“Hai mai notato”, le disse guardandola, “come si accendono i colori dei fiori nel crepuscolo di un giorno sereno? I rossi, i viola, i rosa, gli screziati, tutti, tutti i colori sembrano trarre dalla fine della luce una nuova forza, come se liberi finalmente dalle offese del giorno, dalla prepotenza del sole, potessero esprimere tutta la propria bellezza.
Non vivrebbero senza luce e sole, ma in quel momento magico del passaggio dal giorno alla notte si sentono padroni, nel silenzio che investe la natura, di affermare una loro verità, cui di giorno non si fa caso”.
Si volse verso chi le stava accanto, sembrandole di aver parlato difficile. Non ci fu reazione. “Vedi”, continuò, ” nel cielo c’è una striscia sottile di nube, ancora leggermente dorata. Non ti sembra che così pudica intrecci un dialogo con i colori dei fiori?” Le parve di avere esagerato, guardò di nuovo chi le stava accanto: nessuna reazione. “Forse è così anche per gli uomini”, riprese. “Forse bisogna essere al declino per dare il meglio di sé, senza più condizionamenti, senza preoccupazione di mostrarsi in un modo o in un altro. Guarda quel fiore rosso: ha qualche petalo appassito, di giorno si noterebbe, ma ora si vede solo la pienezza della sua forma, il rigoglio compiuto della sua linfa”. Tornò a guardarla: il capo reclinato, la sua vecchiezza. Non seppe mai se l’aveva ascoltata, e capita.
***
“Non vieni a dormire?”.
“Non posso”.
“Perché?”.
“Perché devo guardare la luna”.
“Ancora? Non è cambiata sai, e neanche il cielo, neanche le stelle! Quante volte hai contemplato la luna in una notte quieta e senza nubi o vento?”.
“Innumerevoli”.
“E ancora hai bisogno di stare lì, alla finestra, come una statua? “.
“Sì”.
“Ma la luna è sempre la stessa, così il cielo, così le stelle. Niente è cambiato”.
“Non è vero”.
“ Ma come… Cosa, o chi, è cambiato?”.
“ IO!”.
“ ?”
“ Io non sono come un anno fa, due anni fa, tre anni fa…
I miei occhi sono diversi, vedono via via le stesse cose in modo diverso, diverso è il mio cuore. Perciò può darsi che stasera scopra nella luna qualcosa che un anno fa, due anni fa, tre anni fa non avevo visto…”
“ Mi sembra una sciocca stravaganza. Quanto a me…Buona notte!”.
***
Aveva aperto la finestra, alle undici, come era sua abitudine: amava l’aria fresca della sera, quando ancora non faceva freddo. Non c’era la luna, le sagome degli alberi si confondevano nel buio e pace e silenzio si intrecciavano dolcemente.
Stava per ritirarsi, quando si udirono due voci, sempre più vicine. Non si vedeva nessuno, ma si capiva che provenivano dalla curva della strada e si facevano via via più forti.
Pensò di ritirarsi, poi la curiosità prevalse. Si mise seminascosta alla finestra e attese.
Ecco allora comparire dalla curva due giovani, o tali sembravano: bianchi procedevano affiancati, in una sintonia assoluta di passo e di voce. Si percepiva allo sguardo soltanto il biancore, non il corpo o le membra.
Rimase perplessa: non era carnevale, né vi era in città alcuna festa che giustificasse un travestimento.
Mentre pensava questo, sempre più stupita, si rese conto che non di voci si trattava, ma di musica.
Due folli vestiti di bianco andavano in giro suonando? Ma non si vedevano strumenti, mentre avvertì in modo chiaro che alla musica si univano parole, indecifrabili parole.
E arrivarono sotto la sua finestra, e le parve che sostassero un poco: fu allora che un’onda di indicibile bellezza, mista di suoni e parole, la travolse. Accecata dalla luce che le due figure emanavano, si abbandonò a quella luce, a quei suoni, trasportata in una dimensione impossibile a descriversi.
Ma fu un attimo:di nuovo padrona di sé, volle chiedere ai due giovani chi fossero, perché si fossero così travestiti, da dove traessero quei suoni e quelle parole misteriose…Si sporse e guardò verso la direzione che percorrevano: la strada era deserta, nessuna presenza cui chiedere.
Solo alla fine, sforzando lo sguardo, si potevano percepire, tra brevi cespugli, due aloni di luce.
You must be logged in to post a comment Login