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Cultura

GIOIA VIVENTE

LUISA NEGRI - 05/12/2019

indiaUna raffinatissima mostra è proposta dal Museo di Arte Moderna di Mendrisio diretto da Simone Soldini.

Protagonista la più antica scultura indiana, nelle sue svariate proposte ed espressioni esempio di una cultura densa di intrecci etnici, di contenuti letterari e artistici, architettonici, storici e soprattutto religiosi, come buddismo, induismo e giaidismo.

Di questo patrimonio ricco è stata preservata nel tempo una parte minore, composta da materiali durevoli. Ed è proprio questa a raccontarci in mostra il rapporto degli uomini con le forze che ne governano le sorti e con l’universo in generale.

È tradizione del museo di Mendrisio proporre, accanto all’arte occidentale, moderna e contemporanea, anche quella antica, già espressa in rassegne dedicate in passato all’arte classica greca e romana, ma anche giapponese e africana.

La mostra “India antica”, visitabile fino al 26 gennaio 2020, espone 77 capolavori -tratti dal collezionismo svizzero- di sculture provenienti da diverse regioni dell’India, Pakistan e Afghanistan, che coprono un arco temporale di quattordici secoli, dal II secolo a.C. al XII secolo d.C. E si avvale della curatela di Christian Luczanits, tra i massimi esperti europei di arte indiana e tibetana.

Nato nel 1964 a Hinterstoder, in Austria, ha compiuto studi universitari di tibetologia e buddismo a Vienna, dove è stato ricercatore prima di insegnare presso le università di Berkeley, Stanford e Berlino.

Curatore al Rubin Museum of Art di New York, ha sovrinteso nel 2008- 2010 con Michael Jansen a una grande mostra sull’ arte Gandhara, che ha toccato i musei di Bonn, Berlino e Zurigo.

Attualmente insegna alla London School of Oriental and African Studies e si occupa di sostenere, per conto dei musei buddisti, indiani e nepalesi, la gestione ed esposizione delle loro collezioni d’arte.

Nella rassegna di Mendrisio si è cercato di individuare le più interessanti tematiche dell’ arte indiana viste nell’ottica occidentale, soprattutto riferite a temi buddisti e pacifici. La scelta delle opere risponde poi, oltre che a motivi di qualità, di disponibilità.

Il racconto non è però solo coltissima e artisticamente raffinata rappresentazione di scultura e architettura ma diventa anche percorso di riflessione sul significato che tanta storia e bellezza comprendono in sé: riflessione, meditazione, tradizione di contenuti che a distanza di secoli restituiscono il sapore dell’ eterno. Si vedano le ineguagliabili teste di Buddha, l’ espressione viva di serenità che l’ animo raffinato degli artisti ha saputo consegnare a chi osserva, in un messaggio che sa di universalità. Come non pensare, davanti al dolcissimo viso della mirabile testa del Buddha in stucco (Gandhara, IV – V secolo d.C.) al viaggio di Siddharta raccontato da Hermann Hesse?

La varietà delle rappresentazioni si raggruppa in nove capitoli o sezioni: Metafore poetiche, Animali leggendari, Tradizioni a confronto, Storie edificanti, Poteri femminili, Diramazioni esoteriche, Miracoli, Coppia divina, Divinità cosmica.

Non sarà difficile sentire la necessità di avvicinarsi a ciascuna opera del pur ricco percorso: per osservare, accanto alla raffinatezza tecnica dell’esecuzione, soprattutto la capacità di rappresentazione dei diversi sentimenti espressi, dove grazia e sensualità, intensità e serenità dei visi, si alternano.

Caratteristiche soprattutto rilevabili nelle opere particolarmente segnalate in mostra come capolavori da non perdere.

Da osservarsi, per esempio, anche nella prima grande sala espositiva, il pilastro di balaustra in arenaria rossa, (Matura, I secolo d.C.) con figura femminile e rami fruttiferi simbolo della fertilità della natura, che rivela immensa felicità descrittiva: nell’ armonia dei visi, nell’ eleganza della postura, come nella ricchezza dei particolari dei preziosi gioielli. Si tratta di una vera e propria rarità, come il secondo pilastro esposto nella medesima sala, che era parte di una recinzione di uno stupa, edificio del l secolo d.C. costruito intorno alle reliquie del Buddha.

Ancora a proposito di stupa: architravi di ricchi portali e e frammenti di pilastri di balustre recano figure di fiori di loto, o mostri marini (makara), di animali e creature mitiche alate con torso umano e corpo leonino.

Culmine dell’arte indiana dell’ XI secolo d.C. il bronzo di Parvati -elegante figura seduta, caratterizzata per grande sensibilità di postura e gesti- che, in gruppo con Siva e Skanda, montato su di un palanchino durante le feste dei templi, attraversava la città.

Ma non meno raffinati sono il Buddha incoronato con intarsi su occhi e bocca di argento e rame (XI secolo d.C.) a significare l’ espressione trascendentale del viso, e la Dea della compassione, Tara Verde”, Detta anche Tara grande felicità. Datata al secolo successivo, è scultura tipica dell’arte tardo buddista dell’India nord orientale.

Altra imperdibile perla è la Dea Vagisvari, la divinità del discorso, (Uttar Pradesh fine IV secolo d.C.), invocata contro il nemico. Opera in terracotta, mostra la stessa elegantemente in posa, bocca aperta e denti ben in mostra a convincere l’ interlocutore. È tra le opere migliori del periodo Gupta.

Infine, per noi -ma non per i visitatori che avranno ben altro da ammirare- ecco lo straordinario rilievo proveniente da Amaravati, considerato il più importante degli stupa fondati durante l’impero Satavahana. Al centro della rappresentazione il principe Mandhata mentre gode della vita celeste. Per il curatore rappresenta uno degli apici dell’arte di Amaravati (sec II d. C.)

In questa mostra il poeta indiano Tagore, cantore della bellezza, avrebbe sicuramente trovato come è capitato a noi, quella che lui definirebbe -tra i ricordi fragranti dei fiori svaniti- “la gioia vivente cantata da un poeta in un mattino di primavera”. E non di centinaia, ma di migliaia di anni fa. Buona visita ai nostri lettori.

Chi sei tu lettore che leggi
le mie parole tra un centinaio d’ anni?
Non posso inviarti un solo fiore
della ricchezza di questa primavera,
una sola striatura d’ oro
delle nubi lontane.
Apri le porte e guardati intorno.
Dal tuo giardino in fiore cogli
ricordi fragranti dei fiori svaniti
un centinaio d’anni fa.
Nella gioia del tuo cuore possa tu
sentire
la gioia vivente che cantò
In un mattino di primavera
mandando la sua voce lieta
attraverso un centinaio d’anni.

 

India Antica- Capolavori del Collezionismo svizzero
Fino al 26 gennaio 2020
 
Museo d’ arte di Mendrisio, Piazzetta dei Serviti, 1, CH6850 Mendrisio
Ma- Ve: 10.00- 12.00, 14.00-17.00
Sa- Do e festivi: 10.00- 18.00
www.mendrisio.ch/museo 
T +41 58 688 33 50
 
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