(S) Sei andato in vacanza e hai mandato a spasso anche noi. Almeno, ne è valsa la pena?
(C) Dal punto di vista dello sci e del riposo, sicuramente. Ma posso aggiungere come estremamente positivi sia l’aspetto comunitario (eravamo più di cento persone, famiglie di generazioni diverse, nonni e nipoti), sia quello culturale, grazie a una ben condotta riflessione sul tema del nichilismo, principale nemico del cristianesimo nel mondo d’oggi.
(O) Peccato che tu non ci abbia invitati. Non sarà un gruppo chiuso?
(C) Tutt’altro. Il fatto è che ho deciso di partecipare all’ultimo momento e io stesso ho trovato spazio, solo parzialmente, grazie ad una rinuncia. Ma il gruppo, che ama chiamarsi Grodental dal luogo di questi ormai tradizionali incontri invernali, continua a ritrovarsi una volta al mese, quindi anche voi potrete unirvi, basta che me lo diciate. Ma non chiedetemi di rifarvi in poche righe il percorso di una settimana in cui ci sono stati quasi due incontri al giorno; fisso solo il punto di partenza: non parliamo del nichilismo classico quello di Nietzsche, per intenderci, che si presentava come attivo, anzi titanico, sostiene il filosofo Costantino Esposito, di cui abbiamo preso un testo come punto di riferimento,ma di una forma più subdola, di nichilismo passivo, “una debolezza progressiva, una perdita di energia e di spirito che, quasi di soppiatto… è entrata nelle nostre case, nelle nostre credenze religiose, negli ideali politici”.
(S) E quali danni crea questa passività? Non saranno peggiori delle autentiche violenze che di questi tempi subiscono in tutto il mondo le vittime di poteri tutt’altro che deboli, che magari trovano il modo di giustificarsi sostenendo di dover arginare con mezzi drastici i pericoli ancora peggiori portati da altri nemici, interni o esterni, che so, l’ISIS o la globalizzazione o il cambiamento climatico. Sembra che tutto inciti ad una guerra, anche alla plastica, al petrolio, al carbone, all’emigrato, al nazionalista, al religioso. Vedo ancora un eccesso di reattività, più che una passività.
(O) Credo che questo agitarsi nasca da una mancanza di certezza morale, il danno massimo del nichilismo passivo. Se non so chi sono, reagisco ad ogni interferenza di altri con i miei progetti, con le mie aspettative. Non capisco più che i miei bisogni possono essere soddisfatti dalla crescita di relazioni positive con gli altri, ma al contrario sento come minaccia tutto ciò che dall’altro da me mi viene incontro. Quando percepisco una divergenza rispetto all’immagine utopistica che mi sono costruito, scatta un campanello d’allarme e inizia una reazione spropositata.
(S) Vedi Egitto, con i casi Regeni e Zaki, ma soprattutto la Cina, dalla repressione ad Hong Kong alla gestione menzognera e tirannica del caso coronavirus.
(C) Temo che il demone del nichilismo si sia infiltrato in ciascuno di noi e che certe esagerazioni dei politici siano lo scaltro tentativo di approfittarne; il famoso ‘colpiscine uno per educarne cento’, diventato strumento di condizionamento per milioni. Quindi quando i diversi poteri offrono o, meglio, pretendono risposte identitarie, in politica, in religione o nei costumi, vorrebbero offrire un’ultima occasione per non cadere nel vuoto del nichilismo. Come dire: meglio schiavi di un potere che in guerra permanente di tutti contro tutti. L’alternativa che la cultura occidentale sembrerebbe offrire è quella del ‘giusto mezzo’.
(O) La saggezza antica, stoica o epicurea. Il trattare ogni cosa “sine ira ac studio”, “aurea mediocritas”. Ma chi ne è capace? Qual è il maestro che ce la può insegnare? Quale Marco Aurelio possiamo chiamare a governare il mondo?
(C) Certamente cadiamo nell’utopia, se aspettiamo la nascita di un tale personaggio e la sua vittoriosa affermazione politica. Ma il filosofo Costantino Esposito ci mette in guardia rispetto ad un’ultima tentazione. Quella di soffocare il desiderio di bene, di accontentarci di uno sterile moralismo, che non ci strapperebbe dal nulla, anzi ce lo renderebbe familiare, appena mascherato di perbenismo, dolcificato dai riti disimpegnati della massa.
(S) Per esempio Sanremo! Che noia. Mi onoro di far parte di quel 50% di italiani che non l’ha seguito. Certo per Rai 1 lo share è stato un trionfo, cui hanno giovato anche polemiche costruite sul nulla; ma tutto questo non ha creato una sola vera relazione umana.
(O) Sanremo è partecipare ad un rito propiziatorio.La religione non ne ha più il monopolio da gran tempo, per questo fatica a trasmettere i propri valori. Parlo del cristianesimo, ovviamente. Non è così per l’islamismo e per l’induismo. Mi domando se solo il cristianesimo possa essere alternativo al nichilismo e in che modo.
(C) Solo se fa fare esperienza di una positività reale, nel concreto, nella quotidianità, ma con un riferimento all’infinito, al mistero che ci trascende. Se non riduce Gesù Cristo ad un guru, ad un maestro di morale o di psicologia,se non riduce il mistero della croce e risurrezione ad un simbolo. Anche la più affettuosa e caritatevole vita fraterna si ridurrebbe a poca cosa se non si credesse più alla Presenza Reale nell’Eucaristia. Nello stesso tempo affidarsi ai riti tradizionali e difendere la dottrina consolidata non basterebbero a testimoniare la verità se non mostrassero carità, bellezza e felicità.
(S) Ricordo sempre quell’aforisma del padre del nichilismo attivo, Nietzsche, che diceva press’a poco così: “Per essere cristiano dovrei vedere più felicità sui loro volti e le loro donne dovrebbero essere più belle”.
(O) A questo contrappongo alcuni versi di Eliot, che aveva capito cento anni fa il pericolo del nichilismo passivo:
“Siamo gli uomini vuoti Siamo gli uomini impagliati Che appoggiano l’un l’altro La testa piena di paglia. Ahimé! Le nostre voci secche quando noi Insieme mormoriamo Sono quiete e senza senso Come vento nell’erba rinsecchite O come zampe di topo sopra vetri infranti Nella nostra arida cantina Figura senza forma, ombra senza colore, Forza paralizzata, gesto privo di moto; Coloro che han traghettato Con occhi diritti, all’altro regno della morte Ci ricordano – se pure lo fanno – non come anime Perdute e violente, ma solo Come gli uomini vuoti Gli uomini impagliati. ……………………… È questo il modo in cui il mondo finisce È questo il modo in cui il mondo finisce È questo il modo in cui il mondo finisce Non già con uno schianto, ma con un piagnisteo.(O) Basterebbe l’ultimo verso, anche se sarebbe interessante tutta la poesia, a spiegare il nichilismo passivo e dolce di cui siamo vittime e insieme complici. Perdonatemi se per economia di spazio e per non abusare della vostra attenzione mi sono limitato alla prima e all’ultima parte.
Da:T.S. ELIOT “Gli uomini vuoti” in ‘Poesie’, Corriere della Sera, Milano 2004
(S) Sebastiano Conformi(C) Costante(O) Onirio Desti
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