La Sezione ANA di Varese organizza nel tardo pomeriggio del 26 gennaio, una ‘fiaccolata- pellegrinaggio’ lungo la strada delle cappelle del Sacro Monte che si concluderà nel Santuario con la celebrazione della Santa Messa di suffragio per tutti i caduti e i dispersi in Russia.
Tanti sono i pellegrinaggi organizzati nel corso dell’anno dalle autorità religiose -giova ricordare che, al compimento della salita, viene concessa ai pellegrini l’indulgenza plenaria – e da tre anni a questa parte ci sono anche fiaccolate organizzate per Capodanno dalle istituzioni comunali.
Ma la fiaccolata del 26 gennaio è diversa da tutte: più che una fiaccolata è un lungo-mesto-canto-funebre che rievoca l’estenuante – ritirata – pellegrinaggio di tanti soldati italiani nella pianura del Don.
La data è iconica per gli Alpini: evoca una vicenda di sofferenza e insieme di eroismo durante la campagna di Russia che vide protagonisti migliaia di Italiani tra alpini, fanti e carabinieri, stremati dal freddo nella pianura del Don coperta di neve che fu per molti di loro una ‘tomba immacolata’, mandati allo sbaraglio nella spericolata e folle impresa di andare a combattere con scarsi mezzi logistici e scarso equipaggiamento; accerchiati e soverchiati da un nemico numeroso ben armato che si muoveva agilmente nel suo territorio, diversamente dalle Penne nere che, addestrate per affrontare le montagne, erano state destinate alla pianura dagli ‘alti comandi’ che improvvidamente avevano mutato la loro destinazione, il Caucaso consona al DNA alpino.
Il 12 gennaio 1943 dopo l’offensiva di Ostrogožsk-Rossoš crollò il fronte del Don e gli Italiani furono costretti a ripiegare ma sulla via della ritirata furono accerchiati e bloccati in una sacca, a Nikolajewka: uscirne significava riprendere la marcia verso l’Italia.
Così si combatté per tre giorni a 40 gradi sotto zero, e le truppe della 2° divisione Tridentina degli Alpini con coraggio, abnegazione e spirito di sacrificio, guidati dall’esempio del generale Luigi Reverberi, si imposero riuscendo ad aprire il varco attraverso il quale far passare soldati superstiti feriti barelle e muli per procedere nel ripiegamento.
Nikolajewka fu ‘disperazione sacrificio vittoria’. Fu l’ultima battaglia sul fronte orientale, la battaglia della salvezza.
La data viene ricordata dai superstiti con commemorazioni sobrie e solenni al tempo stesso, perché il sacrificio di 40 mila italiani, ragazzi giovani uomini che mai sarebbero partiti ‘per andare in guerra’ lasciando mogli figli madri fidanzate se non per lo spirito di obbedienza e per il senso del dovere che li contraddistingueva, non venga dimenticato, perché sia un monito a tutti e soprattutto alle nuove generazioni a ‘non dimenticare’, a rifuggire la violenza e la guerra, a perseguire la pace.
E quest’anno il Gruppo ANA di Varese aggiunge un nuovo motivo di riflessione alla tradizionale salita al Sacro Monte: per consegnare alla memoria quei tragici momenti di coraggio e abnegazione il prossimo 23 febbraio verrà intitolata una via a Nelson Cenci e sarà anche un omaggio a tutti i Caduti italiani in Russia.
Infatti tra le ‘penne nere’ che negli anni passati sono salite al Santuario c’era proprio Nelson Cenci, stimato otorinolaringoiatra primario presso l’Ospedale di Circolo della nostra città, alpino, reduce di Nikolajewka.
Un colpo di granata gli aveva spezzato le gambe mentre guidava i suoi all’assalto, condannandolo a morte per assideramento; era sopravvissuto grazie alla dedizione fraterna del soldato Lancini, ‘conduttore di muli’ che lo aveva ‘trascinato’ in slitta verso la salvezza, accudendolo mentre era in stato comatoso per la febbre. Era stata la dura esperienza a indirizzarlo verso la professione di medico, per ‘aiutare gli altri, come lui era stato aiutato’. La guerra gli aveva insegnato, attraverso la sofferenza e il dolore, il valore della vita, dell’amicizia, della solidarietà.
‘L’esperienza della ritirata di Russia non la dimenticherò mai. Ancora oggi, quando ci penso la notte, non riesco a dormire. Dio mi ha sempre accompagnato …’ …‘Se devo lasciare un messaggio ai giovani, è questo: la guerra non è eroismo. La guerra è solo ingiustizia e sofferenza’.
È il ricordo struggente di quanti ‘rimasero indietro’ nella neve sepolti o dispersi o fatti prigionieri, sono i compagni perduti che ‘..mi hanno impedito di dimenticare, mi hanno obbligato con l’animo gonfio di dolore a raccontare le vicissitudini del mio reparto attraverso la pianura russa, le tragiche tappe, i drammatici destini e il ritorno ‘a baita’ per pochi.
Così decide di diventare anche scrittore e pubblica ‘Ritorno’ nel 1981, una riflessione sulla guerra che espone i fatti storici nella loro crudezza attraverso gli stati d’animo sia di chi era direttamente coinvolto nelle vicende belliche sia di chi era rimasto a casa ‘in attesa’ del ritorno di chi era partito per il fronte.
‘Ritorno’ si affianca idealmente ad altri noti libri quali ‘Il cavallo rosso’ di Eugenio Corti, ‘Il sergente nella neve’ di Mario Rigoni Stern che fu commilitone di Cenci, ‘Centomila gavette di ghiaccio ’ di Giulio Bedeschi, libri che narrano la storia di migliaia di Italiani proiettati nella campagna ucraina, stretti da un freddo impossibile a -40°, stremati nella lunga marcia di ritorno, nei 700 km percorsi a piedi, senza ciaspole, con scarponi di cartone, ‘venduti’ all’esercito da disonesti calzaturieri per le nostre truppe.
Nelson Cenci ha creduto per tutta la vita in quei valori alpini che, una volta tornato dal fronte russo, ha voluto trasmettere a tutti, specialmente alle giovani generazioni: la comprensione per la sofferenza e il dolore, la tutela della vita, il rifiuto della violenza, della guerra e della morte, il valore dell’amicizia, della solidarietà, della fratellanza tra i popoli, attraverso le immagini e le memorie di un uomo, di un medico, di un alpino combattente, ‘perché i giovani di oggi conoscano il passato e quelli di ieri perché non lo dimentichino’.
Così il 23 febbraio una strada, per l’esattezza la via che da via Carnia porta al parcheggio dei dipendenti dell’Ospedale di Circolo, ancora priva di intitolazione, verrà dedicata all’Alpino Cenci a ricordo del coraggio, dell’eroismo, dell’abnegazione suoi e di tutti gli alpini con
‘…le mani gonfie di gelo,
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