Un terribile fatto di cronaca, passato quasi inosservato, dovrebbe al contrario sollecitare le coscienze e le menti ad interrogarsi sul perché di quanto accaduto e a condividere le risposte con quelli maggiormente interessati a comprendere, cioè i giovani.
I fatti: due studenti di quinta, classe 2001, del Liceo Scientifico Frisi di Monza si sono uccisi recentemente ed il loro atto apparentemente insensato ha suscitato in tutti, famiglie, studenti, insegnanti, dolore, sconforto, ma anche sconcerto e difficoltà a trovare risposte adeguate.
La preside del rinomato Istituto brianzolo ha scritto: “Gli eventi che in pochi giorni si sono abbattuti su di noi, sono più grandi di ogni nostro possibile sforzo di comprensione. Il grande dolore che stiamo vivendo annulla tutte le differenze. Non ci sono più studenti, docenti, dirigente, segretari, collaboratori scolastici e genitori. Siamo tutti un’unica comunità sofferente e siamo tutti uguali. Siamo cuori insieme ad altri cuori, siamo mani che stringono altre mani, siamo abbracci che si stringono intorno ad altri abbracci, siamo esseri umani e per questo fragili, senza risposte di fronte al grande mistero della vita”. Ha attivato inoltre un team di psicologi che possano aiutare gli studenti con colloqui individuali a guarire le ferite psichiche.
I compagni di classe hanno scritto ai professori e agli altri studenti: “Il liceo non è solo verifiche ed interrogazioni. C’è molto di più e vi auguriamo di riuscire a capirlo e viverlo soprattutto in questo momento così delicato. Ricordatevi dell’importanza di circondarvi di relazioni sane e positive che vi possano supportare nel lungo quinquennio liceale, di fare esperienze, di scoprire talenti che non hanno nulla a che fare con la scuola, di divertirvi e scoprire voi stessi prima ancora degli integrali e del latino”. Ancora: “Ricordatevi che il Frisi non durerà per sempre…”. Ed alcune ragazze con una rosa bianca in mano in ricordo del compagno scomparso hanno detto: “Non vogliamo che il nostro dolore venga misurato solo in termini di rendimento scolastico“.
Il coordinatore monzese di Fridays for future, di cui uno dei ragazzi era membro attivo, ha espresso la sua fatica a trovare un senso, ma ha invitato i colleghi ed amici a “…intestarci i loro sogni, i loro ideali e portarli avanti”.
Anche le famiglie sono sgomente: “E’ il momento di pensare ai nostri ragazzi, di riflettere sul mondo della scuola che forse punta troppo sulla performance. Senza considerare abbastanza le fragilità caratteriali di tutti”.
Sappiamo bene che l’età della giovinezza è quella delle domande e della ricerca della propria identità e di un senso: “Chi sono? Perché sono al mondo? Chi mi ha voluto? Per chi e per cosa vale la pena vivere?”.
Questa ricerca di significati nel mondo giovanile assume spesso modalità di ribellione, ma è sempre espressione di una ricerca, a volte angosciosa, di verità e di affetto incondizionato.
E’ lecito chiedersi se tutte le risposte fornite da istituzioni, familiari e associazioni siano state veramente adeguate a tentare di spiegare il perché di quanto accaduto, ma soprattutto siano state adeguate ad offrire un scopo ed un senso per vivere a chi resta.
La sgradevole e dolorosa impressione è che dire “siamo tutti uguali” equivalga a dire di non avere nulla da dire, di non avere nemmeno il coraggio di provare a fornire risposte che guidino verso la ricerca della Verità, una volta rimosso in maniera insensata dalle nostre vite, ad opera della cultura e della scuola, il senso di una metafisica di fede.
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