In un mio recente articolo, pubblicato il 4 di ottobre, ho descritto alcuni giochi che noi, ragazzini di allora, praticavano prevalentemente nel cortile di casa oppure in piazza Cairoli di Azzate. Tra i più vissuti primeggiavano i noti: “bandiera” e “campana”, da qui il titolo dell’articolo che suggerisco di rileggere.
La storia continua. Divenuti più grandicelli, nel primo pomeriggio ci ritrovavamo all’oratorio, il luogo di aggregazione per eccellenza. Il prete responsabile, don Alberto, era abbastanza accomodante ma tutti noi dovevamo sottostare alle rigidissime volontà di sua madre che lo accompagnava nella missione e mal gradiva l’irruenza di quei ragazzi.
Nel rispetto degli orari, alle 15 ci presentavamo alla porta dell’appartamento loro dedicato per richiedere gli “strumenti del gioco”. Questi erano: il pallone da calcio, quello per la pallacanestro, le racchette e pallina del ping pong. Aggiungo che l’oratorio di Azzate ha sempre disposto di una sala cinematografica e del calciobalilla.
Naturalmente su tutto dominava il calcio. Immancabili le sfide quotidiane tra due squadre che si componevano di volta in volta e duravano sino a tarda ora, quando si doveva restituire il pallone perché si avvicinava il rincasare per la cena.
Le operazioni per la composizione delle squadre avvenivano in questo modo: i due più bravi in quella disciplina sceglievano i propri compagni, sempre secondo la bravura, per cercare di raggiungere il miglior equilibrio possibile tra le due squadre contendenti.
Si giocava, su un campo piccolo, almeno in 11 contro 11 e spesso anche di più, fino a 15 contro 15. Punteggi a doppia cifra e senza bisogno dell’arbitro. Questo è un primo aspetto da rimarcare: la correttezza e il rispetto degli altri costituivano per tutti noi due elementi fondamentali dell’educazione.
Qualcuno giocava a pallacanestro ma l’aspetto del campo era disastroso, un fazzoletto in terra battuta con legni e cerchi verso cui indirizzare il pallone. In quel periodo la contesa elettorale per le Amministrative era cruenta; tutti si mobilitavano per mantenere o cambiare il governo del paese. Anche questo aspetto diede lo spunto al prevosto, don Angelo Cremona, di lanciare una gloriosa iniziativa per fornire un nuovo impulso ai “moderati” di allora. Lanciò il progetto del Nuovo centro sportivo, da sviluppare sul terreno della Curia che divideva la parrocchia dall’oratorio. Un centro che avrebbe arricchito tutto il paese di un nuovo campo di calcio, regolamentare e con manto erboso, una piscina lunga 25 metri e un campo di pallacanestro.
L’idea coraggiosa e innovativa aveva creato molte difficoltà agli avversari politici, inoltre risultava grandiosa agli azzatesi perché aggiungeva strutture importanti a quanto esistente, a noi oratoriani offriva l’opportunità di praticare nuovi sport e poter partecipare a qualche competizione ufficiale di pallacanestro.
Solo un piccolo ostacolo aveva preso corpo: la mancanza di soldi. Ecco però la genialità del Prevosto. Si inventò una raccolta di fondi dedicata esclusivamente a quel progetto e gestita secondo criteri poco banali. I ragazzi del paese avrebbero girato, di casa in casa, per consegnare le buste che sarebbero tornati a ritirare la domenica successiva e consegnate al prevosto per alimentare il fondo speciale, per parecchie settimane.
I giovani, tutti volontari con gli oratoriani in testa, percorsero il territorio comunale di domenica in domenica sino al raggiungimento del totale della spesa prevista. Ci furono, fortunatamente, anche delle donazioni ma l’idea del progetto e la sua programmazione rimangono esemplari.
I lavori furono abbastanza lunghi ma alla fine, entrando nell’oratorio si potevano ammirare in tutto il loro splendore: il nuovo campo da calcio, con un manto erboso degno della serie A; a lato la nuova piscina, era d’aprile e ricordo il tuffo inaugurale avvenuto a velocità supersonica a causa dell’acqua gelida; sulla destra, ma con qualche mese di ritardo, uno stupendo campo di pallacanestro la cui pavimentazione in granulato di marmo lo rendeva simile ad una grande piastrella di ceramica, con i canestri regolamentari e i cerchi completati dalle relative retine.
Lascio all’immaginazione dei lettori i festeggiamenti per l’inaugurazione. Per noi, invece, mancava un tassello importante: la costituzione di una squadra di pallacanestro che potesse giocare ufficialmente il suo primo campionato Csi. Riuscimmo a raccogliere qualche altro quattrino, indispensabile per: l’iscrizione al campionato, l’acquisto di magliette, calzoncini e calzettoni, le tute. Alle scarpe avrebbero provveduto i singoli.
Con l’aiuto di un appassionato varesino che ci aiutò come allenatore e giocatore la squadra iniziò il suo primo campionato e con discreti risultati. Il sottoscritto, poco atletico, venne incaricato di seguire la squadra, in tutti gli altri aspetti.
Non elenco i nomi della foto perché rischierei di non ricordarli tutti e mancherebbero quelli non inclusi nell’istantanea. Doverosamente aggiungo che tutti sono riusciti nella realizzazione dei loro progetti professionali e di vita. Forse perché abbiamo saputo imparare presto i nostri doveri, come saper convivere con tutti, anche con coloro che giocavano meno bene di te al calcio, come saper aderire con passione ai progetti collettivi e coinvolgenti. Solo successivamente abbiamo dedicato le nostre attenzioni anche all’apprendimento dei diritti.
You must be logged in to post a comment Login