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Lettera da Roma

IL PAPA IN MESSICO E A CUBA

PAOLO CREMONESI - 31/03/2012

Il successo della visita di Benedetto XVI in Messico e a Cuba costituisce anche una nuova vittoria della diplomazia vaticana. Pochi sanno infatti che dietro a ogni missione del Pontefice all’estero si muove una complessa macchina organizzativa che vede nei nunzi apostolici e nella Segreteria per i rapporti con gli Stati i suoi punti di forza.

La preparazione di un viaggio s’inizia mesi prima: una o più delegazioni percorrono in anticipo le tappe, fanno il punto con le autorità locali, affrontano i problemi di protocollo e di ordine pubblico, conciliano i desideri apostolici del Papa con quelli del Paese. Si tratta di personale diplomatico della Santa Sede di grande esperienza “rodato” da un pontefice, Giovanni Paolo II, che da solo ha fatto più viaggi all’estero (centoquattro) di tutti quelli precedenti messi insieme.

Nelle missioni che ho potuto seguire per il Giornaleradio in Siria, Slovenia, Lourdes, Gerusalemme, Brasile, Turchia, Australia, mi ha sempre colpito la perfetta sincronia dell’insieme. I giornalisti in genere viaggiano sullo stesso aereo su cui vola il Papa (per consuetudine l’andata è gestita da Alitalia, il ritorno dalla compagnia di bandiera del paese ospitante; i biglietti per la stampa non sono gratis ma si pagano). In questo modo i giornalisti partecipano tra l’altro alla conferenza stampa durante il volo, tradizione nata con Giovanni Paolo II. Ovviamente gli ammessi al volo papale (le domande sono sempre maggiori della disponibilità per cui in genere si privilegiano i nuovi o alla peggio si tira a sorte) sono per motivi di sicurezza i primi a salire sull’aereo e gli ultimi a scendere. Questo comporta lunghe ore di attesa a ogni tappa.

Anche l’albergo è scelto in genere dall’organizzazione vaticana. Al piano terra dello stesso viene allestita la sala stampa. I discorsi che saranno pronunciati dal Papa vengono distribuiti di giorno in giorno, a volte di ora in ora: te li trovi alla mattina davanti alla porta della tua stanza o nella “press room” durante la giornata. Sono distribuiti in cinque lingue e per quanto provi a farti amico il responsabile stampa non riesci mai ad averli con anticipo.

Gli spostamenti nei vari quartieri di una città sono garantiti da pullman di linea del paese ospitante. Anche qui per motivi di sicurezza non è consigliato ai giornalisti muoversi da soli: non avrebbero accesso alle aree destinate per la stampa in occasione delle celebrazioni liturgiche o dei momenti istituzionali.

Ma se per i giornalisti della carta stampata il lavoro tutto sommato si esaurisce qui (e con un buon computer portatile il pezzo arriva a destinazione), per chi lavora alla radio o in tv i problemi sono ancora più complicati. Una settimana prima del viaggio infatti sul posto sono già arrivati tecnici e “producer” per scegliere dove installare le cabine di montaggio, i punti di riversamento, i satelliti. Si cerca di solito di realizzarli nei pressi della sala stampa. Ma non è detto che ci si riesca: le capienze degli alberghi sono quelle che sono e le radio e tv del mondo tante.

Può accadere quindi che l’hotel dove dormi non sia quello della cabina di montaggio ed entrambi siano lontani sia tra di loro sia dai punti “caldi” della visita papale: il risultato è una frenetica corsa per la città con l’incubo di non fare a tempo a mandare in onda il pezzo.

Ad accompagnare il “circo” dei mass media c’è sempre oltre al responsabile della sala stampa anche un sacerdote: il suo compito è celebrare una messa alla mattina presto (di solito verso le sei) per i giornalisti che lo desiderano. Ci siamo così sempre trovati non più di una decina ma di tante nazionalità. Di quelle messe celebrate in piccole stanze di albergo ho un ricordo nitido: una esperienza di chiesa che dà forza per una giornata carica di stress.

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