Diverso il clima che si respira oggi nel ventesimo anniversario della morte di Bettino Craxi rispetto a dieci anni fa. Sta maturando una più consapevole critica di quel tempo. Sia chiaro, i tribunali hanno già detto parole chiare e definitive sui comportamenti illeciti e irregolari e su questo è inutile ritornare.
“Un uomo tutto politico”, afferma la figlia Stefania. La quale ricorda che per averlo piacevolmente a tavola era necessario che si accettasse la presenza della sorella-politica. Erano i tempi in cui molti crescevano a pane e politica e lui rendeva questa immagine nel modo più estremo.
Ha fatto una lunghissima gavetta, ha percorso tutti i gradini della politica, uno dopo l’altro dal più umile fino al vertice del Psi e del governo. Ad un certo punto si è nutrito e gonfiato di potere fino a farne un’indigestione ed è stato l’inizio della fine.
Per avere la misura della sua figura e della sua opera bisogna allargare il campo dell’analisi e della riflessione. Voleva un socialismo democratico distinto e distante dal marxismo e dal leninismo; dava onore ed ospitalità ai dissidenti dell’Est sovietico; Intuiva l’importanza di una dimensione europea delle forze politiche ed era compagno di viaggio del tedesco Willy Brandt, del francese Francois Mitterand, del portoghese Mario Soares, dello spagnolo Felipe Gonzales.
A mio modesto avviso, non dimenticherei la grande riforma istituzionale proposta al congresso di Rimini del 1982: fine del bicameralismo perfetto, stabilità dell’Esecutivo, elezione diretta del Presidente della Repubblica. Non tutto era accettabile, certamente, ma l’errore di gran parte della Dc e del Pci è stato di cestinarla al completo.
Rilevanti le sue battaglie per la riduzione di tre punti della scala mobile contro il parere del Pci e della Cgil; per la dignità internazionale dell’Italia simbolizzata dallo scontro con gli americani sul caso Sigonella; per il nuovo Concordato Stato-Chiesa.
Non è merito soltanto suo, ma i suoi anni a Palazzo Chigi sono stati un successo di prestigio sotto il profilo economico e internazionale. L’aumento vertiginoso del debito pubblico nel decennio 1980-1990 non è addebitabile solo a lui ma anche al consociativismo imperante.
Detto questo, sono principalmente due (oltre al grande e drammatico problema etico che ho già ricordato), i rilevanti difetti che si intravedono nella sua leadership. Il primo fa riferimento al dominio assoluto imposto al Psi. Chi non era al suo fianco era considerato un avversario da combattere (perfino Claudio Martelli negli ultimissimi tempi): una deriva pericolosa per tutti i leader che non vogliono correnti tranne la propria.
Il secondo è non aver visto che la caduta del muro di Berlino il 9 novembre 1989 aveva cambiato il mondo e anche nel Pci, che fra l’altro non era mai stato di stretta obbedienza sovietica, stava maturando una forte apertura verso l’Europa del socialismo democratico.
A quel punto Craxi, invece di giocare la carta del rinnovamento del sistema italiano accogliendo il nuovo fervore politico della società, è stato il conservatore più coriaceo insieme ad importanti porzioni della Dc. La difesa del Palazzo con tutti i suoi vizi etici e partitocratici lo ha travolto diventando il capro espiatorio.
Solo la saggezza storica potrà liberarci dai molti pregiudizi della controversia politica ancora accesa e, per molti aspetti, accecante.
***
Nella foto: un momento delle riprese del film “Hammamet” di Gianni Amelio
You must be logged in to post a comment Login