Da tempo, almeno da marzo 2018, gli spettatori della tribuna politica si chiedono assiduamente quale sarà il destino del moderatismo, soprattutto a destra. Le praterie del centro che Renzi sognava, in una notte di fine estate, di conquistare, sono ora più affollate; non di elettori, come sperava Matteo, ma di aspiranti condottieri. Calenda, ciò che resta di Forza Italia, la Carfagna che fa l’occhiolino a Renzi: ambiscono tutti a intercettare il consenso dei moderati, con tendenze più o meno riformiste. I moderati in Italia ci sono, questo è fuor di dubbio. Ma, probabilmente, sono meno di un tempo. Oppure sono sempre stati pochi, ma per scarsità di alternative anche i non moderati finivano per votare moderato.
Adesso, invece, l’alternativa alla moderazione c’è eccome. Salvini si è spostato a destra, ha sdoganato immagini e parole aggressive, ha costruito un partito sovranista, una destra italiana alternativa al paradigma neoliberista, più vicina al popolo e meno ai ricchi, ha issato la bandiera della lotta all’immigrazione con vigore, senza moderazione. Ma ha anche fatto sue le istanze popolari fra i classici elettori di centrodestra: la flat tax, l’alleggerimento della pressione fiscale, il condono, la posizione favorevole al TAV e in generale alla produzione e alla crescita industriale. Lo confermano i flussi di voto: il 25,5% di chi nel 2018 votò Lega, aveva votato Forza Italia (il Popolo della Libertà) nel 2013.
Dopo aver sfiorato il 38% nei sondaggi di luglio 2019, la Lega si attesta ora sul 31%. Ma non si inganni chi vede nel calo di Salvini un “rinsavimento” degli elettori, un effetto del bisogno di moderatismo degli italiani. A prendersi i voti della Lega è soprattutto Fratelli d’Italia, che non si può certo definire un partito moderato considerando la sua storia, l’ideologia e le proposte analoghe a quelle della Lega. Linguaggio, comunicazione e senso istituzionale sono i punti su cui Giorgia Meloni ha insistito per smarcarsi da Salvini: lo abbiamo visto nei giorni di tensione tra USA e Iran e dopo la citofonata di Bologna. E ora, chi si è stufato delle buffonate del leader leghista vede in Meloni un’alternativa più seria e astuta (non come il collega che ha affondato il suo stesso governo, per poi chiedersi come sia finito sui banchi dell’opposizione tra una fetta di pane e nutella e l’altra). Se si votasse oggi, il partito erede dell’MSI collezionerebbe uno dei migliori risultati nella storia della destra sociale italiana.
Intanto, la prateria di Renzi ha fruttato, nei sondaggi, un risultato fra il 4 e il 4,5%; va anche peggio per Azione. Forza Italia, che rimembra nostalgicamente i tempi in cui la stella del centrodestra era il Cavaliere, ora boccheggia intorno al 6,5%, non molto sopra all’eventuale soglia di sbarramento del 5%. A dispetto di chi ancora sostiene che destra e sinistra siano categorie desuete, assistiamo ora a una polarizzazione delle forze politiche. Al centro, alla destra liberale, per il momento sembrano rimanere le briciole. Non sono anni per i moderati.
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