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Società

GIOVANI VECCHI

GIOIA GENTILE - 15/11/2019

nonni“Ma ti pare che io sia così?” La mia amica Simona mi mostra un cartoncino. È un biglietto d’invito alla festa dei nonni di una scuola primaria. Vi è disegnata una coppia: lui pelato, due ciuffi bianchi ai lati delle orecchie e gli occhiali sul naso; lei con una crocchia bianca alla sommità del capo, grembiule e pantofole; tutti e due piccoli e leggermente sovrappeso.

La guardo, fingendo di valutarla, ma già so che Simona è tutta un’altra cosa: una corona di ricci biondi, snella, vivace, politicamente impegnata, sportiva. E tuttavia nonna. Mi metto a ridere. “Perché i nonni devono rappresentarli sempre così?” si chiede leggermente scocciata. Già, perché? Probabilmente perché gli stereotipi sono duri a morire.

Mi guardo attorno e vedo nonni completamente diversi: nonni-taxi, che vanno ad accompagnare e a prendere i nipotini a scuola, a lezione di danza, di pianoforte, di atletica…; nonni-babysitter; nonni-doposcuola; nonni-casa vacanze. Tutto tranne che due vecchietti imbambolati.

Ho pensato spesso che se non ci fossero i nonni il tasso di natalità in Italia, già molto basso, crollerebbe definitivamente. E non solo quello. Tutta l’economia ne risentirebbe. E non parlo solo dei nonni, ma degli anziani in genere. Sono gli ammortizzatori sociali più sicuri: contribuiscono all’acquisto della casa dei figli, li sostengono quando perdono il lavoro o quando si separano dai rispettivi coniugi e non riescono più a fare fronte alle spese di due famiglie.

Si dedicano al volontariato. Sono i migliori risparmiatori, ma anche la categoria che più di altre dà impulso al turismo (quando non hanno nipoti da curare): i viaggi organizzati, soprattutto nei periodi di bassa stagione, sono scelti quasi esclusivamente da persone anziane. Hanno capito che la pensione può essere un’opportunità fantastica per conoscere il mondo, per allargare i propri orizzonti. Sono i maggiori fruitori di turismo culturale, frequentatori di musei e mostre, appassionati di musica. Amano leggere libri e giornali. Fanno sport. Hanno voglia di vivere e di conoscere. Forse hanno qualche problema con pc e smartphone, ma alle amicizie virtuali preferiscono quelle reali, sanno ancora apprezzare una bella chiacchierata o una passeggiata nella natura con gli amici di sempre.

Se n’è accorta pure la Società italiana di geriatria e gerontologia, che già dall’anno scorso ha ufficialmente decretato che si diventa anziani a 75 anni. Ma anche questa notizia ha suscitato la mia ilarità: come si può generalizzare? Si può essere vecchi a vent’anni e giovani a novanta.

Sono giovani quelli che amano la vita attiva, che sono sempre curiosi e aperti alle novità, che sanno mettersi in discussione, che sono disposti a cambiare idea, che vogliono capire gli altri o comunque ascoltarli. E, a volte, le persone in là con gli anni lo sanno fare meglio, perché l’esperienza ha insegnato loro ad apprezzare le sfumature e a diffidare del bianco/nero.

Per tutti questi motivi, quando penso alla proposta di Beppe Grillo di escludere dal voto gli ultra- sessantacinquenni, riesco a vedervi un solo aspetto positivo: che lui non voterebbe più.

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