La mostra dedicata a Renato Guttuso a Varese ha sicuramente rappresentato un evento per la cultura varesina del 2019. Alcuni avranno l’ingrato compito ragionieristico di segnalare il numero dei visitatori e dei biglietti venduti, ma molti dovranno riconoscere che l’esposizione delle opere del pittore siciliano, che amò la luce e la tranquillità rasserenante di Velate, è stata occasione di un più ampio respiro culturale. Ne sono un esempio le conferenze che hanno integrato e animato la rassegna pittorica. Ricordiamone almeno due: una dedicata al collezionismo e al mecenatismo, di cui Francesco Pellin, brillante imprenditore e appassionato collezionista, nonché amico di Guttuso, è stato significativo testimone, l’altra, in cui è stata illustrata l’amicizia tra Elio Vittorini e il pittore. Relazione tra due importanti rappresentanti della cultura del Novecento italiano costruita attraverso il rispetto reciproco e la stima, capace di far accettare le differenze reciproche. A ben guardare due intellettuali non ancora completamente purificati da gabbie ideologiche. Elio Vittorini definì Guttuso affabile, degno di profonda amicizia, il pittore di Bagheria,che cercò di capire, senza rinunciare a momenti polemici, la ricerca intellettuale di Vittorini.A lui dedicò almeno due ritratti, ne illustrò Conversazioni in Sicilia ed è presente in altre opere pittoriche, come Spes contra Spem. La conferenza di villa Mirabello del 20 dicembre sulla storia di questa amicizia, fatta anche di incontri a Varese, che entrambi per amore conobbero e apprezzarono, è stato non solo un omaggio ai due artisti ma uno stimolo a capire, o meglio a indagare, attraverso loro sul significato di un’amicizia culturale e su anni fondamentali per la cultura italiana. Serena Contini, colta curatrice della mostra, il nipote di Elio Vittorini e il dinamico Luca Traini, che ama definirsi anche prosattore, hanno fornito le tessere importanti (la prigionia di Vittorini ai Miogni dopo aver superato la sua iniziale adesione al fascismo, la scelta di Guttuso di passare le estati nella villa ereditata dalla moglie a Velate, il loro essere legati in modo diverso alla Sicilia, il loro non scontato impegno politico e culturale) di un mosaico che deve essere ancora composto non solo per una orgogliosa varesinità, cioè di una città che ospitò figure importanti della cultura italiana ma per la comprensione di anni importanti per la nostra storia. Ricostruire le tappe dell’amicizia tra Guttuso e Vittorini significa non solo immaginarli a discutere, avvolti dal fumo delle loro sigarette, ma far emergere il valore di una amicizia basata – come deve essere – sul confronto delle idee. Si può recuperare grazie a loro il dibattito che caratterizzò il dopoguerra circa il rapporto tra cultura e politica e che dovrebbe farci scuoterci anche oggi dal grigiore della vita culturale odierna. Oppure farci ammettere che oggi gli intellettuali non possono più avere la stessa funzione di provocatori delle coscienze. In un bel libro di Alfio Caruso dal titolo I Siciliani e che per una non strana coincidenza ha in copertina proprio il quadro Spes contra spem si può leggere un interessante ritratto di Vittorini. L’autore afferma che al siracusano spetta la fama per lo svecchiamento che seppe imporre alle lettere nazionali e per l’indipendenza dimostrata nei confronti di Togliatti. E proprio intorno alla figura del leader comunista che trasformò il partito in partito di massa si può capire le domande che agitarono sia Vittorini sia Guttuso. Quest’ultimo solo nel 1972 dipinse il gigantesco affresco dedicato ai funerali di Togliatti. Non fu un caso se la sua riflessione pittorica fu un messaggio politico dopo otto anni dalla morte della guida storica del PCI. Vittorini, che si era scontrato culturalmente sulle pagine del Politecnico con Togliatti, era morto nel 1966. Quel dinamismo culturale che aveva caratterizzato gli anni del dopo guerra si stava spegnendo o insabbiando in una cultura diversa. Noi a distanza di anni abbiamo capito che le accuse rivolte allo scrittore siciliano di presunto populismo o di scarsa saldezza ideologica sono un falso problema. Gli riconosciamo invece quello che, in modo quasi profetico, scrisse nella Prefazione de Il garofano rosso: c’è una questione di vita o di morte nel nostro mestiere(quello di scrivere). Si tratta di non lasciare che la verità appaia morta. Guttuso avrà pensato a questo dipingendo il quadro Spes contro spem con una bambina, unica figura in movimento, che corre verso la vita con in mano un garofono rosso? Forse. Perchè a noi piace pensare che anche per l’amicizia tra Vittorini e Guttuso valga il pensiero di Aristotele, cioè vedere in un amico un altro sé stesso.
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