Uno spettro si aggira per l’Europa: lo spettro del sovranismo. Sergio Romano avrebbe potuto cominciare così – parafrasando l’incipit famoso del Manifesto del partito comunista di Marx e Engels, di oltre un secolo e mezzo fa – il suo saggio politico più recente: l’Epidemia sovranista, pubblicatogli da Longanesi.
Ma – e Romano lo spiega subito nella premessa di una decina di righe al volumetto – “Il sovranismo non ha una data di fondazione, un padre fondatore e un manifesto. È un fenomeno diffuso che ha avuto grande fortuna negli ultimi anni e ha caratteristiche diverse da un Paese all’altro”.
Lo “spettro”, dunque, se mai si potesse configurare come tale, si presenta diverso e sfaccettato, in Europa e non solo, differenziandosi (in parte) dai nazionalismi, consolidandosi e prendendo forma attraverso la fine delle ideologie, la globalizzazione, le crisi economiche e finanziarie, le migrazioni, che sono poi i titoli di altrettanti paragrafi del libro del prolificissimo e attento analista italiano, storico, ex ambasciatore, giornalista e editorialista, il quale ormai benché abbia superato i novant’anni di età interviene sempre con grande lucidità e attenzione, forte dell’esperienza acquisita, spaziando nei meandri delle condizioni politiche, vecchie e nuove, emergenti o collegate al passato.
È dunque proprio attraverso nuovi approfondimenti e richiami – sono temi di cui Sergio Romano ha parlato spesso nei suoi ultimi saggi – che si vanno delineando i “sovranismi” di oggi, che tanto fanno presa sull’opinione pubblica. Senza dubbio uno di questi è il problema delle migrazioni, si diceva, che l’autore sintetizza in più titoli: “La crisi europea. I migranti: da ricchezza a minaccia”, “Il multiculturalismo”, “Un problema mediterraneo”, “Dall’integrazione all’espulsione”…
A ciò si aggiungano, e Romano non manca di ricordarlo, le rivolte arabe, i fondamentalismi dell’islamismo, i nuovi razzismi e così via. Ce n’è per tutti. In questo crogiolo i “sovranismi” che si presentano non sono dappertutto uguali… Pensiamo a Trump o a Putin, ma anche – per restare vicini a noi – a Marine Le Pen, alla politica non sempre “solidaristica” dei tedeschi e della Merkel, alla Brexit. Alla “nostra” Lega e alla nuova destra salviniana. E alle politiche dei Paesi del gruppo di Visegràd, ex-Europa dell’Est, accolti nell’Europa occidentale probabilmente con troppa disinvoltura. Al che, tra le varie posizioni, si possono rilevare similitudini ma pure diversità profonde.
Quella di Sergio Romano è un’analisi. Uno “studio dei fatti”. Dà anche qualche indicazione interessante e accettabile. “Ci resta tuttavia l’Unione Europea” – scrive infine –. I casi in cui ha deluso le nostre aspettative sono numerosi e in alcune circostanze sembra essere invecchiata ancora prima di diventare adulta. Ma è la sola prospettiva politica e istituzionale che ci rimane per cercare di conservare un po’ di ordine in un mondo in cui le superpotenze stanno distrattamente scivolando verso nuove guerre…”.
Non sono prospettive liete, ma – davvero – bisognerebbe cominciare a darsi da fare. E i segnali purtroppo non sono buoni.
You must be logged in to post a comment Login