La campagna elettorale in Emilia Romagna è stata la peggiore che si sia mai vista per snaturamento della posta in gioco. C’è da augurarsi che il risultato serva per non avere più simili scenari. È probabile che ciò accada perché l’aveva voluta così Salvini che forse già se ne è pentito anche se non lo ammetterà mai. Di fatto ha allungato la vita a un governo traballante.
Molti giornalisti giocano sulla domanda se abbia vinto il centrosinistra o se abbia perso Salvini. Ha vinto in realtà il buon governo di Bonaccini e del centrosinistra aiutati dalla freschezza e dall’entusiasmo delle Sardine, su cui bisognerebbe riflettere lasciando perdere enfasi e pregiudizi.
Sono per il totale rispetto del voto territoriale senza appesantirlo di responsabilità improprie per ragioni sia istituzionali che pratiche. Faccio un esempio che però vale dovunque. Un elettore di centrosinistra che avesse voluto cambiare l’amministrazione regionale sarebbe stato scoraggiato perché era diventato un voto tutto e solo politico.
Eppure il cambio di guida nelle Regioni e nelle grandi città può essere salutare perfino per il partito e la coalizione che vengono sconfitti come era già avvenuto proprio a Bologna con la vittoria nel 1999 del sindaco Guazzaloca tutt’altro che di sinistra.
In termini generali, e uscendo dal caso in questione, le incrostazioni viziose e il peso soverchiante dei circoli degli “amici interessati”, a volte necessitano di cambiamenti radicali. Penso, ad esempio alla Lombardia che con una eccessiva continuità politica ha via via perso efficacia e incamerato un pericoloso, sfibrante e fuorviante colesterolo di potere rispetto al primo e al secondo mandato Formigoni.
Molti sono gli insegnamenti su cui riflettere. Solo qualche cenno. Il centrosinistra intorno a Bonaccini era il più largo possibile ed è risultato un fattore determinante. La presenza dei leader nazionali va bene se non diventa invasione di campo. Le scelte più importanti devono essere fatte sul posto. Le preferenze personali servono perché agganciano gli eletti al territorio.
Il dato più drammatico riguarda la crisi senza fine dei Cinquestelle, perfino in Calabria dove due anni fa avevano il 44%, e ciò rischia di essere piombo nelle ali del Conte Due. Servirebbe per loro un recupero di credibilità e di forza ma non credo possa avvenire senza l’abbandono del mantra “né destra né sinistra” ormai consunto e fuori dal tempo. Lo schema tripolare è defunto. Devono prenderne atto subito oppure sono condannati all’irrilevanza o quasi.
Il successo del bipolarismo è certamente dovuto soprattutto al sistema elettorale tranchant in vigore nelle Regioni dove vince il candidato che prende un voto in più. Ma la ricomposizione del quadro politico nei termini dei due poli è rintracciabile in molti altri segni ed eventi in tutto il mondo democratico occidentale.
Il probabile ritorno al proporzionale altererà questo schema ma non di molto, sperabilmente. Non è che non vi sia spazio culturale e programmatico al centro dello schieramento purché chi lo occupi chiarisca il futuro orientamento sul governo. Stiano attenti i furbi che volessero tenere il piede in due scarpe. Come si dice? Anche le volpi finiscono in pellicceria.
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