-Caro Mauro, quella volta che…
“Caro Massimo, quella volta, la prima di molte succedutesi in seguito, che pensai quanto fosse cambiata la classe politica varesina”.
-In meglio o in peggio?
“In peggio”.
-Spieghiamo…
“Ricorro a un esempio, per chiarirci. Capitava allora che un grande medico, dimostrate a lungo le sue qualità professionali, si mettesse a disposizione dell’amministrazione pubblica. E la servisse. Capitò poi che un medico, chissà se già potenzialmente grande, si mettesse in politica per fare carriera, talvolta riuscendovi. L’esatto opposto dei decenni precedenti”.
-Facciamo qualche nome, non solo di medici?
“Cominciamo dai medici. Un uomo, una superstoria: Emilio Giudici. Esagero? No. Fu lui a importare la ginecologia a Varese. Poi presiedette l’Ente provinciale per il turismo a lungo, dalla seconda metà degli anni Cinquanta all’inizio dei Settanta. Anni formidabili: rassegne internazionali d’ogni tipo, del cinema innanzitutto. Fece anche il sindaco di Viggiù. Raccontava spesso agli amici un fatterello curioso: sui volti d’alcuni suoi concittadini si leggevano tratti somatici mongoli, riferibili all’epoca ottocentesca. Quando militari di quella provenienza orientale, arruolati nell’esercito dell’Impero Austro Ungarico, erano passati di lì. Lasciando traccia di sé”.
-Citiamo un altro medico?
“Doverosa menzione per Ambrogio Tenconi, pediatra. Ricco di pragmatismo e intuito. L’Azienda Autonoma di Soggiorno ne beneficiò, quando lui la presiedette. Gli dobbiamo la costruzione del palaghiaccio di via Albani. Tenconi maturò l’idea in occasione delle Olimpiadi invernali di Grenoble del ’68. Una delegazione andò là, vide l’impianto realizzato dai francesi, suggerì d’importare il modello. E si pianificò l’opera, affiancandole una piscina. Il tutto su progetto coordinato dall’ingegner Giuseppe Ambrosetti”.
-Medici a parte…
“Medici a parte, vale ricordare un eccezionale avvocato, Aldo Lozito. Commissario del Comune dopo la guerra, poi consigliere in quota socialista, uomo di sapere e di classe. Anche d’eleganza comportamentale. Con il vezzo singolare di salutare chiunque incontrasse dicendogli: ‘Addio, caro!’. Cenno amichevole che lo metteva al riparo da eventuali dimenticanze sull’identità di chi gli si parava di fronte”.
-Lozito appartenne a una stagione di Palazzo Estense irripetibile?
“Credo proprio di sì. Fu la stagione di personalità come Luigi Bombaglio e Ambrogio Vaghi: ranghi politici fieramente avversi, missino il primo e comunista il secondo, ma che condivisione di qualità. Oltre a loro, numerosi altri. Pescando dal mazzo qualche jolly: i sindaci Oldrini e Ossola, un avvocato e un medico, toh. Più avanti nelle legislature Bepi Bortoluzzi, notaio. Eccetera ecceterorum: non è il caso di perdersi in elenchi”.
-Di perdersi nella nostalgia, sì…
“Stemperata però dall’orgoglio vincente d’aver partecipato a un simile congresso d’eccellenze”.
-Solo capacità o anche fortuna?
“Il talento deve sempre incrociare l’opportunità. Ma l’opportunità senza un talento che la incroci, serve a zero”.
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