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Libri

LE LETTERE CHE FORMANO IL MIO NOME

LINDA TERZIROLI - 31/03/2012

My forefathers gave me

My spirit’s shaken flame,

The shape of hands, the beat of heart,

The letters of my name.

 

Dai miei avi senz’altro ho ereditato

le mani snelle, il battito del cuore,

il dèmone d’un fuoco mai domato,

le lettere che formano il mio nome.

 

Ancora una voce femminile si irradia nel panorama della poesia americana di fine ottocento. È Sara Teasdale, poetessa nata in Missouri nel 1884 da una ricca e well educated famiglia battista, ultima e lieta avventura presentata dal traduttore poeta Silvio Raffo. La sua sensibilità verso la letteratura scritta da donne non deve passare inosservata, segno tangibile della volontà del poeta di dare spazio al gusto raffinato e seducente della poesia “femminile”, talvolta tradita e inascoltata da una componente misogina della critica, che corre in sottotraccia.

“Gli amorosi incanti” (Crocetti editore) sono un elegante florilegio di poesie curate e restituite in italiano dal traduttore di Emily Dickinson Silvio Raffo (con una preziosa nota biografica di Giovanni Calarco), che ci introducono nel mondo poetico e nella vita di Sara Teasdale, una poetessa semisconosciuta in Italia ma una delle “più apprezzate poetesse americane degli anni Venti”, nonché vincitrice del Premio Pulitzer nel 1918. Nel “segreto forziere” della poesia a cavallo tra due secoli la poetessa americana ha fatto scivolare una moneta preziosa, lo scettro regale della memoria finalmente rifulgente in italiano (“Into my heart’s tresury/I slipped a coin/that time cannot take/nor a thief purloin”).

Si tratta di inni alla bellezza, all’amore, di pioggia e di luce (e del suo mascheramento), che – come dice Raffo nella sua bella introduzione – sono “il corrispettivo poetico del suo atteggiamento nei confronti della vita”. Luce sembra dunque la parola chiave per comprendere appieno il senso di questa raccolta e per aprire le porte al significato celato dietro la parola poetica, prima che le considerazioni sulla volontaria morte della poetessa possano indurre in tentazioni critiche fuorvianti.

Lights

“Quando, tornati a casa, a chiuse porte

Ci protegge la stanza e il suo tepore,

il dolce lume, il nostro caro amore –

stesse mura, le sedie, la sorte –

 

non rimpiangiamo la città chiassosa;

guardando nelle strade brulicanti,

corrose da migliaia di passanti,

una pietà ci coglie silenziosa.

 

Di schiarire le tenebre han tentato

Gli uomini: brilla ogni finestra accesa,

piazze dorate ha la notte d’inverno;

ma acuto giunge a noi il dolore eterno:

ogni luce è una vita che si è arresa.

Nessuno è libero, felice, appagato.”

 

La poesia è, per la poetessa statunitense, un puro appello dell’anima e, seppure esistano a tratti “certe concessioni al languore e la prevedibilità di certi sviluppi” – e questo è il solo peccato veniale – emerge con nitore, delicatezza e forza l’amore per una vita autentica a cui si “deve ancora qualcosa” (“maledire un destino/Non avrebbe un perché:/sono io che devo qualcosa alla vita,/non certo lei a me.”). Il ventaglio di poesie “Gli amorosi incanti” presenta già nel titolo il segreto della bellezza dell’opera poiché non si tratta di schiette traduzioni dall’inglese all’italiano, bensì spesso di ri-creazioni poetiche ovvero traduzioni non infedeli ma letterarie, piccoli cammei in cui si sente la coscienza e la dimestichezza poetica del traduttore e si scopre, in più punti, l’impegno a restituire la bellezza dell’originale attraverso la ricerca di una pregnanza stilistica, attraverso eleganti endecasillabi che scavalcano l’ostacolo della rima leggiadra in inglese ma facile e brutta in italiano. Così il lettore più curioso e insaziabile troverà, in un solo volume, la virtù di due libri e di due artisti, mentre il nutrimento di poesia sarà triplice, perché spronato dal confronto fra due testi egli si troverà dentro alla casa degli specchi dove, smarrito, a fatica riconoscerà, nella rifrazione della luce poetica, il negativo dell’immagine, il volto che per primo si è specchiato. Così la traduzione non sarà tradimento ma atto amoroso compiuto nel rispetto della ispirazione poetica.

L’amore di Sara Teasdale per la terra italiana, in particolare per Capri, Ravello, Amalfi, e per le sue figlie, come Eleonora Duse a cui sono dedicate molte liriche, è finalmente celebrato con una traduzione in italiano che dà in questi modi nuova vita al verso, grazie a un uso sapiente della licenza poetica, attraverso una punteggiatura irriverente ma rivelatrice di nuove evocazioni che forse erano in nuce già nell’originale. Sboccia a nuova vita il blossom del verso come nel finale di Doubt dove Raffo elide il punto interrogativo finale, rendendo la litote di break faith con la parola tradirti nel gioco simmetrico di specchi dove il significato è reso quindi ancor più pregnante.

Oh, I am sure of my body’s faith,

But what if my soul broke faith with you?

 

Fedele è il corpo, lo potrei giurare:

L’anima di tradirti è più capace

La poesia della Teasdale “classica”, vittoriana, ma senza per questo essere polverosa e retorica, nella profonda comunicatività ha il segreto della sua fortuna, in un canto d’amore dove l’amore è slant of light che si conosce e di cui si riconosce la caducità, la fragilità, l’effimera forza, la spirit’s shaken flame.

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