Chiamiamolo cambiamento d’epoca come ripete papa Francesco, crollo delle evidenze per dirla con Benedetto XVI, nichilismo alla Houellebech o società liquida di Baumann. Resta il fatto che il vivere quotidiano di questa fine 2019 sembra circondato da un’aria soffocante e cupa, rancorosa e pessimista. A volte svegliarsi la mattina e scendere per la giornata è affidato solo all’ ottimismo della volontà. E quindi, sai già quanto dura…
Proprio perché la sfida è ardua, ricercare nella notte oscura quei punti di luce a cui guardare per ripartire, aiuta. Punti luminosi, quando le tenebre incombono. Accesi dove non avresti mai pensato di guardare.
Ne racconto due ‘visti’ in queste settimane.
Reincontro dopo una decina di anni una delle domestiche che si sono avvicendate a casa nostra. Cinque figli, marito che non c’era mai, per mia moglie Chiara è stata un aiuto prezioso.
Si chiama Vittoria. È peruviana. Arrivata negli anni Ottanta in Italia ha costruito la sua esistenza passo dopo passo a costo di grandi e quotidiani sacrifici: i figli, un marito che non c’è più, la casa di periferia in proprietà.
Quando le chiedo della famiglia, allarga lieta i grandi occhi scuri e racconta, tra le tante cose, anche questo rito domestico.
“Ogni ultima domenica del mese – dice – mangiamo tutti insieme. Con mogli e figli per chi è sposato. Io cucino per tutti ma ciascuno per partecipare deve portare 200 euro dello stipendio”.
“Come 200 euro?” domando stupito “non è un po’ caro?”
“Ma no – replica lei divertita – soldi servono per costruire una cassa comune cui a turno uno dei componenti attinge”. In pratica ciascuno dei figli sa che ogni sei mesi potrà contare su un ingresso fisso di 1200 euro. Li userà per una emergenza, una cura sanitaria, un elettrodomestico…
Una cassa rurale domestica creata da una extracomunitaria. Ci sono famiglie italiane che possono offrire lo stesso esempio di fratellanza?
In un grande ospedale nel centro di Roma si è installato di notte, come spesso accade in queste strutture, un barbone. Gli inservienti lo hanno soprannominato Igor.
Igor crea problemi: mangia, sporca, defeca dove gli capita. A volte insulta senza motivo. Molti tra medici e infermieri hanno cercato di cacciarlo fuori. Ma lui trova sempre il modo di rientrare attraverso una delle innumerevoli porte o finestre esterne. Qualcuno lo ha anche picchiato.
Alcune infermiere del turno di notte invece hanno un atteggiamento diverso. Lo lavano, se possono gli danno da mangiare. Gli cercando un angolo dove possa dormire senza dare fastidio. Sono amiche tra loro e non necessariamente cristiane praticanti.
Quando le incontro domando: “Perché lo fate?” Rispondono: “Perché amare fa stare bene. E noi vogliamo bene a quell’uomo così provato”.
Il cuore dell’uomo è fatto così. Non i soldi, non il cinismo, non la compulsione consumistica o sessuale sono in grado di colmarlo. Piccoli punti di luce invece ci illuminano e ci dicono che è dando che si riceve, consolando che si è consolati.
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