Nella vita di ognuno ci sono momenti difficili, momenti in cui l’identità è messa a dura prova, ma è proprio nel momento della verità che s’impara a conoscere sé stessi, i propri limiti, l’incapacità di essere quello che si vorrebbe essere. Forse per la prima volta si comprende la bellezza di quello che si porta dentro, fragilità compresa.
Il pessimismo e l’ottimismo sono facce della stessa medaglia, modi di essere di fronte al mondo, stati che generano pensiero, conoscenza, cultura, passione, fatica, impegno, lavoro. Non esiste un pessimismo che non generi ottimismo, non esiste negazione assoluta, passività assoluta, esistono modi diversi di affrontare i problemi, di fornire risposte, stati d’animo alternativi, capacità individuali di elaborare e rielaborare.
La vita è grande anche per questo, perché si lascia cogliere nelle sue contraddizioni, nelle sue bellezze e nei suoi drammi, nelle sue gioie e nelle sue sofferenze. Siamo parte di un tutto che si armonizza a volte con difficoltà e che tende inesorabilmente a una convergenza.
Siamo alla ricerca di una compattezza che difficilmente incontriamo, vorremmo infatti che tutto filasse via liscio, che non ci fosse il male, che gli uomini vivessero in pace, vorremmo incontrare il benessere, vorremmo insomma che la nostra vita fosse la più lineare possibile, all’insegna di sorrisi e gratificazioni, ma siamo spesso costretti a rimettere in equilibrio un eccesso di presunzione, certi che occorra lottare per vivere con dignità il nostro tempo.
È nell’inadeguatezza che incontriamo la nostra forza, quella che consente di riemergere ogni volta, salutando con gioia una rinascita. Non c’è mai nulla di scontato. C’è sempre qualcosa da fare per ricostruire un ordine. Il pessimismo è una forma di schiavitù fisica e morale che impedisce di incontrare quella parte che aiuta a capire il senso vero e profondo della vita. L’ottimismo è utile a noi, ma anche alle persone che osservano, sperando di trovare conforto nell’esempio che hanno di fronte.
Quando il pessimismo supera l’ottimismo c’è il rischio di una caduta dalla quale diventa difficile rialzarsi senza dover pagare uno scotto. A chi tocca mediare? La cultura fornisce gli strumenti umani, quelli che se ben usati aprono le porte di una conoscenza che cambia radicalmente il senso della vita, ma le vie possono anche essere altre, come la fede ad esempio, la certezza di poter contare su qualcosa che non possiamo toccare con mano, ma che alimenta quella inalterata dialettica dell’amore che si fa sentire con più forza proprio quando la presunzione del benessere crede di aver conquistato il mondo
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