Caro direttore, ricevo settimanalmente la vostra rivista da diversi anni e, pur vivendo ora a Rimini, la leggo sempre volentieri. Ovviamente gli articoli più specificatamente dedicati alla realtà varesina mi sono poco congeniali ma questo non mi impedisce di apprezzare la qualità dei vostri interventi.
Vi scrivo a proposito dell’articolo di Dedo Rossi del 24 gennaio scorso dedicato alla situazione degli anziani ricoverati negli istituti. In particolare mi ha colpito la frase:
Ci si chiede se esiste un modo per andare oltre, per fare altro. È solo questo il modo per prendersi cura dei nostri “vecchi”, di quelli seguiti da parenti e anche di quelli che sono stati dimenticati qui in attesa?
E’ una domanda che mi faccio spesso io che ho 73 anni, sposato ma senza figli e questo mi stimola ad interessarmi a forme alternative per affrontare la stagione della vecchiaia che diventa sempre più lunga ma spesso anche più sofferente.
Le alternative agli istituti (di cui l’articolo in questione dà una immagine purtroppo realistica) e alle badanti (soluzione in gran voga ma con notevoli problematiche) sembrano poche e di difficile attuazione (come il co-housing che teoricamente potrebbe dare una prospettiva diversa almeno ad alcuni). Quello che più sconcerta è la assoluta mancanza di presa di posizione da parte delle istituzioni e purtroppo anche delle realtà associative che, se è vero che si danno da fare in questo settore, è anche vero che non hanno la costanza di cercare di affrontare strutturalmente il problema.
Mi scuso per essermi dilungato ma credo che sarebbe positivo e stimolante che si ponesse in prima fila il problema dell’invecchiamento.
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