Dopo innumerevoli annunci, colpi di scena e ripetuti rinvii forse è la volta buona. Il cantiere delle grandi opere varesine si è, finalmente, messo in moto suscitando – tra i mai contenti – un coro di proteste per i “disagi” conseguenti. C’è da chiedersi se chi si lamenta, o chi gli dà risalto sui mezzi di informazione, ha mai fatto qualche lavoro anche in casa senza provocare disagi.
Ciò che conta però è l’avvio dei lavori. Semmai, è sulla loro utilità e qualità che si dovrebbe continuare a discutere, anche perché non mancano le incertezze sulle risorse finanziarie come sui tempi e modi di realizzazione. Per buona parte dei lavori programmati non è difficile prevedere che la loro “visibilità” sarà successiva al termine del quinquennio amministrativo guidato da Davide Galimberti. Manca infatti poco più di un anno alle elezioni e troppi sono i ritardi accumulati per la complessità delle opere, ma anche per visioni e divisioni interne alla maggioranza. Sul fronte dell’opposizione invece prevale il silenzio, a volte interrotto da qualche incomprensibile balbettio o tardiva resipiscenza (vedi critiche della Lega sui “costi” previsti per l’ex-caserma Garibaldi). Imbarazzo più che comprensibile se si pensa al lungo ventennio di governo cittadino in cui certamente non si è brillato per migliori capacità decisionali e operative. Anzi è proprio grazie a tale incapacità politica se i varesini, a loro insaputa, si ritrovano oggi con un immobile costato finora oltre 8 milioni e mai utilizzato.
Il primo cantiere avviato riguarda l’area delle stazioni. Si tratta della trasformazione urbanistica di una parte limitata del più vasto progetto, in discussione da decenni, che avrebbe dovuto portare alla unificazione delle due stazioni e alla riqualificazione di tutte le aree circostanti. L’intervento ridisegna le attuali aree razionalizzando la viabilità, mettendo in sicurezza gli attraversamenti pedonali, abbattendo alcuni edifici degradati, migliorando l’aspetto estetico e ambientale con la piantumazione di circa 200 magnolie. Successivamente dovrebbero partire i lavori finalizzati a “ricongiungere” Giubiano con il centro cittadino.
Più complicato invece l’intervento sul comparto di Piazza Repubblica e in particolare sulla ex-caserma. Ho già avuto modo di raccontare in sei puntate su questo giornale, l’incredibile telenovela iniziata nel lontano 1987 (primo articolo http://www.rmfonline.it/?p=31846 ).
Siamo nel 2020 e, se non ci saranno altri intoppi, i lavori dovrebbero iniziare tra qualche mese mentre, per usufruire della nuova struttura, dovremo aspettare ancora qualche anno. Accantonate le devastanti soluzioni prefigurate nel PGT e nel Masterplan dell’era leghista, l’intervento si propone di riqualificare l’ex caserma trasformandola in un vero e proprio centro culturale. Qui verrà trasferita la Biblioteca Civica, la Biblioteca per ragazzi, ora in Via Cairoli, i fondi archivisti di architetti, ingegneri e artisti italiani oggi conservati nelle sedi ticinesi della fondazione Archivio del Moderno. Sono inoltre previsti ampi spazi di incontro e di studio, spazi espositivi, aule multimediali e altre il cui uso sarà stabilito d’intesa con l’Università dell’Insubria. Peccato che, a quanto pare, si sia definitivamente rinunciato al trasferimento della Polizia Locale che in posizione centrale avrebbe potuto svolgere meglio i propri compiti, liberando gli spazi attuali a favore dell’altro progetto dimenticato: la riqualificazione del carcere cittadino.
Il recupero della ex-caserma comporta costi per circa 20 milioni di euro, ma ne vale la pena se vogliamo qualificare davvero l’immagine di Varese. Da questo punto di vista ed anche per l’impatto viabilistico oltre che estetico, considero sbagliata la scelta di trasferire il mercato da Piazzale Kennedy a Piazza Repubblica.
Il progetto di un nuovo Teatro (di cui molto si è discusso più del contenitore che dei contenuti) è stato definitivamente accantonato, ripiegando sul recupero del Politeama. Ancora però non sono chiari tempi, risorse e qualità della scelta. A questo proposito va ricordato che nel PGT e nel Masterplan del comparto, approvati nel 2014 e, successivamente, nei documenti del Bando internazionale indetto nel 2015, il centrodestra a trazione leghista aveva sottovalutato enormemente i costi dell’operazione. Negli stessi atti si prevedeva di “infilare” il nuovo teatro nella Caserma così da consentire una enorme colata di cemento che avrebbe riempito tutta l’area compresa tra l’attuale teatro tenda e la collina del Collegio Sant’Ambrogio. Un nuovo scempio urbanistico è stato evitato, ma non i costi di tanta improvvisazione e negligenza
C’è da augurarsi che i lavori avviati procedano senza altri inciampi o ripensamenti, chiudendo così definitivamente alcuni capitoli di una vicenda amministrativa non certo esemplare.
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