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Spettacoli

SANREMO SEVENTY

MANIGLIO BOTTI - 17/01/2020

amadeusDiciamo qualcosa di questa settantesima edizione del Festival di Sanremo, che si svolgerà più o meno fra tre settimane – da martedì 4 a sabato 8 febbraio – al Teatro Ariston, la sua sede abituale com’è ormai da una quarantina d’anni, dopo che la grande epoca storica s’era iniziata nel salone delle feste del Casinò.

Settanta edizioni vuole dire anche – sempre più o meno – l’età di chi scrive, ovvero una generazione, la generazione dell’Italia del dopoguerra, dagli anni del boom passando attraverso l’Italia democristiana e socialista, l’Italia degli anni di piombo, l’Italia di Berlusconi fino a oggi tra il Conte I e il Conte II: in ogni caso un’Italia in cerca di una sua identità che non fosse soltanto distraente e canzonettistica ma coinvolgente e solidale. Mettiamoci un pizzico di ottimistica filosofia. Perché il Festival di Sanremo, nel bene e nel male (diciamo nel bene, in quanto a male oggi c’è solo il problema della scelta da tutt’altra parte), ha rappresentato anche un momento di aggregazione nazionale. Provvisorio di sicuro, e forse anche felice.

A dirigere l’edizione festivaliera dei settant’anni sarà Amadeus: al secolo Amedeo Umberto Rita Sebastiani, ravennate cinquantasettenne, uno dei più noti e al momento impegnati performer della Rai. Un uomo tuttofare, competente in campo musicale, mai esondante, corretto e al suo posto. Amadeus ha sempre lavorato un po’ a latere del grande circo Barnum canzonettistico, ma – una volta chiamato in causa – ha dimostrato subito sagacia e competenza, più e meglio, probabilmente, di Carlo Conti, che l’aveva preceduto qualche anno fa un po’ sulla stessa scia di mamma Rai presa a mobilitare figli e figliocci.

Non si può ora fare la Cassandra, dire che tutto andrà male e preannunciare che il Sanremo Settanta sarà inferiore agli ascolti registrati, per esempio, da presentatori e organizzatori ultimi e recenti quali Gianni Morandi o Claudio Baglioni. Ma dato che sarà impossibile rievocare i fasti oceanici di un Pippo Baudo o di un Mike Bongiorno (si dovrebbe risalire nel Pleistocene della canzonetta e della tv), Amadeus s’è adeguatamente attrezzato.

Le dinamiche della manifestazione sono nuove e… antiche. Ci saranno le nuove proposte (tra cui i giovani usciti dai talent televisivi), c’è un parterre di big ben misurato. I nomi sono stati centellinati, anche a giornalisti amici, nel corso dei primi giorni dell’anno, fino alla nota “ufficiale” diramata la sera dell’Epifania. L’elenco è onnicomprensivo. Ci ha marciato, Amadeus, tra esordienti e no. Vediamo (rivediamo) Michele Zarrillo, Marco Masini, Tosca, e poi ecco Morgan, Gabbani, Piero Pelù, Achille Lauro… I Pinguini Tattici nucleari.

Amadeus non ha richiamato sul palco dell’Ariston gli pterodattili della canzonetta, come avrebbe potuto far presagire la serata televisiva di San Silvestro a Potenza. Ma c’è stato per esempio il colpo di teatro di Rita Pavone (74 anni) e anche, da subito, la polemica sulla partecipazione tra gli ospiti – censurata e riammessa come in una sorta di Grande Fratello nazionale – della giornalista Rula Jebreal, invitata a declamare un monologo sui diritti delle donne. Tipicamente sanremese. Cosa un po’ mediaticamente monotona.

Poi è tutto un divenire. Ed è d’uso, mentre ancora non è andata in archivio la serie di Sanremo Settanta, pensare già a quella che sarà Sanremo Settantuno: se si rivedrà lo stakanovista Amadeus, se la Rai – per esempio – penserà a lanciare i due “ragazzi” Luca Bizzarri e Paolo Kessisoglu (liguri per altro), se – infine – non chiamerà trionfalmente in causa un atteso (da anni) Fiorello.

Per intanto si riapre questa parentesi, questa “grande evasione”, come ebbe a chiamarla un illustre studioso di canzonette. Al solito tutti dicono di snobbarla ma poi rieccola pimpante con settant’anni sulla carta d’identità. E non è poco.

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