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Cultura

EMOZIONANTE MONTANARI

ROSALBA FERRERO - 29/11/2019

 

‘Sono per costituzione eminentemente emotivo; l’emozione che mi spinge a creare, riscoperta filtrata dalla mia sensibilità, io la realizzo col segno e col colore, armonizzando forma e contenuto: è un’orchestrazione della mia vita interiore col mondo esterno.’

E le emozioni che Giuseppe Montanari ha fissato su tela, si trasferiscono al visitatore della mostra ospitata nello ‘Studio Arteidea’, una raffinata galleria nel centro di Varese.

Sono oli, acquerelli, carboncini, sculture realizzati in un arco di tempo che va dagli anni venti sino agli anni settanta, indicativi del percorso artistico e umano del pittore che si cimenta in soggetti sportivi, ritratti di famiglia, – la moglie, gli amatissimi figli, la nipote Daniela- paesaggi e nature morte per raccontare affetti ed eventi gioiosi e tragici che hanno segnato la sua esistenza e inciso profondamente l’animo del pittore.

Ancor più emozionante la mostra se ad illustrare le opere esposte è il figlio ultimogenito, ultranovantenne, che ne conosce ogni dettaglio, ogni minimo particolare.

Con orgoglio il dottor Giancarlo Montanari sciorina riconoscimenti e benemerenze ricevute dal padre: la Medaglia d’oro del Ministero della Pubblica Istruzione nel 1925 per i lavori esposti alla Biennale di Brera, (di cui era divenuto Socio Onorario già da tre anni); il Premio del Carnegie Institute di Pittsburgh, candidatura caldamente sostenuta da Matisse, il Diploma d’onore alla Mostra Internazionale di Budapest, la medaglia d’oro alla Mostra Internazionale di Parigi nel 1937. “Era premiato e stimato più che in Italia all’estero, in particolare negli USA e in SudAmerica e i suoi lavori sono esposti a Ottawa e Londra. Però a Roma nel 1932 vince il Premio ‘Principe Umberto’ e a Venezia, alla Biennale, ove aveva già esposto a partire dal 1923, gli viene riservata una sala personale per ben due volte!”.

A Brera Montanari era di casa. Per seguire i corsi di scultura del Butti aveva lasciato la nativa Osimo nel 1907; giunto a Milano, ebbe modo di accostare lo scultore, sul quale però formulò un giudizio tanto negativo che decise di studiare pittura sotto la guida di Tallone e si trasformò in un ‘pittore con l’anima dello scultore’ che ‘plasma scolpisce la materia sulla tela’ e conferendo plasticità e volume alle figure.

I primi lavori realizzati negli anni che precedono la Grande Guerra, risentono dell’influenza della scuola di Tallone, lontano dalle novità futuriste e avanguardiste; la frequentazione di Boccioni e Sant’Elia e più lo studio del Rinascimento italiano, in particolare di Raffaello, la vicinanza al movimento ‘Novecento italiano ’ sono alla base della creazione di un linguaggio personalissimo, assolutamente inedito nel panorama italiano di inizio secolo come dimostra una delle prime opere, è datata del 1919, ‘Il concerto in periferia’. Collocato in un territorio spaziale ed evocativo marchigiano, ‘La benedizione del mare ’ del 1926, ha impianto figurativo monumentale, che sottolinea la sacralità del rito.

Montanari scrive le sue ‘… intenzioni programmatiche per costruire il quadro …come composizione plastica, definita nel ritmo architettonico e sintetizzata nel colore’. Volumi semplificati, nessuna sbavatura nei colori sobri, stesi con pennellate che rendono le figure plastiche e composte, incisive come la bimba de ‘La Colazione’, del 1924, o come la famigliola stretta intorno alla figura di donna in dolce attesa ne ‘La Buona Ventura’, del 1925: l’impianto è triangolare, con un accenno in primissimo piano alle nature morte di Cézanne, uova, mela, limone, la povera ma ricca mensa della famiglia, un vero squarcio sul vissuto quotidiano.

Celeberrime le ‘figure’ di atleti: ciclisti, calciatori, pugili dai muscoli possenti carichi di tensione, resi con una fisicità solida tanto da apparire bassorilievi più che tele bidimensionali. La procedura di realizzazione di un’opera segue tappe precise: il disegno, il carboncino, sono la fase preparatoria dell’opera finale ad olio. Una sala della Galleria propone alcune opere che illustrano le fasi del lavoro preparatorio eseguito per realizzare ‘I pugili’: due carboncini propongono ciascun pugile studiato nella posizione finale, poi vari disegni assemblatori e infine il quadro ad olio, che dialoga con un altro olio importante, ‘I calciatori’ del 1930, la versione del quale è esposta alla Galleria d’Arte Moderna di Roma. E sono in esposizione molti altri disegni e bozzetti dedicati agli atleti, come ‘Il pugile nell’angolo del ring’.

Il cursus pittorico del Maestro corre parallelo al dipanarsi della sua esistenza con gli affetti, con gli eventi che Montanari ha fissato come fossero pensieri ed emozioni, situazioni e sentimenti sulla tela, fedele a una cifra pittorica che privilegia lo studio della posizione delle figure nello spazio mentre trascura le voci a lui contemporanee del futurismo e delle avanguardie.

La collocazione talora fissa, ieratica dei personaggi echeggia Piero Della Francesca come nel gruppo intenso e drammatico del ‘Ritorno del figliol prodigo ’ opera del 1939, che è frutto di riflessione e vita personale del Pittore: il padre, morto nel 1918, accoglie a braccia tese il figlio che si sente colpevole di averlo abbandonato prima per studiare a Milano poi perché chiamato alle armi, la madre è discosta e osserva in silenzio.

Una parola merita il bozzetto ‘La famiglia del contadino’, realizzato per un grande affresco destinato a decorare gli uffici della ditta Oppliger; quando la proprietà decise la demolizione dell’edificio, l’affresco fu ‘strappato’ in extremis: ‘Mi è costato molto denaro farlo strappare,- dice il dr. Giancarlo- ma non potevo permettere che si sgretolasse col muro: ci sono tre ragazzini- e siamo noi tre figli- , il nostro cagnolino e una contadina nella campagna di Osimo, a sottolineare quanto fosse forte il legame di mio padre con la terra marchigiana … e sullo sfondo, poi, c’è il ponte della Nord di Malnate!’ L’impianto dell’opera è descrittivo, il disegno ha il tratto elegante, i colori tenui, raffinati.

Lo scoppio della Prima Guerra Mondiale non frena l’attività del pittore: il ‘sergente Montanari’ in forza al 3° Artiglieria da Montagna, matura un forte senso del valore della vita, della solidarietà umana, del rispetto per ogni creatura, che ‘insegnerà a noi figli’ e smorza l’orrore quotidiano dipingendo acquerelli e cartoline oggi ‘tutte in mano ad un collezionista privato’. Al termine del conflitto viene a Varese a trovare un commilitone, un tal Ghiringhelli: ne sposerà la sorella, Nina, la futura impareggiabile moglie; Luigi, Gian Carlo e Marisa, i tre figli. Molti i ritratti loro dedicati: c’è tutta la tenerezza del padre amoroso nei carboncini negli oli dedicati a ‘Ciccio’ ritratto a 4 anni nel 1925, a ‘Cini’, a Marisa, la piccolina con le treccine, c’è l’amore del padre che vuole fissare per sempre l’attimo fuggente della loro infanzia, -quasi un presagio- per averli sempre con sé.

Eravamo molto felici, noi Montanari, dice il figlio Giancarlo, ‘Un forte legame ci ha sempre unito: nei quadri di mio padre ci siamo sempre noi tre figli, c’è l’immancabile cagnolino e la campagna di Osimo, la terra cui era legato profondamente’.

La Seconda guerra mondiale sconvolgerà drammaticamente tutto: nel 1943 il primogenito Luigi, ‘Ciccio’ muore in combattimento.

La tragedia ha inaridito la vena pittorica di ‘mio padre, -per lui- finisce tutto: il dramma gli impedisce di comunicare, di esprimere il dolore’: cade in un taedium vitae, si aggiungono difficoltà economiche, il trasferimento a Milano, l’ostracismo del dopoguerra.

Sarà proprio il figlio Giancarlo a riportarlo alla vita, alla pittura: è appena laureato e con i primi stipendi di medico trascina in viaggi’ di rinascita’ l’amato padre.

Ed ecco la pittura di paesaggio: i luoghi dell’infanzia, gli scorci del varesotto, le marine spagnole e bretoni dei viaggi fatti col figlio, che segnano il ritorno a vivere, l’uscita dal buio esistenziale, il ritorno al colore nelle tonalità più tenui e soffuse. Sono le opere degli anni sessanta: i paesaggi, i fiori e ancora i ritratti di Marisa… sono passati gli anni e la bimba con le treccine è una fanciulla dalla figura morbida, che gioca con la collana di lapislazzuli, che lavora a maglia; e c’è Daniela la nipotina. Dopo anni di sofferto esilio milanese, il pittore è di nuovo a casa, di nuovo alla Prima Cappella, a Varese la città che, dopo Osimo, ha avuto tanto spazio nel suo cuore. Tanto amore non è altrettanto corrisposto perché Montanari è più apprezzato all’estero, in paesi estranei a un certo provincialismo miope.

Accompagna la mostra un corposo catalogo a colori, che propone oltre un centinaio di opere, tra cui lo splendido autoritratto del 1921, divise in quattro sezioni ‘Figure’, ‘Sport’ ‘Paesaggi’ ‘Nature silenti’, e lo completano i saggi di Chiara Gatti e di Mario Chiodetti e alcuni brani scritti dal pittore.

Giuseppe Montanari, La forza del segno e del colore
Studio Arteidea Galleria d’Arte, Via Veratti 28 Varese
Fino al 21 dicembre 2019
Aperto giovedì venerdì sabato 10-13 e 15-19
 
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