Ho terminato la spesa. Ho caricato in macchina le borse piene di molti articoli di cui forse parecchi inutili, messi nel carrello sotto l’impulso della sindrome dello shopping compulsivo di cui siamo vittime per colpa della pubblicità assassina che petulante ci martella e del gioco (o tranello) degli sconti.
Mi avvio a riporre il carrello al suo posto e vedo il ragazzo africano che staziona presso il deposito sperando nella generosità degli avventori, che gli lascino la monetina contenuta nel blocco del carrello stesso. Sono ancora lontano, ma per soddisfare la mia pigrizia glielo lancio. Lui sorride, gli corre incontro con passi snelli ed elastici, e ringrazia. É imbacuccato in una giacca a vento un po’ sgualcita, troppo grande per lui. Sul capo un cappellino di lana che gli copre anche le orecchie. Si vede che ha molto freddo e mi viene in mente una domanda: cosa è venuto a fare qui? Perché ha abbandonato il suo villaggio nella verde sontuosa foresta? Perché è fuggito dalla feconda Africa?
Feconda un corno, mi può rispondere: da noi c’è il deserto che avanza, la miseria, la fame e i miei fratelli usano, anzi abusano delle armi. Credono che la violenza sia la strada per risolvere i problemi della vita. È un discorso antico attraverso cui sono passati i miei avi armati di lancia e frecce – oggi hanno il Kalashnikov – È un cammino truce attraverso cui siete passati pure voi europei e potreste ricaderci.
In questo momento la vostra violenza non passa più attraverso le armi ma segue la strada dell’economia, della speculazione, della corruzione e così spingete i più deboli nella miseria. Voi fingete di aiutare, ma siete grandi sfruttatori del prossimo. Voi sembrate civili e onesti, noi primitivi e retrogradi, ma la perfidia è la vostra arma. Spesso sia tra di voi, sia nei nostri confronti con evidente razzismo, siete violenti e spesso ci schiavizzate. Dite di aver paura di noi, ma di fatto approfittate di noi in tutti i modi, lasciandoci sfruttare da quelli che chiamate i “caporali”.
Se la mia terra fosse veramente generosa non l’abbandonerei e non mi dedicherei all’accattonaggio che posso fare qui accanto ai carrelli, perché guai se vado a farlo ai semafori occupati di giorno dai rom, di sera dai pachistani coi fiori. Resto per le strade cercando di vendere abusivamente articoli non miei; so che non dovrei, ma come altrimenti sopravvivere?
Ma lo sapete come si vive nei nostri villaggi, sia in quelli collocati nel deserto che in quelli nella foresta? Ma lo sapete che i nostri neonati sono messi sulla nuda terra riempiendosi di dermatiti? Ma lo sapete che non hanno nemmeno la paglia della decantata mangiatoia? Ma lo sapete che le nostre donne devono avere figli senza essere amate? Che sono state infibulate da bambine? Lo sapete che ancora bimbo spesso vengo messo fuori casa? Che se voglio studiare devo mantenermi da solo? Che alla sera devo studiare alla luce dei lampioni, se ci sono? Perché sui barconi ci sono tanti minori da soli? Spesso vengono dagli orrendi campi rifugio di profughi: lordi accumuli di tende sgualcite e pareti di cartone. Ma lo sapete che ci vendono tonnellate di false medicine? Quelle vere hanno prezzi irraggiungibili, quelle altre sono inutili quando non uccidono.
Abbiamo parlato di villaggi: ma lo sapete come si vive nelle periferie delle nostre città? Ma lo sapete che le nostre donne africane sono le più sfortunate del mondo avendo solo la prospettiva di morire di fame o di Aids? Ma qui, se io volessi dedicarmi all’apparente facile delinquenza, non potrei seguire la magra (qui imperano i ricettatori) economia dei furti: solo quelli con la pelle bianca possono! Solo lo spaccio della droga potrei fare, ma troppo facile poi beccarmi: sono nero! Sono saltato dalla pentola africana (non dalla feconda terra Africana) nella brace dell’odio in Europa. E adesso? Perché nuovamente solo? Perché posso essere solo sfruttato e non aiutato a vivere onestamente nella vostra complicata società? Perché per secoli avete sfruttato la mia Africa e ora l’abbandonate ai cinesi?
Sto dicendo cose che tutti sanno, ma oggi la nostra umanità si trova ad affrontare un compito epocale. Da millenni si verificano migrazioni in terra europea e nel passato persone ispirate ed intelligenti hanno saputo risolvere problemi più difficili pur con minor possibilità di risorse. Perché viviamo tutto questo emotivamente e non ci sforziamo di essere più razionali e fiduciosi? Perché non sappiamo farlo anche oggi?
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