La nostra esperienza ci dice che vita è attaccata a un filo, ma si potrebbe anche dire che la vita stessa è un filo.
Se si immagina la vita come attaccata a un filo si ha una immagine statica di un qualcosa bello o brutto sospeso nel vuoto, con possibilità sia di essere fermo sia di oscillare come un pendolo con un suo ritmo. Il pendolo è oggetto semplice ma affascinante che ha stimolato il grande Galileo e con lui tanti altri che ne hanno utilizzato le possibilità meccaniche.
Se invece si immagina la vita come un filo che scorre, l’immagine è dinamica. Si potrebbe pensare a un bel rotolo di filo, un rocchettone dal colore uniforme oppure di colore variabile da metro a metro, che si dipana. Oltre al colore è importante il diametro: dalla robusta fune di canapa all’esile filo di seta passando attraverso una infinità di altri tipi di filo: la corda regolare, lo spago, il filo di cotone dei sarti, il filo di lana, il filo di nailon per pescare, il filo chirurgico da sutura, il filo per collane, il filo di ferro e così via.
La nostra esperienza ci dice che ognuno nasce col suo filo, con caratteristiche proprie diverse e si potrebbe dire anche con “fortune” diverse. Fortune intese non come la Dea Fortuna, ma come la catena di eventi che compongono la vita di ognuno.
Considerando come evolvono le nostre vite, si potrebbe pensare che il filo di ciascuno di noi è più simile a quello di lana o di seta: fili naturali che possono essere belli o brutti, con una certa resistenza ma anche fragilità. Lo vorremmo magari di nailon, ossia parecchio forte, capace di essere flessibile ma molto, molto forte, e forse la vita di qualcuno è così, ma rischia di essere vita fredda e artificiale. Filo d’oro? “Eh, la Peppa! Che pretese!” vien da esclamare. Vita splendente ma inumana, fredda, anzi di ghiaccio, triste e solitaria.
La vita è un filo, che può essere colorato, robusto, sottile, liscio liscio o con qua e là dei nodi e in certi casi un groviglio di nodi. Questione della suddetta fortuna? Non è detto che c’entri solo lei perché anche il filo può metterci del suo così che tutto scorra via bene o si aggrovigli. E i colori? I colori sono molto importanti perché dicono dei contenuti dei fili stessi, del loro di dentro, della loro bontà, della loro poesia, della loro capacità di filare con un bel tramonto, della capacità di stagliarsi nell’azzurro del cielo e dialogare con le nubi (non con le tracce degli aerei), di disegnare la danza delle onde del mare, di frusciare tra i rami degli alberi dei nostri boschi, di correre nelle acque dei nostri ruscelli. Di intrecciarsi romanticamente e felici con altro filo. Belli i colori, soprattutto quando dialogano con i colori degli altri fili.
I fili solitari possono attrarre, ma da soli restano autoreferenziali, convinti di essere potenti restano singoli e quasi inutili, non danno aiuto nemmeno a sé stessi, mentre quelli che si uniscono agli altri riescono a creare vite, pardon stoffe stupende: quelli di lana nella storia hanno fatto arazzi fantastici, quelli di seta stoffe bellissime come scialli di con disegno cachemire.
E quelli che si infilano nelle pietre preziose? Fili splendenti, affascinanti: ma chi sono? Eh, anche questi se non hanno dialogato con altri, sono accumulatori di ricchezza per sé, ma inutili: sono soli e basta, mentre con altri splendono in molti e tanti ne traggono vantaggio per cui anche quando devono spezzarsi hanno migliorato la stoffa che hanno originato. Eh sì, difetto o pregio di questi fili è che terminano per poter dare spazio agli altri fili che hanno da loro preso origine, donando sostanza per nuovamente filare.
Ma c’è un tessitore? Ci sono fili che si donano agli altri e profondamente all’invisibile tessitore, altri lo negano ma sono intensamente dialoganti con gli altri.
Cosa sono tutte queste parole scritte? Forse solo un fantasioso sogno della nostra vita. Una voglia di fuga dalla invadente tecnologia di oggi, strettamente legata alla economia, al mercato, dimentica della scienza, del pensiero, dello studio che l’hanno generata.
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