e da Bugeja (Libia) che ha definito la sua chiesa “presente e non nascosta”. Attesissimo l’intervento del card. Sako, patriarca dei caldei (Irak), che ha dichiarato che nel suo paese non c’è unità nazionale e di ciò approfittano coloro che intendono instaurare un regime teocratico.
Al termine dei lavori il cardinale Bassetti ha definito l’incontro di Bari come la prima tappa di un lungo percorso da compiere assieme alle altre chiese cristiane e alle altre religioni. I cardinali Hollerich, Krajewsky (il “don Corrado” degli ultimi!) e Czerny (sottosegretario del pontificio consiglio per i migranti) hanno rivolto ancora una volta un pressante invito a tutte le parrocchie, i monasteri, i conventi, gli istituti religiosi perché aprano le loro porte a chi chiede rifugio e assistenza, esprimendo così solidarietà e prossimità.
Anche il professor Roccucci, della comunità di Sant’Egidio ha detto: “ Il nostro stare insieme è già una profezia…la presenza dei cristiani nei paesi del Mediterraneo non è irrilevante”.
Papa Francesco ha celebrato l’Eucarestia di conclusione dell’incontro davanti ai fedeli, tra cui il Presidente Mattarella. All’omelia dell’incontro “Mediterraneo, frontiera di pace” ha ancora una volta ribadito che “la guerra è contraria alla ragione”. Ha fatto bene ricordarlo ai vescovi del Mediterraneo: è lì che sono sorte la ragione e la razionalità, pur restando un luogo di follia e di delirio.
Ha aggiunto:” Il fine ultimo di ogni società rimane la pace tanto più che si può ribadire che non c’è alternativa alla pace. Per nessuno. La pace ha come presupposto la giustizia”. Smembramenti, degradazioni, chiusure lacerano il Mediterraneo e il mare dei meticciati è diventato il mare delle purificazioni. “Taccia il frastuono della guerra e si oda il culto del lamento!”
“No a estremi fondamentalismi, sì all’accoglienza che abbatte i muri… l’unico estremismo è quello dell’amore”. E ha ricordato il dramma dei profughi detenuti nei campi della Libia e di Lesbo, oltre alla persecuzione contro i cristiani. Il Mediterraneo, infatti, da luogo in cui si sono imposti i monoteismi, è luogo oggi non d’intesa e di collaborazione, ma di vivi conflitti. Dopo essersi emancipato dalla mitologia è divenuto il luogo attorno a cui si sono sviluppate le religioni “del libro”, ma altresì si sono sviluppati lo scetticismo e stravaganti interpretazioni della Parola della Bibbia e del Corano.
Papa Francesco ha accennato a proposito al conflitto ancora irrisolto tra Israele e Palestina. Francesco ha ricordato che la paura porta ad alzare le proprie difese davanti a quella che viene dipinta come un’invasione. Sono, piuttosto, la debolezza della politica e il settarismo le cause di radicalismi e di terrorismo. E ha aggiunto a braccio:” Mi fa paura sentire discorsi che seminavano paura e si sentivano nella terza decade del secolo scorso”.
Questo è il contributo delle chiese alla costruzione di un Mediterraneo, un tempo terra di incontri, di scambi, di meticciati, degli universalismi; un tempo luogo dove si intrecciavano elementi eterogenei e oggi associa elementi che sono in confitto; un tempo luogo di concordia, oggi di discordia; luogo dove un tempo i vinti civilizzarono i vincitori. È qui che è stato scoperto il valore delle parole e della Parola, della democrazia come dibattito verso la verità, della politica come arte di governare, del diritto per derimere le controversie.
È tempo adesso che l’Europa si apra al Mediterraneo. Dopo il 1989, l’Europa volgendosi a est ha distolto lo sguardo verso i problemi del Mediterraneo. Le chiese hanno già posato il loro sguardo su queste terre fertili e aride insieme. Spetta ora all’Europa elaborare una politica comune.
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