L’argomento del fine vita, che sollecita la nostra ragione e la nostra coscienza sulle cose ultime, deve necessariamente essere affrontato nella sua complessità, esaminandolo nei suoi aspetti fondamentali, che investono svariati campi, da quello storico a quello bioetico, da quello giuridico a quello culturale e religioso. Abbiamo tutti una grande responsabilità, perché l’Italia sarebbe soltanto il quarto Stato europeo su ventotto a introdurre una legge sull’eutanasia. La corte suprema degli Stati Uniti nel 1997 ha dichiarato che non esiste il diritto a morire, cancellando le leggi suicidarie di alcuni Stati; la Corte europea dei diritti dell’uomo nel 2002 ha detto che il diritto di morire per mano di terzi, non è coerente con la Convenzione europea dei diritti. Vogliamo introdurlo noi?
Per noi italiani i punti di partenza sono l’ordinanza 207del 2018 della Corte Costituzionale e la sentenza di assoluzione della stessa Corte del settembre 2019 dall’accusa di istigazione al suicidio. Nella prima la Corte sollecitava il Parlamento ad “ introdurre una disciplina delle condizioni di attuazione della decisione di taluni pazienti di liberarsi delle proprie sofferenze non solo attraverso una sedazione profonda continua e correlativo rifiuto dei trattamenti di sostegno vitale, ma anche attraverso la somministrazione di un farmaco atto a provocare rapidamente la morte”, il suicidio assistito.
Nella seconda la Corte non ha dichiarato illegittimo l’articolo 580 del Codice Penale, ma ha demandato al giudice del singolo caso se sussistono le condizioni di non punibilità.
L’articolo 580 del C.P recita: ”Chiunque determina altri al suicidio o rafforza l’altrui proposito di suicidio, ovvero ne agevola in qualsiasi modo l’esecuzione, è punito, se il suicidio avviene, con la reclusione da cinque a dodici anni”.
Questa è la cornice giuridica che il Parlamento dovrà riempire di contenuti, se ne avrà la voglia ed il tempo, ma la strada è tracciata ormai, quella del “suicidio medicalmente assistito “. Il Cardinale Bassetti, criticato aspramente da ambienti progressisti-radicali, ha affermato che la storia non inizia adesso, in quanto di questo tema si parla dalla fine del XIX secolo e l’inizio del XX, con l’affermarsi del darwinismo e dell’eugenetica imposta per legge in ambienti anglosassoni, ancor prima del nazismo. Per quanto ci riguarda la storia inizia con il caso di Eluana Englaro nel 2006 e con l’inserimento nel nostro ordinamento della legge sulle DAT nel 2017.
Sì, proprio la legge sulle DAT, basata artificialmente sull’autodeterminazione spinta all’estremo e sul consenso, che ha aperto la porta alla demolizione di un pilastro dell’ordinamento giuridico, il diritto alla vita. Quando si erode questo pilastro e si afferma con il suicidio assistito la rivendicazione alla morte come diritto, gli esiti negativi ed il punto di arrivo sono inimmaginabili, con il rischio possibile della costituzionalizzazione del suicidio assistito, che nessuna legge ordinaria potrà in seguito modificare.
Perché al contrario non trovare finalmente risorse per rendere fruibili e portare a pieno regime su tutto il territorio nazionale le cure palliative previste dalla Legge 38/2010 che sono state peraltro messe dalla suprema Corte come pregiudiziale a tutti i trattamenti di fine vita?
(continua)
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