John Stuart Mill (1806-1873) filosofo ed economista, nonché uomo politico, compie studi scientifici in Francia, giuridici in Inghilterra. A 16 anni si arruola nella Compagnia delle Indie, in cui trascorre gran parte della sua vita. È membro della Camera dei Comuni dal 1865 al 1868.
Sulla sua formazione influiscono il pensiero di Bentham e Ricardo, i centri del radicalismo filosofico e della cultura utilitaristica, l’utopismo di Owen e Saint-Simon, il socialismo ricardiano di Thompson, il romanticismo di Carlyle e il femminismo delle suffragette, onde l’impegno a promuovere l’estensione del suffragio elettorale alle donne.
Mill dà una sistemazione organica alla tradizione empirista inglese. Rileva che l’intera conoscenza è d’origine empirica e fondata sull’induzione. Anche le verità logiche e matematiche non sono che generalizzazioni basate sulla nostra esperienza dello spazio e delle relazioni tra oggetti. Il suo è un positivismo influenzato da Comte (la scienza dei fenomeni umani è modellata sulla fisica).
La sociologia si configura come una teoria empirica del progresso. È ostile a ogni forma di socialismo, che comporti limitazioni alla libertà individuale. Sostiene una politica di riforme istituzionali e distributive che favorisca il massimo benessere per il maggior numero di individui: nel benessere di ciascuno è incluso quello che deriva dalla felicità di ogni altro. Accentuato è in lui il sentimento dell’unità e solidarietà del genere umano.
Motivi centrali del suo pensiero economico sono la reinterpretazione del concetto classico di legge economica e la giustificazione dello stato stazionario. La prima costituisce la base metodologica dei Principi di economia politica (prima edizione nel 1848, le successive dal 1849 al 1871). Mentre le leggi che governano la produzione risultano immutabili, determinate, necessarie, come quelle che regolano il mondo fisico, invece le leggi che presiedono alla distribuzione del prodotto fra le varie classi sociali sono determinate da fattori di carattere socio-istituzionale e soggette al controllo dell’uomo.
Il sistema esistente deve essere modificato; Mill giustifica le più ampie misure di intervento statale in campo distributivo (mentre l’analisi della produzione è condotta in termini classici). Di qui le proposte di limitazione delle successioni ereditarie, di una tassazione fortemente progressiva; va sviluppata la cooperazione, incoraggiata l’istruzione di base e professionale, tutelato il lavoro minorile e infantile (siamo in prospettiva sulla linea dei socialisti fabiani prima, dei laburisti poi). La politica fiscale va orientata a favore delle classi più povere.
Per quanto concerne i problemi dello sviluppo e dello stato stazionario Mill rifiuta la teoria malthusiana del sottoconsumo. L’offerta crea sempre la sua domanda, ma non la crea immediatamente; nei periodi di sfiducia commerciale i compratori possono posticipare gli acquisti e i capitalisti tardare a investire. Si produce un ingorgo generale, anche se temporaneo (qualcuno trattiene la moneta inutilizzata).
La posizione di Mill anticipa la teoria keynesiana della domanda di moneta e della possibilità di divario fra risparmi e investimenti. Non si può verificare un processo di crescita illimitata. Tre sono i fattori di sviluppo: aumento di popolazione, accumulazione, progresso tecnico. Se operano simultaneamente, come di fatto avviene e con intensità variabile, il processo non è binario, obbligato, bensì aperto a diverse vie alternative.
Gli effetti positivi del progresso tecnico sono ancora troppo deboli per allontanare definitivamente lo stato stazionario. Questo, la crescita zero, non sono una triste condizione, si delinea anzi una società ideale. “Condizione migliore per la natura umana è quella per cui, mentre nessuno è povero, nessuno desidera di diventare più ricco”. Oltre tutto l’aumento continuo e indiscriminato ella produzione deteriora l’ambiente naturale, fino a renderlo inumano, con timori di disastro ecologico. C’è il pericolo di una razionalizzazione del processo economico guidata a scapito della qualità della vita.
Mill è contrario all’esaltazione smithiana dell’egoismo benefico. Siamo in una fase di transizione e di compromesso fra liberismo e riconoscimento delle esigenze di giustizia sociale, caratterizzata da pragmatismo ed eclettismo.
Altre opere da ricordare: Sistema di logica deduttiva e induttiva (1849); Sulla libertà (1859); Utilitarismo (1863); Sulla servitù delle donne (1869); Tre saggi sulla religione (1874, postumo).
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