In un raccontino di Asimov, dal titolo Chissà come si divertivano, ambientato il 17 maggio 2157, i protagonisti, bambini di dieci-dodici anni, immaginano che la scuola del passato, con tanti libri e maestri veri, in carne ed ossa, fosse occasione di vero divertimento rispetto alle loro lezioni super tecnologiche, gestite da robot.
Lo scrittore di fantascienza, di cui quest’anno ricorrono i cent’anni della nascita, lo scrisse nel 1951, quasi per scherzo su un giornalino scolastico. Precursore, come seppe esserlo in molti altri campi, di una scuola fatta di Lim, lavagne multimediali, di tablet e di ebook non riuscì, però, a immaginare come la tecnologia a scuola potesse uccidere non solo il divertimento.
Ricordare a distanza di quasi settant’anni quella previsione non è per una anacronistica e ingiusta demonizzazione della tecnologia. Tutto il mondo informatico e della rete ha grandissimi meriti. Quel mondo, però, è sul banco degli imputati per essere complice di un fenomeno grave: il cyberbullismo. Un problema sempre più drammaticamente attuale, come lo dimostra anche un recentissimo fatto di cronaca. Due ragazzine hanno aggredito una loro coetanea e postato sui social la loro violenza, minacciando la compagna anche di ritorsioni.
Forse ci stiamo abituando a leggere queste notizie o condannandole in modo enfatico ed estemporaneo o – peggio – accettandole come una caduta in anestesia (sono parole di papa Francesco) verso un degrado che sembra inevitabile.
Il rischio, però, è in agguato da anni. Con lungimiranza e con merito già nel 2004 l’Unione Europea istituì il SID, Safer Internet Day, una giornata internazionale, il secondo giorno della seconda settimana di febbraio di ogni anno, contro i rischi di Internet. Succesivamente, con la decisione n. 1351/2008 del Parlamento Europeo e del consiglio del 16 dicembre 2008, è stato avviato un programma comunitario volto a promuovere un uso più sicuro di Internet e di altre tecnologie di comunicazione, in particolare a favore dei bambini, e a lottare contro i contenuti illeciti e i comportamenti dannosi in linea.
L’Italia, con inspiegabile ritardo, malgrado alcune direttive ministeriali, soltanto nel 2017, ha promulgato una legge sul cyberbullismo. A dire il vero la Legge 71 era stata preceduta nel 2014 da un Codice di Autoregolamentazione per la prevenzione e il contrasto del problema.
Il Codice, approvato dal ministero dello Sviluppo economico, impegnava i fornitori di servizi di telecomunicazioni e/o online a dotarsi di un sistemi di segnalazione o di interevento immediato, in caso di bullismo relativi alla rete. Era un impegno ma un poco snaturato dall’aspetto educativo e sicuramente con meno impatto rispetto ad una Legge.
Per dovere di cronaca il Codice era – di fatto – in linea con quanto stabilito dalla Rete Europea Antibullismo, formata, a partire dal 13 giugno 2014, da 17 organizzazioni di diversi stati membri dell’UE.
Questo non esaustivo quadro normativo deve essere integrato anche dall’Osservatorio internazionale sul cyberbullismo, voluto in Vaticano da papa Francesco. L’Osservatorio è stato realizzato grazie alla collaborazione tra Scholas e Carolina; quest’ultima fondazione prende il nome dalla prima vittima acclarata di cyberbullismo in Italia.
Certamente sono apprezzabili anche gli ultimi finanziamenti della Regione Lombardia per progetti preventivi del fenomeno. Ma l’epidemia si combatte con la giusta prevenzione non solo a scuola. Che dire, infatti, di tutto l’odio che invade spesso i social? Lo chiamiamo cyberbullismo legittimato dagli adulti? La scuola non può e non deve essere lasciata sola a combattere questa battaglia.
Ha fatto bene il governatore del Piemonte, regione che secondo le statistiche ha il maggior numero di casi di bullismo, a dichiarare che gli adulti devono dare il buon esempio e anche noi (politici) fare un esame di coscienza. Si sa che dedicare una giornata per sensibilizzare al problema non serve a molto.
Non è un antidoto sufficiente, semmai è un momento per restare consapevolmente senza anestesia. È comunque un peccato che la giornata dell’ 11 febbraio (o del 7 come scelto da alcuni) sia passata un po’ sottotono a livello mediatico. Bene hanno fatto le scuole, come per esempio quella di Castiglione Olona, a esporre il nodo azzurro, simbolo di questa lotta.
Non dobbiamo lasciare soli gli adolescenti in questa nuova e terribile selva oscura di una rete che fa paura.
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