Una recente pubblicità annuncia che il 2020 sarà l’alba per una nuova tecnologia. Anche se le premesse non sembrano far ben sperare, per i ricorsi storici ci auguriamo altri Roaring Twenties. Ma furono davvero anni ruggenti i felices Aňos Veintes oppure années folles?
La storia qualcosa forse ci ha insegnato. Anche a cominciare proprio dal 1920. Se consultiamo le pagine dell’enciclopedia Labor del ragazzo italiano, edita dallo stabilimento Bolis di Bergamo nell’anno XVIII, cioè nel 1939, possiamo leggere una rubrica dal titolo “Rinascita fascista dell’ala italiana”. A pagina 161 si afferma: “Mentre l’aeronautica militare si smobilitava, Mussolini rendeva noto nello stesso anno il suo programma politico di ricostruzione dell’Aviazione. Per opera di alcuni privati aviatori e animosi industriali fu organizzata una crociera propagandistica da Roma a Tokio. In tal modo l’Italia inaugurava l’era dei grandi voli intercontinentali”.
Le pagine continuano raccontando l’impresa compiuta dal 14 febbraio al 31 maggio 1920 da Arturo Ferrarin, giustamente definito valoroso. Ricordare le 109 ore di volo effettivo del venticinquenne aviatore, nato a Thiene, in provincia di Vicenza, e sepolto nel cimitero di Induno Olona, merita qualcosa di più di un celebrativo omaggio. I festeggiamenti per il centenario del raid hanno avuto inizio a Roma il 9 dicembre dell’anno scorso con un convegno a cui è intervenuto anche Pier Ferdinando Casini. Stanno coinvolgendo Vicenza, come si legge sulle pagine dei giornali vicentini, nonché vari istituti scolastici italiani (e non solo aereonautici, come quello di Catania). Certamente importanti saranno le manifestazioni a Induno Olona, dove l’imponente cappella funeraria gli rende onore come gloria e potenza dell’ala tricolore. Ricordare – come si sa – è cosa buona o cattiva non tanto se si ricordano cose buone o cattive ma come si ricorda e – soprattutto – se lo scopo è di non far precipitare nell’oblio persone e accadimenti.
Ma Arturo Ferrarin fu gloria fascista o italiana? Conseguì il brevetto di volo a Cameri, nel 1916, combatté durante la prima guerra mondiale, distinguendosi e ottenendo una medaglia d’argento e due croci al valor militare. Grazie alla sua non comune abilità di pilota, partecipò a numerosi voli acrobatici anche a Parigi, dove venne a conoscenza della proposta fatta da Gabriele D’Annunzio per una eccezionale impresa aerea.
Il poeta abruzzese, dopo l’impresa di Fiume, non era ben tollerato da Mussolini ma da immaginifico pubblicitario ante litteram ipotizzò qualcosa che focalizzasse l’attenzione e desse gloria all’ Italia. Il fascismo colse – ben si può dire – al volo la proposta. Vi aderirono provetti piloti, tra cui Arturo Ferrarin, che fu l’unico a portare a termine la prima trasvolata dall’Italia al Giappone.
Per essere precisi è giusto ricordare anche il suo compagno di avventura, Guido Masiero, che atterrò a Tokio soltanto un’ora dopo. Il giovane Ferrarin, partito da Roma il giorno dopo il suo compleanno, pur con varie peripezie, giunse a Tokio in un radioso maggio. Fu un grande trionfo. Certamente il 1920, anno bisestile, non fu per lui un anno funesto. E neppure per Tokio, che, comunque sarà sconvolta – è giusto ricordarlo – tre anni dopo da un terribile terremoto con almeno centomila morti.
Questo per dimostrare l’inutilità di certi detti. Di contro conoscere e riconoscere l’importanza di quel viaggio, compiuto su un biplano Ansaldo S.A.V (la sigla ricorda le iniziale dei progettisti) e la storia umana del protagonista è un doveroso atto non solo di ammirazione ma di comprensione delle luci e delle ombre di un’epoca.
Arturo Ferrarin nel 1921 scrisse un libro intitolato Il mio volo Roma-Tokio, che vale la pena leggere. Significative sono le parole iniziali, dal sapore dannunziano: Dedico questo libro alla Vita, all’Amore, alla Morte, ed al mio motore, sempre ubriaco di benzina e di spazio che ha squarciati i Silenzi dell’Infinito coll’urlo rauco dei suoi 250 hp. Gli Hp, i mitici biplani, continuano a permettere anche a noi di fare un viaggio nella storia.
Una storia che va ben oltre la propaganda fascista (per dovere di cronaca l’impresa fu criticata da alcuni per i costi eccessivi) e che, piaccia o non piaccia, serve a capire il nostro presente. Basti pensare che tappe del volo furono Valona, in Albania, già occupata da truppe italiane, Almedia, provincia turca e numerose città asiatiche, alcune con la presenza di ribelli al dominio inglese. Ben vengano, dunque, nella provincia di Varese che secondo dati del 2018 ha il 96% della produzione aereospaziale della Lombardia le celebrazioni in onore di un indiscusso fuoriclasse dell’aviazione, se ricordare significa non perdere l’occasione di informare.
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