Un vecchio libro del 1996, praticamente introvabile, edito da Piemme, vuole mettere l’accento su un tema sempre di attualità: i luoghi comuni, gli errori, i pregiudizi che compaiono su giornali e televisioni spesso quando si parla di “cose di Chiesa”.
Il titolo è “Pillole anticoncettuali”, con sottotitolo “Rassegna satirica di dis-informazione religiosa”. Autore Gianni Gennari con prefazione di Vittorio Messori.
Gianni Gennari, oggi responsabile di una rubrica fissa su “Avvenire” intitolata”Lupus in pagina”, è figura nota, dalla storia interessante. Studioso di teologia, filosofia e lettere antiche a Roma, Parigi e Freiburg in Breisgau, è stato docente di teologia morale, filosofia della religione e storia della spiritualità nelle Università Pontificie. Sacerdote (poi sposato, ottenuta la dispensa), giornalista, dal 1998 al 2012 è stato vaticanista in Rai. Considerato tra i maggiori esperti di Santa Teresa, è autore di libri pubblicati da Ancora, Paoline, Queriniana, San Paolo e Piemme, è ben conosciuto per la sua forza polemica, soprattutto rivolta contro la disinformazione e i pregiudizi nei confronti della Chiesa.
E questo libro, ormai di oltre vent’anni fa, rappresenta il primo esempio di questo suo percorso. Gennari mette qui nero su bianco, con una documentazione quasi maniacale, gli errori e i pregiudizi. Scriveva Domenico Del Rio molti anni fa su “La Repubblica”: “L’ignoranza degli italiani in religione è spettacolare”. E precisava sul tema Igor Man su “La stampa”: “Quando a un giornalista tocca occuparsi di religione è d’obbligo una severa documentazione. Io che mi occupo spesso di Islam cerco di non dimenticare il versetto 66 della Sura III del Corano: Ecco, voi siete quelli cui piace disputare sulle cose che conoscete e allora io vi dico: perché insistete nel disputare anche sulle cose che non conoscete affatto?”.
Scrive Messori nella prefazione a questo libro: “Gennari aiuterà qualcuno in più a capire che razza di “dottori” siano tanti di quelli che fanno parte della “corporazione degli scribi”cui pure tutti e due, lui ed io, apparteniamo. E si vedrà soprattutto come proprio riguardo alle tematiche religiose l’incultura si accompagni spesso all’arroganza”.
Il libro di Gennari non affronta in questo testo temi teologici o biblici scovando errori o vera e propria ignoranza, come in altri suoi interventi. Qui prende in esame la comunicazione nel periodo 1991/1995. Una vita fa, si può dire. E alcune polemiche presentate nel libro possono apparire lontane e, ai più giovani o ai più distratti, perfino sconosciute. Ma il problema di fondo, cioè quello dell’”incultura riguardo a tematiche religiose” come scrive Messori, è sempre attuale.
Un esempio: nel 1993 il Papa si reca a Gerusalemme. “La stampa” titola “Scontro tra Vaticano ed Israele per il lago dove camminò Gesù”. Titolo falso, sottolinea Gennari, precisando che non esisteva affatto uno scontro. Ma non basta. Suo bersaglio è il livore che emerge dall’articolo di Fiamma Nirenstein, sulla stessa pagina, che scrive: “Esattamente a trenta anni di distanza dalla gita di Paolo VI che arrivò qui con seicento giornalisti al seguito…”. Precisa Gennari con puntiglio: “Una gita? Sono parole volute. Chi ricorda con un minimo di onestà quel viaggio di Paolo VI sui Luoghi Santi denso di dramma e di umanità sente il peso di questo insulto ipocrita. Poi che “una gita” sia seguita da così tanti giornalisti vuol dire solo due cose: o che i giornalisti colleghi della Nirenstein fossero tutti scemi o che quella, a parere di tutti, fuorché suo, non fosse una gita”.
Un altro esempio: riferendosi al programma televisivo “Babele” di Augias, Gennari scrive “Sembra, da come parla, che per Augias il credente sia una sottospecie umana, che tuttavia ha il diritto di esistere solo perché questa, grazie ai lumi del pensiero moderno, è una società democratica, ma per farsi ammettere al dialogo deve subire il sussiego dei padroni della cultura e del progresso che giustamente solo “laici” come lui”. E cita la trasmissione del 15 dicembre del 1992 nella quale conversando con il professor Veronesi afferma che i medici che fanno obiezione di coscienza nei confronti dell’aborto dovrebbero “semplicemente smettere di fare i medici”. Prosegue Gennari: “Poi, rivolgendosi a Veronesi, a bruciapelo Augias chiede: “Professore, lei si fiderebbe di un medico che crede nei miracoli?”. La risposta è “no”. E Augias mette il suo timbro culturale: “Neppure io”. Conclude allora Gennari: “Non solo gli obiettori di coscienza, ma anche tutti i medici credenti andrebbero messi fuori dall’Ordine dei medici. Augias al suo medico curante ha chiesto una professione di non fede?Una volta per tutte? O gliela chiede ogni volta? (…)”. Ma questo è solo un esempio.
Lo spunto che deriva da questo libro resta quindi, ancora una volta, quello del saper sottoporre ad un vaglio critico ogni informazione che ci viene proposta. Ed oggi, nel regno di internet, questa necessità diventa ancora più pressante, se vogliamo essere onesti e seri.
Difficile sintetizzare un libro come “Pillole anticoncettuali”. La raccolta di “pillole” è copiosa, presentata con la abituale caparbietà polemica di Gennari, senza risparmiare nessuna delle penne più famose dell’epoca, da quelle violentemente anticlericali a quelle più semplicemente disinformate, toccando pregiudizi, preconcetti e soprattutto tesi precostituite. Troviamo qui analizzati (e spesso messi alla berlina) brani di “grandi nomi” del giornalismo e della cultura. Troviamo (in abbondanza) Augias e poi Bocca, Placido, Flores d’Arcais, Eco, Vertone, Del Buono, Giordano Bruno Guerri, Scalfari e avanti altri. Senza risparmiare penne e giornali di area cattolica.
Un esempio del setaccio a cui Gennari passa le notizie è ad esempio come viene presentata su alcuni giornali la beatificazione di Escrivà de Balaguer, fondatore dell’Opus Dei. Nel maggio 1992 in piazza San Pietro a Roma erano in 200 mila. Nello stesso giorno a Milano si svolgeva l’adunata nazionale degli alpini, con 500 mila presenze. Gennari analizza titoli e sottotitoli, confrontando come vengono presentate le due manifestazioni accomunate solo da un dato preciso: la grande presenza di folla e l’impatto di questa folla sulla città. “La Repubblica” titola: “Gli alpini a Milano: viva la gente onesta”. “L’Unità” sottolinea: “Alpini ovunque: gli spacciatori spariscono. A Milano 500 mila penne nere”. Ma nei testi emerge la “distinzione”: i fedeli di Roma “invadono e paralizzano” mentre gli alpini di Milano “rallegrano e moralizzano”. Il tutto con la citazione del pezzo forte di Sergio Natuzzi che afferma letteralmente che“200 mila fanatici pellegrini hanno invaso Roma, paralizzando la città per colpa della beatificazione di un tale prete, Escrivà de Balanguer morto nel troppo vicino 1947”. E a parte i “fanatici pellegrini”, che si commenta da sé per il rigore giornalistico, Gennari non lascia passare neppure che non è “Balanguer” ma “Balaguer” senza enne e che la morte è del 1974 e non del 1947. Tanto per mettere i puntini sulle i.
Un libro vecchio, sicuramente, ma che rappresenta l’occasione per una breve riflessione. Che sia davvero ancora attuale?
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